La truffa del LIBOR e dell’EURIBOR una storia dettagliata ripresa dagli Squali di Wall Street

Con questo post vorremmo, sommessamente e senza pretesa di esaustività, provare a trattare alcuni aspetti riguardanti la manipolazione degli indici LIBOR-EURIBOR operata, sin dal 2005, da alcune importanti istituzioni bancarie a livello mondiale.

Iniziamo col definire il LIBOR. Il termine LIBOR è un acronimo che sta per London Interbank Offered Rate, vale a dire per tasso “lettera” del credito interbancario non assicurato su Londra, determinato da e dunque valevole per le maggiori banche internazionali. Più precisamente – come vedremo diffusamente oltre – il LIBOR pur nascendo con il mero obiettivo di essere utile alla fissazione dei tassi dei prestiti interbancari, nel tempo si è trasformato anche in parametro di riferimento per la determinazione e rideterminazione dei tassi rilevanti nel contesto degli strumenti finanziari più complessi, come Interest Rate Swaps e altri derivati, ma anche relativamente a quelli più basici come bond e mutui.
Soffermiamoci per un attimo sul significato finanziario, in senso creditizio, del parametro trattato: il LIBOR (comunemente noto come il numero più importante al mondo) non è un tasso fisso, bensì variabile, prodotto di sintesi tra i vari tassi d’interesse richiesti per cedere a prestito depositi in una data valuta (dollaro statunitense, franco svizzero, sterlina inglese, yen ecc.), ad una data scadenza, da parte delle principali banche operanti sul mercato interbancario inglese o meglio londinese, ad altre banche. Quindi, esso rappresenta il tasso al quale le banche si prestano denaro reciprocamente, a partire dal batch notturno dopo la chiusura dei mercati, in una valuta diversa dall’euro (per i prestiti interbancari denominati in euro, l’indice di riferimento è infatti l’EURIBOR). Il LIBOR è in genere inferiore al tasso di sconto praticato dalle Banche Centrali per i prestiti a breve termine concessi agli istituti di credito (il tasso di riferimento della BCE è attualmente pari allo 0,15% mentre quello della Banca Centrale inglese è pari allo 0,50%). Potremmo dire che il benchmark considerato rappresenti il prezzo che gli istituti di credito si applicano reciprocamente sul mercato interbancario per il mantenimento, nel breve termine, delle condizioni di liquidità e solvibilità, singole e sistemiche, in un contesto connotato da relative garanzie di intervento delle banche centrali a tutela delle controparti creditrici. Quando una banca riceve al tempo “t” una domanda di prelievi in denaro liquido maggiore delle sue disponibilità, ha due possibilità per farvi fronte:
  1. cedere titoli di stato o altri titoli (rischiando di subire perdite connesse al timing forzato del disinvestimento e ottenendo il denaro liquido con uno o più giorni di ritardo in seguito alle classiche tempistiche del settlement);
  2. chiedere un prestito sul mercato interbancario (soluzione questa meno complessa, meno costosa e più rapida).
Per quale motivo una banca con risorse in eccesso dovrebbe accettare di prestarle ad un’altra che ne sia momentaneamente priva e che segnala al mercato, con la richiesta, la propria temporanea illiquidità e ne casi peggiori, la propria insolvenza? Perché la prima può contare sull’eventuale sostegno della rispettiva banca centrale, nel caso di intermediari versanti in condizioni di difficoltà nella restituzione dei fondi ricevuti.
Il sistema LIBOR acquista importanza con l’espansione dell’ Eurodollar Market a Londra, tra gli anni ’60 e ’70. Come evidenzia il prof. Nicola Brutti nel suo paper intitolato “La manipolazione degli indici finanziari: un illecito in cerca di identità, pp. 2-3”, in occasione di un prestito (sindacato) di 80 milioni di dollari USA (siamo nel 1969) da parte di un gruppo di banche occidentali all’Iran, occorreva un tasso di interesse che sintetizzasse le posizioni dei diversi attori coinvolti nell’operazione. Accanto al LIBOR si pongono altri benchmarks di riferimento per aree valutarie e geografiche diverse: a tal proposito è possibile citare il TIBOR (Tokyo Interbank Offered Rate), il SIBOR (Singapore Interbank Offered Rate), l’ HIBOR (Hong Kong Interbank Offered Rate) e così via.
