La Germania Nazista diede vita al piu’ grande miracolo economico degli ultimi cento anni

Nei libri di economia si parla tanto del New Deal, però, ci si dimentica che il vero miracolo economico si verificò in Germania. Quando Hitler andò al potere nel 1933 oltre 6 milioni di persone (il 20 % della forza lavoro) erano disoccupate ed al limite della soglia della malnutrizione mentre la Germania era gravata da debiti esteri schiaccianti con delle riserve monetarie ridotte quasi a zero. Oggi i tedeschi hanno il terrore che l’eccesso di debito spinga la Banca Centrale Europea a stampare grandi quantità di moneta la quale farebbe scoppiare l’inflazione.

Per questo la Cancelliera Merkel, con la sua intransigenza sul risanamento dei bilanci dei paesi europei più in difficoltà e con la sua posizione contraria verso l’emissione degli Eurobond e verso gli acquisti di titoli del debito pubblico da parte della BCE, sta spingendo l’Europa in una pericolosa recessione e in una crisi di fiducia che potrebbero avere conseguenze devastanti.

Ma nel miracolo economico degli anni ’30 i nazionalsocialisti si erano creati una teoria monetaria che suonava pressappoco così: ”le banconote si possono moltiplicare e spendere a volontà, purché si mantengano costanti i prezzi. Il solo motore necessario per questo meccanismo è la fiducia. Basta creare e mantenere questa fiducia, sia con la suggestione sia con la forza o con entrambe”.

Sorprendentemente, l’artefice del miracolo economico della Germania nazista fu un uomo di origini ebraiche, Hjalmar Schacht, Ministro dell’Economia e Presidente della Banca Centrale del Reich.

Per il commercio estero, Schacht ideò un ingegnoso sistema per trasformare gli acquisti di materie prime da altri paesi in commesse per l’industria tedesca: i fornitori erano pagati in moneta che poteva essere spesa soltanto per comprare merci fatte in Germania. Il meccanismo, di stimolo al settore manifatturiero, funzionava come un baratto: le materie prime importate erano pagate con prodotti finiti dell’industria nazionale, evitando così il peso dell’intermediazione finanziaria e fuoriuscite di capitali.

Certamente, il protezionismo prima e l’autarchia in seguito crearono un mercato chiuso in cui tutta la realtà produttiva era indirizzata e finalizzata alla produzione di beni per lo stato e / o per il consumatore tedesco.

Il controllo nazista dei cambi e dei commerci esteri dà alla politica economica tedesca una nuova libertà. Anzitutto, perché il valore interno del marco (il suo potere d’acquisto per i lavoratori) viene svincolato dal suo prezzo esterno, quello sui mercati valutari anglo-americani.

Lo Stato tedesco può dunque creare la moneta di cui ha bisogno nel momento in cui manodopera e materie prime sono disponibili per sviluppare nuove attività economiche, anziché indebitarsi prendendo i soldi in prestito. E ciò senza essere immediatamente punito dai mercati mondiali dei cambi con una perdita del valore del marco rispetto al dollaro ed evitando che il pubblico tedesco fosse colpito da quel segnale di sfiducia mondiale consistente nella svalutazione della sua moneta nazionale.

In realtà, non venne praticata la stampa diretta di moneta, poiché il principale provvedimento di Schacht fu l’emissione dei MEFO, obbligazioni emesse sul mercato interno per finanziare lo sviluppo.

In questo sistema è direttamente la Banca Centrale di Stato (Reichsbank) a fornire agli industriali i capitali di cui hanno bisogno. Non lo fa aprendo a loro favore dei fidi; lo fa autorizzando gli imprenditori ad emettere delle cambiali garantite dallo Stato. E’ con queste promesse di pagamento che gli imprenditori pagano i fornitori.

In teoria, questi ultimi possono scontarle presso la Reichsbank ad ogni momento, e qui sta il rischio: se gli effetti MEFO venissero presentati all’ incasso massicciamente e rapidamente, l’effetto finale sarebbe di nuovo un aumento esplosivo del circolante e dunque dell’inflazione.

