Cari lettori, se un “giovane gestore finanziario” fa uscire una intervista del genere, non e’ certo un caso.
Significa che la Germania si sta rapidamente stancando di pagare per gli altri (anche perche’ politicamente la Merkel si e’ stancata di prendere mazzate e deve incominciare a fare un po’ la voce grossa) e quindi lancia velati messaggi. Mescolati ovviamente a suggerimenti politici, area che pero noi non commentiamo su questo sito, consci che la FED conta piu’ di tutti i nostri politici europei messi assieme quando si parla di economia.
Comunque, ecco di seguito l’intervista a cura di Gianni Piazzoli sull’Inkiesta.
Helmut Fischer è un giovane gestore finanziario tedesco con discreta padronanza dell’italiano. La sua conclusione: se non ragiona da sistema paese e abbassa i costi, anche con uno sforzo finanziario immane che al limite potrebbe sostenere da sola, l’Italia resterà al palo.
Pienamente immerso nella sua vita lavorativa in Germania, Helmut coglie con tempismo i messaggi che arrivano da Francoforte. A luglio, la Bundesbank nel suo bollettino mensile (da metà agosto anche in inglese sul sito) riportava una lunga analisi su come le esportazioni tedesche, assieme a quelle spagnole, avevano superato i livelli pre-crisi, la Francia era sotto del 3%, mentre per l’Italia il ritardo era del 12%, anche per mancanza di competitività sui prezzi.
La stampa italiana di agosto e settembre, riporta dalla prima alla quarta versione della manovra indicando nella Bce il grande manovratore dei saldi. Helmut, con grande stupore, si chiede perché l’ Italia sembri non capire da sola il rischio che sta correndo. Come in una famiglia restare senza lavoro, ma con il mutuo, sarebbe una tragedia, così per il paese. L’Italia è sul banco degli imputati, criticata per mancanza di serietà nell’attuazione della manovra anche dalla Spagna.
In realtà Helmut aveva già visto sul sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze Il Documento di Economia e Finanza-Def presentato da Tremonti-Berlusconi il 13 Aprile. Il Def già menzionava un deficit di 45 mld per il 2013 e un necessario analogo aggiustamento per arrivare al close-to-balance nel 2014. Da accorto gestore segue il dibattito sulla stampa tedesca e non si spiega perché la Germania si debba preoccupare di approntare un veicolo finanziario come il nuovo Efsf . Quest’ultimo con potenziali garanzie tedesche per oltre 200 miliardi di euro e definito come la risposta per salvare “anche” l’Italia, quando l’Italia potrebbe cavarsela da sola.
L’Italia che emerge dalla stampa, fino a pochi giorni fa, sembra non avere che il ricorso agli aiuti sovrannazionali come via d’uscita al proprio debito pari a 1.863 miliardi. Ma Helmut ricorda il recente studio di Banca d’Italia, da dicembre sul sito, che vede le famiglie italiane possedere 8.579 miliardi di asset a fine 2009.
Peccato non avere dati più recenti, ma a fine 2008 gli italiani si collocavano al vertice della graduatoria mondiale, assieme ai tedeschi, nel rapporto attività totali/reddito annuo. Forse anche per questa “garanzia” di basso indebitamento delle famiglie – “solo” 860 miliardi, di cui 349 miliardi di mutui – Helmut non si era mai meravigliato che il debito pubblico italiano fosse anche pesantemente in mano straniera.
A fine 2010, almeno per la componente titoli di stato, il 52% era detenuto da investitori esteri, il sito di Banca d’Italia ne riporta l’evoluzione con cadenza mensile. Helmut si chiede, continueranno ora a rinnovare la loro quota che scade sul totale di 318 miliardi da rimborsare dal 1° luglio 2011 al 30 giugno 2012? Beh, se si prospetta uno storico azzeramento del deficit (= close to balance) , perché no? Soprattutto se accompagnata da qualcosa di strutturale.
