Mentre la ”vecchia Europa” sta cercando una soluzione alla crisi strutturale del debito e delle banche, dove l’Italia è in prima linea nella ricerca di una soluzione, esistono paesi nel mondo che non risentono della crisi o che si trovano in una situazione unica di crescita e di sviluppo economico, nonostante tutto.
In questi giorni mi trovo proprio in uno di questi paesi, e non mi riferisco alla Cina, ma in un paese confinante, che quest’anno registrerà il record di sviluppo vicino al 20% e il raddoppio degli investimenti esteri rispetto il 2010. Il PIL nominale ha raggiunto +29.1% yoy. L’industria e le costruzioni hanno si sono sviluppate del 10.1%, i servizi 16.2% e quasi tutti gli indici si sviluppo economico crescono con tassi a due cifre.
Questo paese è la Mongolia, un luogo di frontiera che richiama le scorribande di dei guerrieri di Gensis Kahan che aveva creato un impero che partiva dalla Cina, dal Pacifico, all’India e a pochi passi dall’attuale Vienna. Ora tutto questo è passato. Il paese asiatico conta ora poco più di 2.7 milioni di abitanti su una superficie che è, per estensione, il 50% dell’India (1 milione e mezzo di km quadrati sui tre milioni dell’India)!
Le gesta dei guerrieri mongoli sono ancora ora ricordate nel corso della “olimpiade” tutta mongola che si svolge a luglio ogni anno, una tradizione plurimillenaria dove sui prati verdi dell’arena di Ulaan Bataar, centinaia di guerrieri possenti che si combattano a mani nude per tre giorni senza sosta fino a quando solo uno di loro rimarrà in piedi e diventerà l’eroe per il resto dell’anno.
A parte il folklore, che però non dobbiamo sottovalutare poiché qui è essenza in tutti i sensi nel fare business e nei rapporti umani, pochi sanno che nel 2010 il Mongolia Stock Exchange (MSE) ha registrato le migliori performance al mondo con un incremento di valore del 138% in un solo anno, Il livello di esportazioni è cresciuto del 54% grazie ad un incremento sia di volumi sia di prezzi. In solo cinque anni la Mongolia ha triplicato il proprio PIL e recentemente S&P ha elevato il rating a “BBB Investment Grade”, lo stesso rating assegnato all’Italia da Dagong Global Rating Co. Ltd proprio la settimana scorsa! Scelta pretestuosa ma indicativa su come i cinesi seguono e valutano il nostro paese.
Sono qui bloccato da tre giorni dal mal tempo a Ulaan Bataar, gli aerei non riescono ad atterrare a causa della nebbia o del gelo. A -30 C e ai climi estremi, può accadere.
Questo intervallo forzato mi ha fatto pensare agli ultimi dieci anni, da quando ho aperto un ufficio proprio qui nella capitale, e ho potuto vedere emergere questo paese, proprio come ho visto la Cina svilupparsi negli ultimi venti due anni.
Che cosa sta attraendo qui così tenti investimenti? In un paese dove la capitale ha più del 50% degli abitanti che ancora vivono dentro le tende tradizionali fatte di pelli e corde dove ci si riscalda bruciando legna. Una pratica che rende irrespirabile l’aria che sembra tagliarti con un coltello affilato tanto è fredda.
Le strade non sono tutte asfaltate e sono sempre più piene di buchi riempiti dal ghiaccio e dalla neve ma qua e la spuntano e si vedono ancora tante gru che al momento sono dormienti, in attesa dello sgelo che arriverà tra marzo e aprile. S’inizia a tracciare una sky line di paese moderno, seppure pieno di contraddizioni.
I principali punti di forza della Mongolia sono rappresentati dall’attuale stabilità politica, assicurata da una grande alleanza al governo che garantisce un clima favorevole per gli investimenti stranieri. La presenza di materie prime stimata in oltre 8000 giacimenti, per circa 440 tipi di materie prime diverse, e dei quali solo 600 sono attualmente sfruttati.
Come dicevo, il limitato sviluppo di infrastrutture in particolare con riferimento al trasporto ferroviario che è cruciale per lo sviluppo dei giacimenti minerari e i collegamenti con i mercati di destinazione. 5700 km di ferrovie sono al momento nei piani di sviluppo del paese.
Come tutti i processi di sviluppo frenetico, esistono ovviamente le criticità che qui non sono poche, come la mancanza di personale qualificato, soprattutto per posizione tecniche a causa dell’insufficienza delle scuole specializzate nel sistema scolastico mongolo. Anche l’eccessiva dipendenza dalle esportazioni verso la Cina, che rappresenta il maggior mercato dei prodotti mongoli per un totale di circa l’85% delle esportazioni totali, è dall’altra parte un punto di debolezza.
In questo scenario, le opportunità per le aziende italiane e gli investitori stranieri in genere sono numerose e sarebbe una scelta poco lungimirante ignorare paesi come questo che molto presto emergerà come un nuovo Kuwait o Arabia Saudita delle materie prime e delle opportunità.
Ci sono ancora molti settori dove poter agire, e paradossalmente anche le opportunità nel settore agricolo sono innumerevoli dato che qui ci sono i pochi terreni mai sfruttati in Asia con alto rendimento e fertilissimi, e che potrebbero essere utilizzati per coltivazioni intensive per sfamare i paesi limitrofi come la Corea del Sud, per esempio, che vedrà la popolazione raddoppiarsi nei prossimi venti anni, ma con sempre meno risorse a disposizione.
Le imprese italiane potrebbero essere protagoniste in anche settori quali la lavorazione della pelle, la macellazione della carne, sfruttando la disponibilità di un numero elevato di capi bestiame (oltre i 60 milioni di capi).
Mi sembra di vedere un film già visto tempo fa, quando parlavo di Cina alle imprese italiane e mi sentivo dire che era un posto troppo lontano, un mercato poco interessante, poco evoluto, dove non esiste la qualità, dove copiano etc.
Dopo poco più di dieci anni, la Cina sta insidiando gli Stati Uniti come primo mercato in molti settori, e molti imprenditori che ho incontrato negli anni novanta, hanno visto le aziende spazzate via dalla globalizzazione, solo perché non si sono volute rendere conto che i tempi evolvono e ora venuto il tempo di guardare dove esistono le opportunità, si, proprio mentre ci troviamo in piena crisi, quando i mercati in Europa rallentano ma mentre altrove trascinano lo sviluppo dell’economia globale. Se non ora, quando?
Articolo ripreso da linkiesta.it