La Federal Reserve vera banca centrale degli USA decide di non agire per contrastare il mercato in questo momento

La banca centrale degli Stati Uniti si è riunita e ha preso tre decisioni:

1) lasciare i tassi di interesse invariati per altri due anni;

2) vendere le scadenze brevi del debito pubblico per comprare quelle lunghe entro un anno;

3) comprare delle nuove obbligazioni con in pancia i mutui ipotecari, man mano che scadono quelle vecchie per sostenere il mercato immobiliare.

Ossia, il saldo netto degli acquisti di obbligazioni emesse dal Tesoro è invariato: sono comprate quelle lunghe con quelle corte (=operation twist).

Lo stesso vale per quelle private: sono comprate nuove obbligazioni con in pancia i mutui con il controvalore di quelle vecchie. Con il Quantitative Easing 1 del 2009 ci furono acquisti netti di obbligazioni con in pancia i mutui ipotecari, e con il Quantitative Easing 2 del 2010 ci furono acquisti netti di titoli di stato. L’annuncio di oggi mostra come questa volta sia diverso. Non si rientra dall’espansione monetaria del passato, infatti i titoli nel complesso non sono venduti, ma non si inietta nuova liquidità.

Si direbbe che la banca centrale statunitense, non avendo preso una decisione forte – espandere o contrarre la liquidità – abbia preso tempo. Non ha preso una decisione forte, mentre ha anche detto nel comunicato – l’affermazione suona banale per i comuni mortali, ma è molto esplicita se espressa da una banca centrale, la quale usa toni sempre molto sommessi – che ci sono dei rischi di forte rallentamento dell’economia, anche per le tensioni nei mercati finanziari.

Anche il Fondo Monetario ha dichiarato che potrebbe esserci un rallentamento dell’economia dovuto soprattutto all’impatto della crisi dei debiti pubblici dei paesi europei sulle banche europee.

Per le ragioni esposte ieri (1) la decisione di ricapitalizzare le banche è ora nelle mani delle autorità politiche e non dei privati. “The crisis – now in its fifth year – has moved into a new, more political phase” – concludono lapidariamente.

Insomma, i mercati non sono in grado da soli di cavarsi d’impaccio, e dunque la partita si gioca a livello politico.

Testo ripreso da linkiesta.it