Per giungere al close to balance nel 2014 oltre all’aggiustamento di 45 miliardi, il Def di aprile riportava anche le ipotesi di crescita dell’economia. Un percorso dal +1.1% di crescita nel 2011 al +1.6% nel 2014. Helmut prova a ragionare su uno scenario più breve limitandosi al 2013, ormai siamo a anno inoltrato, ma il 2014 pare comunque molto lontano. Sui tassi d’interesse Tremonti nel Def era stato lungimirante, i tassi sul decennale italiano sarebbero passati dal 4% del 2010 al 5.7% nel 2013. La principale preoccupazione di Helmut è infatti sempre stata quella di capire la sopportabilità degli oneri finanziari per lo Stato. Intuisce che se in un anno scadono mediamente 300 miliardi di titoli, il maggior costo di 1% comporta 3 miliardi di maggiori oneri per lo stato al primo anno, ca 6 miliardi il secondo e così via se i tassi non aumentano ulteriormente. No, non saranno probabilmente i tassi a metter in ginocchio l’Italia ragiona Helmut, ma più verosimilmente i rischi di minori entrate fiscali.
Le entrate fiscali indicate a 442 miliardi nel 2010, secondo Tremonti, salirebbero a 491,4 miliardi nel 2013 con quasi 50 miliardi di miglioramento equamente distribuito tra imposte dirette e indirette. Sarà verosimile? Nel 2010 le persone fisiche italiane hanno pagato 167 miliardi di imposte. Helmut, abile utente internet, sa che il ministero delle Finanze dettaglia mensilmente i dati sul proprio sito. Il dato dei primi 6 mesi è di 183,2 miliardi +1% grazie ad un aumento di 1,9 miliardi dove il maggior contributo deriva essenzialmente da 1,3 miliardi dei dipendenti pubblici e 1,6 miliardi di maggiore Iva sulle importazioni. Helmut guarda l’Iva sui consumi domestici pari a 42,5 miliardi con crescita zero anno su anno e dice, nel suo animo tedesco, per fortuna! Gli italiani non aumentano i consumi dei loro beni ma quelli dei beni importati sì.
Nel cercare di capire come si evolverà il deficit se cambiassero le ipotesi di base, Helmut scopre pagina 40 del Def di aprile con una tabellina di “sensitivity” fatta dallo stesso Tremonti. Se il Pil del periodo 2011-2013 dovesse avere un crescita dello 0.5% inferiore alle attese (cioè una crescita reale di 0,6%, 0,8% e 1% rispettivamente) allora ogni anno il deficit sarebbe in media 0,6% sopra le attese cioè circa 9 miliardi di euro. A questo punto Helmut prova a verificare come la pensava Tremonti dal lato della spesa, se non funziona il piano A) bisognerà pure avere un piano B)?
Il Def e gli allegati evidenziano che la spesa complessiva è proiettata con un aumento di 43 miliardi rispetto al 2010. L’aumento si spiega con 23,9 miliardi di maggiore spesa pensionistica e 21,1 mld di maggiori oneri finanziari. La spesa pensionistica è il problema nel problema perché il dato di partenza del 2010 indica 236,9 miliardi di spesa ma “solo” 210,5 miliardi di contributi, la differenza di 26,4 miliardi è vista salire a 34,2 nel 2013. Helmut si ricorda della prima riforma Dini delle pensioni e successive modifiche, che darà respiro all’Italia dopo il 2020, ma ora con il sistema retributivo ancora in vigore si creano delle voragini, con l’italiano medio che va in pensione a 58,5 anni senza tanto distinguere tra lavoro impiegatizio o fisicamente logorante.
Peccato dice Helmut che sul gap pensionistico di 30 miliardi circa non si sia fatto nulla, mentre sul taglio costi della sanità la prima manovra di luglio abbatterà la spesa sanitaria di 2,5 miliardi nel 2013 e di 5 miliardi nel 2014 e sul fronte costi del settore statale in “teoria” sono attesi tagli di 6.5 miliardi nel 2012 e 6 miliardi nel 2013.Qualcosa si è fatto! Ma con quale visibilità? I mercati aspetteranno il 2012?
