La revisione della legge fallimentare ci avvicina al diritto anglosassone

La revisione della Legge Fallimentare a salvaguardia delle aziende in crisi ad opera del D.L. 22 giugno 2012 n. 83 c.d. “decreto sviluppo”, convertito il Legge 134/2012, è diretta a migliorare l’efficienza dei procedimenti di composizione delle crisi d’impresa in modo da incentivare l’imprenditore a denunciare per tempo la situazione di crisi; tale strumento evoca il noto dispositivo statunitense: il “Chapter 11” previsto dal Title 11 del Bankruptcy Code.

Il “Chapter 11″consente al debitore in crisi di procedere alla riorganizzazione della propria impresa unitamente alla predisposizione di un piano di pagamento dei creditori.

E’ una procedura di riorganizzazione o meglio di rehabilitation, non di liquidazione, in buona parte equivalente alla vecchia amministrazione controllata. Le imprese in difficoltà economiche possono far autorizzare dal Tribunale un piano per pagare i creditori senza, tuttavia, essere costrette a liquidare immediatamente le proprie attività.

Si consideri l’esperienza della banca americana Leman Brothers messa in ginocchio dalla crisi finanziaria americana e mondiale del 2008. La banca d’affari per far fronte al crack dei mercati, il 15 settembre 2008 decise di intraprendere la lunga strada del Chapter 11, terminata nella primavera nel 2012 quando uscì dalla bancarotta ed ebbe inizio la fase finale della distribuzione di fondi ai creditori.

Analogo strumento di composizione della crisi d’impresa è dato dalle nuove previsioni sulla “domanda di concordato” contenute nell’art. 161 della Legge Fallimentare così come modificata dal “decreto sviluppo”. E’ innanzitutto stabilito che il debitore, in aggiunta ai documenti che è solito presentare con il ricorso per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo, debba allegare un piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta. Tale piano insieme alla documentazione predetta deve essere accompagnato dalla relazione di un professionista, designato dal debitore, in possesso dei requisiti di indipendenza iscritto nel registro dei revisori legali, che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano medesimo. Peraltro tale presenza risulta essere essenziale: il magistrato fonderà qualsiasi decisione sul parere reso dal professionista. Analoga relazione sulla veridicità dei dati deve essere presentata nel caso di modifiche sostanziali della proposta o del piano (art. 161, commi II, III).

Il ricorso deve essere sempre accompagnato dalla delibera dell’organo amministrativo della società, pena l’inammissibilità del ricorso stesso (art.161, comma IV).

La domanda di concordato va pubblicata, a cura del cancelliere, nel registro delle imprese entro il giorno successivo al deposito in cancelleria (art.161, comma V); tale pubblicazione oltre a soddisfare esigenze di trasparenza e conoscenza ai terzi è inoltre finalizzata all’individuazione dei creditori concorsuali rispetto a chi potrà godere di una prededuzione. Tale iscrizione nel registro non è costitutiva ma è semplicemente condizione di opponibilità (ex art. 2193 c.c.).

Un’importante novità risiede nella facoltà dell’imprenditore di depositare il solo ricorso contenente la domanda di concordato riservandosi di presentare gli allegati solo in un secondo momento. Questo istituto, definito pre – concordato o anche concordato in bianco, permette al debitore di beneficiare delle protezioni proprie del concordato preventivo senza aver presentato la documentazione necessaria da allegare al ricorso.

L’art. 161, comma VI, così dispone: “L’imprenditore può presentare il ricorso contenente la domanda di concordato preventivo unitamente ai bilanci relativi gli ultimi tre esercizi riservandosi di presentare la proposta, il piano e la documentazione entro un termine fissato dal giudice tra i 60 e i 120 giorni, prorogabile, in presenza di giustificati motivi, di non oltre 60 giorni. Nello stesso termine, in alternativa e con conservazione sino all’omologazione degli effetti prodotti dal ricorso, il debitore può presentare domanda ai sensi dell’art. 182 bis, primo comma. In mancanza, si applica l’art. 162, commi secondo e terzo.” Qualora il termine fissato decorra inutilmente, l’autorità giudiziaria potrà procedere, previa convocazione del debitore, alla dichiarazione di inammissibilità o in presenza dei presupposti, al fallimento. E’ previsto un termine più breve entro il quale presentare la proposta, il piano e la documentazione, ovvero un termine di 60 giorni nel caso in cui sia pendente il procedimento per la dichiarazione di fallimento.

Il novellato comma VI dell’art. 161 permette di tracciare una distinzione tra il ricorso – atto introduttivo, la proposta concordataria che racchiude gli elementi economico giuridici dell’accordo formulato dall’imprenditore, il piano contenente gli aspetti pratici e le procedure operative. La procedura di concordato subisce, quindi, significative modifiche che permettono all’imprenditore di differire la presentazione del piano e degli allegati rispetto alla domanda introduttiva; il piano diviene così un documento separato. L’imprenditore avrà a disposizione un congruo periodo di tempo per redigere dettagliatamente il piano; se in questo periodo volesse mutare indirizzo alla soluzione della crisi, potrebbe farlo avvalendosi dello strumento dell’ accordo di ristrutturazione del debito ex art. 182 bis.

Tra la data del deposito del ricorso e la data di ammissione alla procedura, il debitore, può compiere ex art. 161, comma VII, oltre gli atti di ordinaria amministrazione, previa autorizzazione del Tribunale anche gli atti urgenti di straordinaria amministrazione, con la puntualizzazione che i crediti dei terzi eventualmente sorti per effetto degli atti legalmente compiuti dal debitore sono prededucibili ovvero soddisfatti con preferenza. In base all’art. 111 L.F. le somme ricavate dalla liquidazione dell’attivo sono erogate in primis per il pagamento dei crediti prededucibili.

Il Tribunale con lo stesso decreto, non soggetto a reclamo, con cui dichiara aperta la procedura di concordato dispone anche gli obblighi informativi periodici (art. 161, comma VIII) che il debitore deve assolvere tramite brevi atti esplicativi stilati dai legali. Tale incombente pare sussistere soprattutto in caso di concordati preventivi in continuità aziendale o che intervengono senza la previa pendenza di un’istanza di fallimento. E’ opportuno segnalare l’introduzione di casi di inammissibilità della domanda di concordato se analoga domanda non sia stata accolta negli ultimi due anni (art. 161, comma IX). Quanto agli effetti della presentazione del ricorso, i creditori per titolo o causa anteriore, non possono sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore. Un’ulteriore innovazione è stata introdotta nell’art. 168, comma III, L.F., secondo cui “le ipoteche giudiziali iscritte nei 90 giorni precedenti la data di pubblicazione del ricorso..sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato”.

Viene altresì introdotta tramite l’art. 169 – bis un’ulteriore disciplina a tutela del debitore in base alla quale lo stesso può sciogliersi dai contratti in corso di esecuzione qualora ciò agevoli la risoluzione della crisi, per non più di 60 giorni prorogabili una sola volta. In tal caso il contraente ha diritto a un indennizzo equivalente al risarcimento del danno conseguente al mancato adempimento e tale credito è soddisfatto come credito anteriore al concordato. I rapporti di lavoro subordinato, i preliminari di vendita trascritti, i finanziamenti destinati ad uno specifico affare nonché le locazioni di immobili non godono della protezione prevista dalla nuova norma.

Articolo ripreso dal sito StudioCataldi.it