Nel 1984, in qualità di membro del Big Bang, The Britisth Bankers Association (BBA) sviluppò un meccanismo per fissare i tassi di regolamentazione contrattuale, denominati in LIBOR. Abbiamo usato il plurale, in quanto esso non rappresenta un solo saggio, bensì 150. Esistono tassi LIBOR di 15 tenori/scadenze per 10 valute . I ranges di maturità considerati sono: 1 giorno, 1 settimana, 2 settimane, da 1 mese sino a 12. Le valute prevalentemente trattate, sono: EUR, USD, GBP, JPY, CHF. Le basi temporali più diffuse nell’operatività, vanno dal singolo giorno ai 3 mesi. Dal 1986 la determinazione del benchmark è affidato alla Thomson Reuters, operante per conto della BBA (consorzio privato di banche utilizzatrici) in qualità di “designed calculation agent”.
Per ogni singolo LIBOR (correlato alla valuta) c’è un apposito “panel” composto dalle cosiddette banche contributrici (16 fino a febbraio 2011, in seguito 18) con un minimo di 6 per la Corona Svedese ed un massimo di 18 per il dollaro USA. Ogni banca, per ogni panel valutario di riferimento, comunica elettronicamente alla Thomson Reuters intorno alle ore 11:00 a.m. orario di Londra, la propria stima di quanto costerebbe (a ciascuna di esse) anticipare il credito (nelle diverse valute e per le diverse scadenze). A questo punto, l’agente di calcolo, dapprima “spunta” i tassi ricevuti rimuovendo i quattro valori più alti ed i quattro più bassi (detti rispettivamente Topping e Tailing) e successivamente calcola le medie dei rimanenti, per definire il LIBOR FINAL, per ogni tenore (maturità) e valuta. Il tasso finale così ottenuto è, infine, pubblicato dalla stessa agenzia (che svolge dunque anche il ruolo di distributore designato) con diffusione mondiale, stabilita per mezzogiorno circa orario di Londra. Dal 1986 al 1998 , le banche hanno inviato i propri tassi quotidiani al BBA LIBOR PROCESS rispondendo alla domanda: «a quale tasso tu credi che i depositi interbancari a termine, saranno offerti da una prime bank ad un’altra, in una ragionevole dimensione del mercato, oggi, alle ore 11:00 a.m.?».
Nel 1998, la Foreign Exchange and Money Commitee – una commissione indipendente di partecipanti al mercato – decise che «non sarebbe stato più possibile fornire una definizione universale di prime bank»; da quel momento le banche necessitarono di collegare le cifre da esse riferite, alla loro attività di mercato piuttosto che ad un’ ipotetica “entità”. Ad esse venne richiesto di indicare i tassi rispondendo al seguente quesito: «a quale tasso tu prenderesti in prestito dei fondi, qualora lo facessi chiedendo prima ed accentando poi le offerte sul mercato interbancario in una ragionevole dimensione di mercato, appena prima delle 11:00 a.m.?». La BBA ha supervisionato il processo da allora, anche se il club dei signori banchieri impegnati in prestiti sindacati nella City, si è evoluto nel più opaco ed impersonale mercato interbancario multi trilionario, almeno secondo Landon Thomas Jr., giornalista del New York Times.
Ricapitolando: le panel banks trasmettono le loro quote a Thomson Reuters alle 11:10 a.m., London time; questa analizza i dati alla ricerca di errori, consentendo ai submitters di correggere quelli evidenti e pubblica il LIBOR alle 11:30 a.m. (11:45 massimo). Contemporaneamente, l’agente di calcolo rilascia le quote individuali fornite da tutte le banche. Qualora fossero identificati degli errori, dopo la pubblicazione, Thomson Reuters provvede a correggerli e pubblica i tassi LIBOR rettificati alle ore 12:00 a.m. E’ importante notare che le banche del pannello non hanno accesso alle quote individuali e non possono legalmente vederle prima della pubblicazione dei LIBOR rates ufficiali. Con riguardo ai drivers per la determinazione delle quote dei singoli submitters, avremo modo di vedere come la pratica si sia rivelata difforme dalla teoria, sia per il LIBOR che per l’altro benchmark reference rate di un certo rilievo, vale a dire l’EURIBOR.