Ad Helmut non resta che guardare i mercati. Se la Bce continua ad acquistare titoli al ritmo di 2.5 miliardi al giorno, potrebbe essere sufficiente a contenere gli spread, ma sul mercato primario il Tesoro italiano non può che procedere con grande cautela ed emettere molti meno titoli rispetto a quanto in scadenza. Le aste di settembre determineranno un saldo negativo di 30 miliardi circa tra nuove emissioni e titoli in scadenza. Per fortuna che il Tesoro aveva circa 50 miliardi sul conto corrente di Tesoreria e superato settembre con scadenze pari a 61.6 miliardi, sarà febbraio 2012 con 45 miliardi il banco di prova.
Ma possibile che dobbiamo aspettare fino a febbraio 2012? Si chiede Helmut. E se si scivola rovinosamente su una delle insidie per strada: recessione oppure Grecia? È possibile che l’Italia non possa togliersi dal banco degli imputati e recuperare dignità aiutandosi da sola?
Banca d’Italia ha calcolato in 8,600 miliardi la ricchezza netta degli italiani su dati 2009, di cui 5,800 miliardi di richezza immobiliare e 2,700 miliardi di ricchezza finanziaria netta. L’agenzia delle entrate ha pubblicato a luglio uno studio dettagliato sulla distribuzione di 29,6 milioni di case/appartamenti sul territorio italiano delle quali 18,1 milioni di prime case e il resto circa 9 milioni (tolto 1,8 milioni di immobili non dichiarati) rappresentato da seconde case. Il fisco ha poi concluso un’analisi regione per regione, evidenziando a) che il valore catastale medio è di 51,400 euro a immobile e b) che il valore di mercato è circa 3,7 volte quello catastale, cioè 190,000 euro a immobile. La ricchezza immobiliare italiana diversa dalla prima casa detenuta dalle famiglie è quindi di 1,700 miliardi.
Per il nostro Helmut è facile vedere che gli italiani forti di 2.700 miliardi di ricchezza finanziaria netta e di 1.700 miliardi di immobili detenuti come seconde case, hanno mezzi per aiutarsi da soli e recuperare dignità in Europa. Perché chiamare in causa l’Efsf e le garanzie tedesche? Helmut si dice sicuro che prima o poi i suoi connazionali arriveranno da soli a questa conclusione.
Toccare il patrimonio? E i consumi? Grande dilemma, ma portando il debito al 100% circa del Pil dall’attuale 119%, l’Italia mostrerebbe credibilità e potrebbe permettersi di mantenere un deficit anche di qualche decina di miliardi fino al 2013 e oltre. Helmut ha ben compreso le parole di Schaeuble della scorsa settimana al Bundestag: “zero-deficit” non è un dogma, occorre ponderarlo per la congiuntura e verificare che non manchino entrate in maniera strutturale, lo ha detto chiaro e tondo. Allora sì che si potrebbe tagliare l’Irap (33,6 miliardi nel 2010 di cui 23,3 miliardi dai privati) abbassare il costo del lavoro e fare un passo verso la maggiore competitività. Se si torna ad avere flessibilità finanziaria, torna anche lo scambio: maggiore Iva a fronte di minore Ires sarebbe pensabile. Soprattutto se, dopo l’introduzione di una patrimoniale, il senso civico degli italiani aumentasse, e i 115 miliardi di Iva 2010 fossero ben di più negli anni a venire grazie ad una maggiore base imponibile.
Allora i tedeschi non avrebbero bisogno di parlare di Efsf per l’Italia. Le aste di Btp e Cct non sarebbero l’asfissia dei prossimi mesi del mercato e del sistema bancario. L’Italia potrebbe sedersi al tavolo delle grandi decisioni europee senza remore o complessi di inferiorità, ma forte di 60 milioni di consumatori e un Pil di 1500 miliardi.
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