La Milano del dopo Expo come nuova Silicon Valley in Europa

Milano deve diventare un grande centro di ricerca mondiale, il simbolo di un nuovo Umanesimo. Che contenga centri di studio e sperimentazione negli ambiti delle tecnologie mediche, del welfare, della nutrizione, dell’eco-sostenibilità, della genomica, dei big data e pure del patrimonio artistico e culturale.

Insomma, qualunque cosa tutto questo significhi, il destino dell’area dell’Expo pare essere segnato: con “Human Technopole Italy 2040”, le 25 cartelle che contengono le linee guida del piano d’attacco, i terreni ex Cabassi di Rho-Pero dovranno ospitare una Silicon Valley all’italiana per la quale il Governo è pronto a sborsare 150 milioni di euro all’anno.

Ma il piano sembra ancora un po’ troppo vago, mentre è risaputo che ai milanesi piaccia essere pragmatici. Prova ne è che proprio nella città sono già attive realtà che, da alcuni anni, producono tecnologia applicata al mondo medicale, digital ma anche dell’innovazione sociale, dell’agrifood e dei wearable device: è il variegato sottobosco delle startup, un microcosmo in continua trasformazione, la cui mappatura è difficile proprio perché in eterno aggiornamento.

Per la maggior parte sono inserite in luoghi fisici chiamati incubatori e acceleratori dove, affiancate da mentor, seguono percorsi di formazione per progettare, crescere e inserirsi nel mercato. Cartina di Milano alla mano, si nota che questi luoghi, vere residenze delle startup, sono disposti in zone ben precise della città: quelle periferiche del nord (Quarto Oggiaro, Bovisa, Chinatown) e del sud (Ripamonti, Vigentino o addirittura Lodi). Qui si trovano i nuovi laboratori italiani dove non solo si produce la “silicon” tecnologia, ma dove si formano anche gli imprenditori, i consulenti e i manager di domani.

Partendo dall’estrema periferia nord di Milano, Quarto Oggiaro, si trova FabriQ, incubatore ideato dal Comune di Milano e sviluppato dalla Fondazione Giacomo Brodolini e da Impact Hub Milano. Inaugurato nel 2014, FabriQ si occupa di innovazione sociale, che si lega a quella tecnologica attraverso due start up che operano in mercati simili.

La prima e più quotata è XMetrics: si tratta di un dispositivo per nuotatori da indossare sulla testa prima di iniziare a nuotare e che, dal momento dell’immersione, registra ogni parametro di allenamento, dal numero di vasche alle pulsazioni, fornendo un riscontro audio immediato e aiutando gli sportivi a migliorare le loro prestazioni.

La seconda è Aria, una tecno soletta per le scarpe che, comandata attraverso un’app per smart phone, permette di mantenere costante la temperatura dei piedi all’interno delle scarpe emettendo aria calda o fredda, e di registrare i dati del movimento che possono essere utilizzati per un consulto medico. «La collaborazione tra start up – dice Matteo Bina, incubation manager di FabriQ – è importantissima», e tra XMetrics e Aria c’è stata. «Poiché entrambe trattano wearable device – prosegue – uno dei fondatori di XMetrics, che è una delle nostre prime start up, ha accettato di fare da mentor ai ragazzi di Aria: i problemi erano gli stessi, ma le soluzioni, questa volta, sono state velocissime».

Da qui ci spostiamo poco più a est, in Bovisa, dove c’è PoliHub, incubatore del Politecnico di Milano gestito dalla Fondazione Politecnico e con il contributo del Comune. Quando nasce, nel 2000, è un acceleratore di impresa, ma in questi ultimi 15 anni si è rivolto sempre di più alle startup ad alto contenuto tecnologico, capaci di trasformare i risultati della ricerca scientifica in applicazioni industriali.

GREENRAIL™ è un invece un nuovo concept di traversa ferroviaria ecosostenibile, prodotta con plastica riciclata e gomma ottenuta dal recupero di pneumatici fuori uso, che entra nel mercato ferroviario come sostituta delle traverse in calcestruzzo. In questo modo i costi di manutenzione delle linee si abbassano, così come diminuiscono le vibrazioni e la rumorosità del traffico ferroviario.

Jusp, infine, è un lettore di carte di credito/debito che si connette tramite jack audio a qualsiasi dispositivo smart: qui un’applicazione ne gestisce i processi, permette la transazione di denaro e ha al suo interno un gestionale per i punti cassa.

In Paolo Sarpi, storica China Town di Milano, c’è Impact Hub Milano, primo centro italiano di una più ampia rete internazionale di incubatori e spazi per il co-working. Nato nel 2010, Impact Hub Milano si dedica, come FabriQ, all’innovazione e all’imprenditoria sociale.

E, sempre come FabriQ, una delle sue startup ha sviluppato un device “vestibile” ad alto contenuto tecnologico per aiutare persone con problemi all’udito nella vita di tutti i giorni: si chiama Intendi.me, ed è una piccola placca da attaccare ai dispositivi della casa che avvisa il proprietario quando il dispositivo smette di funzionare. Quando la lavatrice finisce di lavare i panni o la lavastoviglie i piatti, la placca di Intendi.me emette un segnale a uno smartphone, un tablet o a un braccialetto wear ball che suona o vibra e che, tramite app, riconosce il dispositivo associato scrivendone il nome sullo schermo.

Fino ad arrivare persino fuori Milano, a Lodi: qui si trova il PTP Science Park, il primo parco tecnologico in Italia che opera nei settori dell’agroalimentare, della bioeconomia e delle scienze della vita. Assieme alla Fondazione parco tecnologico padano (PTP Science Park) e con il con – finanziamento del Comune di Milano il PTP Science park ha dato vita al progetto Alimenta2Talent di Alimenta, incubatore e acceleratore di start up nel settore agroalimentare e delle scienze della vita: Alimenta2Talent ha partecipato, lo scorso aprile, al Bando Start Up per Expo aggiudicandosi tre vittorie con le sue start up.

Bioside sviluppa e valida kit di diagnostica molecolare portatile per l’identificazione di patogeni in ambito agrifood e tracciabilità carni: attraverso una app gli allevatori possono infatti lavorare in autonomia riducendo non solo i casi di infezione in allevamento, ma abbattendo anche i costi sanitari.

Flowmetric Europe è un progetto imprenditoriale che sviluppa e commercializza servizi analitici innovativi nel controllo agroalimentare per migliorare la qualità, la sicurezza e la tracciabilità dei prodotti. Con Algamundi, infine, si possono coltivare micro-alghe capaci di assorbire l’anidride carbonica prodotta dalla grande quantità di impianti di biogas, necessari per produrre biometano.

Articolo ripreso dal sito linkiesta.it