Di fatto, però questo non avviene nel Terzo Reich. Anzi: gli industriali tedeschi si servono degli effetti MEFO come mezzo di pagamento fra loro, senza mai portarli all’incasso; risparmiando così fra l’altro (non piccolo vantaggio) l’aggio dello sconto. Insomma, gli effetti MEFO diventano una vera moneta, esclusivamente per uso delle imprese, a circolazione fiduciaria.

Gli economisti si sono chiesti come questo miracolo sia potuto avvenire e alla fine la risposta è stata che il sistema funzionava grazie alla fiducia. L’immensa fiducia che il regime riscuoteva presso i suoi cittadini, e le sue classi dirigenti.

Hjalmar Schacht fu l’inventore del sistema rendendo invisibile l’inflazione: gli effetti MEFO erano un circolante parallelo che il grande pubblico non vedeva e di cui forse nemmeno aveva conoscenza, e dunque privo di effetti psicologici. In seguito Schacht (che fu processato a Norimberga e ritenuto non colpevole) spiegò d’aver pensato che, se la recessione manteneva inutilizzato lavoro, officine, materie prime, doveva esserci anche del capitale parimenti inutilizzato nelle casse delle imprese; i suoi effetti MEFO non avrebbero fatto che mobilitare quei fondi dormienti. In realtà erano proprio i fondi a mancare nelle casse, non l’energia, la voglia di lavorare, la capacità attiva del popolo.

Schacht conosceva bene la frode fondamentale su cui si basa il sistema del credito e i lucri che derivano dall’abuso della fiducia dei risparmiatori, che col loro lavoro riempiono di vero denaro i conti di denaro vuoto, contabile, che la banca crea ex-nihilo. E sapeva che la prosperità della finanza internazionale dipende dall’emissione di prestiti con elevato interesse a nazioni in difficoltà economica.

Un economista britannico, C.W. Guillebaud, ha espresso con altre parole lo stesso concetto: “nel Terzo Reich, all’ origine, gli ordinativi dello Stato forniscono la domanda di lavoro, nel momento in cui la domanda effettiva è quasi paralizzata e il risparmio è inesistente; la Reichsbank fornisce i fondi necessari agli investimenti [con gli effetti MEFO, che sono pseudo-capitale]; l’investimento rimette al lavoro i disoccupati; il lavoro crea dei redditi, e poi dei risparmi, grazie ai quali il debito a breve termine precedentemente creato può essere finanziato [ci si possono pagare gli interessi] e in qualche misura rimborsato”.

Così Hitler raggiunse il suo scopo primario: il riassorbimento della disoccupazione e la crescita dei salari del popolo tedesco senza alimentare l’inflazione. I risultati sono, dietro le fredde cifre, spettacolari per ampiezza e rapidità. Nel gennaio 1933, quando Hitler sale al potere, i disoccupati sono 6 milioni e passa. A gennaio 1934, sono calati a 3,7 milioni. A giugno, sono ormai 2,5 milioni. Nel 1936 calano ancora, a 1,6 milioni. Nel 1938 non sono più di 400 mila. E non sono le industrie d’armamento ad assorbire la manodopera. Fra il 1933 e il 1936, è l’edilizia grazie ai grandi progetti sui lavori pubblici, inclusa la costruzione della rete autostradale, ad impiegarne di più (più 209%), seguita dall’industria dell’automobile (+ 117%) e dalla metallurgia (+83%).

Articolo ripreso da www.stormfront.org

Nota di Stefano Sylos Labini, autore dell’articolov – Naturalmente non condivido l’ispirazione ideologica del sito Stormfront e ritengo il nazismo una ideologia criminale. L’intento del mio articolo è quello di mettere in evidenza la politica economica e monetaria seguita dalla Germania di Hitler per risollevare un Paese allo stremo. Una politica che, con i dovuti accorgimenti, potrebbe essere riproposta nell’Europa di oggi dove la disoccupazione ha raggiunto livelli inaccettabili.