Era un cambiamento atteso e preannunciato ed ora è avvenuto. In base alle ultime disposizioni concertate tra BCE e Banca d’Italia le banche italiane avranno più strumenti per procurarsi liquidità.
Non mi riferisco tanto alle operazioni straordinarie di finanziamento, chiamate TLTRO e QE, e già prenotate per decine di miliardi dalle banche italiane, bensì alle operazioni ordinarie di rifinanziamento previste dalla Banca Centrale Europea.
Cosa è cambiato rispetto al passato? Qualcosa di importante è effettivamente cambiato, ma non quello che ancora una volta i giornali poco informati stanno proiettando confondendo nuovamente liquidità con ‘credito’ e creando pericolose illusioni. Vediamo di spiegare in parole semplici la novità.
BCE e Banca d’Italia hanno concesso in via temporanea di fornire alle banche dosi di liquidità attraverso le operazioni ordinarie dell’eurosistema a fronte di garanzie su attivi stanziabili, ma non negoziabili (per essere negoziabili devono essere titoli liquidi e trattati su mercati regolamentati come i BTP). Questi ‘attivi non negoziabili’ in passato erano ristretti a crediti concessi singolarmente a un’impresa, ora possono essere portafogli di crediti, quindi anche un insieme di tanti piccoli crediti a PMI o famiglie (mutui casa) che -se bene identificati e soggetti a uno scarto tra garanzia e liquidità erogata- consentono alla banca di procurarsi nuova liquidità a condizioni di favore dalla BCE.
Una seconda novità è che i portafogli di crediti stanziabili si sono estesi in modo coraggioso anche a crediti a breve termine che per la loro natura variano giornalmente e quindi erano difficili da fissare come garanzia; si parla di scoperti di conto corrente e anticipi commerciali, come descritto visivamente nella grafica che ho predisposto.
Poi per facilitare le banche del sud europa BCE ha deciso di accettare in garanzia un grado di rischiosità superiore passando dall’1% di probabilità media di insolvenza all’1,50% sul portafoglio messo a garanzia.
Ultima novità interessante la possibilità per la banca di ‘farsi prestare’ le garanzie dalle sue società di factoring e leasing che possono offrire portafogli di fatture cedute o di canoni leasing. Liquidità che poi la banca potrebbe girare alle sue figliocce del parabancario.
Per funzionare operativamente questo schema, come spiegato dalle istruzioni emanate dalla Banca d’Italia, ha bisogno di 3 elementi particolari, che non sono stati spiegati esaurientemente dalla stampa:
1) il portafoglio di finanziamenti viene dato in garanzia alla BCE. La banca deve identificarlo nel suo sistema informatico e fare in modo che in ogni giorno il livello di credito utilizzato dalle imprese sia sempre superiore al livello iniziale compreso lo scarto. In pratica se lo scarto (fissato con percentuali molto diverse in base a durata e classe di rischio) fosse per fare un esempio del 20%, per avere 1.000 milioni di euro dalla BCE la banca deve sempre avere in essere crediti nel portafoglio a garanzia pari ad almeno 1.250 milioni. Se qualche impresa rimborsa o riduce lo scoperto deve essere subito rimpiazzata nel portafoglio da un altro credito di pari qualità per fare in modo che il totale resti superiore a 1.250 milioni.
2) il contratto di finanziamento tra impresa e banca (sia esso scoperto di c/c o anticipi fatture) deve essere modificato per consentire alla BCE di esercitare in qualsiasi momento il diritto ad escutere la garanzia in caso di necessità, anche se attraverso la banca che ha fornito la garanzia.
3) l’impresa debitrice (il cui debito è utilizzato a garanzia) deve essere informata e autorizzare esplicitamente nel contratto di finanziamento la possibilità di costituire il suo debito a garanzia della BCE.
Il primo punto comporta attività informatica e amministrativa non banale per la banca, il secondo e il terzo richiedono la modifica degli attuali contratti e il consenso delle imprese, circostanza che i vertici di Banca d’Italia avevano già preannunciato e che ora comparirà nella casella di posta delle PMI.
A cosa servirà tutta questa faticaccia? Per le banche ad avere liquidità, non necessariamente a concedere credito ad altre PMI. Non c’è obbligo per la banca che si procura liquidità, anche mettendo a garanzia prestiti alle PMI, di ‘ridare’ quella liquidità ad altre PMI, tantomeno di darla a imprese con cattivo merito di credito. E questo vale anche per i fondi del TLTRO e del QE.
Vale perciò ribadire la stessa regola e conclusione:
– queste variazioni sul metodo di approvvigionamento di liquidità dalla BCE sono utili per le banche che hanno difficoltà ad avere liquidità e meno utili per quelle che possono contare su altre fonti (depositi o emissioni obbligazionarie);
– per tutte le banche che utilizzeranno l’offerta temporanea c’è un vantaggio certo nel procurarsi fondi a basso costo, ma non c’è alcun impegno o garanzia a riversare questo basso costo alle imprese, tantomeno a quelle più rischiose.
– con il sistema dei collaterali a garanzia le banche NON si scaricano del rischio (e del costo di captale) come è stato impropriamente descritto. Lo farebbero solo se vendessero a titolo definitivo i crediti a una terza parte senza assumere il rischio di un mancato pagamento. Mettendoli a garanzia la banca continua a gestire la posizione e a sostenere il rischio di un fallimento e mancato rimborso.
– se i 90 miliardi di credito perso in questi anni ritornerà alle imprese sarà in funzione della liquidità (poco), della qualità del credito che la banca vuole assumere (moltissimo) e della domanda buona delle imprese (abbastanza).
Per questo motivo, devo ancora una volta sottolineare che le acque non vanno confuse in tavola: la liquidità è un fattore importante, ma non sufficiente per riversare tutto ciò che la BCE fornirà sui crediti alle imprese, che infatti cresceranno ancora poco. Per il momento continuano a calare.
Articolo parzialmente ripreso da linkerblog.biz – autore: F. Bolognini