Questo nasce il 30 dicembre del 1998, con validità 4 Gennaio 1999 e da allora, calcolato giornalmente, indica il tasso di interesse medio delle transazioni creditizie a breve termine denominate in euro, tra le principali banche europee. Nello specifico, esprime la media dei tassi che primari istituti di credito applicherebbero in operazioni a termine, eseguite sul mercato interbancario (ed aventi come controparti altri primari istituti di credito) con scadenza: 1, 2, 3 settimane e da un mese a 12 mesi. Il tasso varia in funzione delle scadenze e non del montante; maggiore è la durata del prestito maggiore sarà l’interesse applicato. Ad oggi, l’Euribor viene fissato quotidianamente dalla European Banking Federation(EBF), come media dei tassi di deposito interbancario indicati alla Thomson Reuters elettronicamente entro le 10:45 a.m. orario di Bruxelles (CET), da oltre 40 banche, presentanti il maggior volume di affari nell’area euro (per l’Italia partecipano Intesa San Paolo, Unicredit, Banca MPS e UBI banca) ed al di fuori di essa. Dunque, come per il LIBOR, esistono diversi EURIBOR in base alle scadenze considerate, ma a differenza del primo, il secondo ha un’unica valuta di riferimento che è l’Euro. Entrambi i reference rates, oltre ad essere indicatori del costo del denaro a breve termine (a livello interbancario), sono assunti a basi per il calcolo degli interessi variabili dei mutui, dei derivati, delle carte di credito revolving ecc. E’ abbastanza evidente come sia il LIBOR che l’EURIBOR incidano sulle nostre vite, oltre che sulle dinamiche di gestione della liquidità sul mercato interbancario: chi non ha mai contratto un mutuo a tasso variabile indicizzato EURIBOR/LIBOR 6M con maggiorazione di uno spread predefinito? Chi non ha mai fatto uso di una carta di credito revolving?
Chi non ha mai sottoscritto obbligazioni bancarie\corporate con pagamento di una cedola indicizzata all’EURIBOR 6M?Qualitativamente, però, come osserva il professor Brutti, mentre le stime sull’EURIBOR possono differire solo in quanto rappresentino un margine di errore rispetto al tasso praticabile da un’ipotetica prime bank, quelle sul LIBOR possono divergere maggiormente poiché, nel determinarle, le banche del panel riflettono (o dovrebbero riflettere) le proprie condizioni di liquidità e qualità creditizia.
Più precisamente,ogni Panel Bank deve inserire direttamente i propri dati non più tardi delle 10:45 a.m. (orario di Bruxelles) di ogni giorno in cui il TRANS EUROPEAN AUTOMATED REAL-TIME GROSS- SETTLEMENT EXPRESS TRANSFER SYSTEM (TARGET) risulti aperto.
Ad ogni Panel Bank è assegnata una pagina privata sulla quale rilasciare i propri dati. Ogni singola pagina privata può essere vista dalla banca oltre che dallo staff della Thomson Reuters coinvolto nel fixing process. Dalle 10:45 a.m. alle 11 a.m. (CET) termine massimo, le banche del gruppo EURIBOR possono correggere, se necessario, le loro quote.
Alle 11:00 a.m. (CET) l’agenzia avvierà il processo di calcolo dell’ EURIBOR (o più correttamente degli EURIBOR), ma solo dopo aver eliminato – per ogni scadenza – il 15% di tutti i valori topping e tailing raccolti. Di quelli rimanenti verrà calcolata la media, arrotondata al 3° decimale. Dopo il calcolo eseguito alle ore 11:00 a.m. (CET), Thomson Reuters pubblicherà istantaneamente il tasso di riferimento EURIBOR, usando il codice “EURIBOR=” e rendendolo disponibile a tutti gli abbonati e agli altri fornitori di dati. Allo stesso tempo, i tassi del sottostante gruppo di banche sarà pubblicato in una serie di pagine composite, le quali indicheranno tutti i tassi riferiti alle diverse scadenze. Lo storico dei tassi, vecchio al massimo di un mese, può essere recuperato utilizzando i codici Thomson Reuters EURIBORRECAP01/EURIBORRECAPE08, oppure contattando la sede londinese dell’agenzia (che dispone di linee dedicate a fornire tali informazioni).
Prima di eseguire il calcolo dell’EURIBOR alle ore 11:00 a.m. (CET) di ogni giorno in cui il sistema TARGET risulti attivo, Reuters deve verificare se tutte le panel banks abbiano reso disponibili i loro dati nel rispetto delle procedure stabilite. Se una o più tra esse dovessero essere inadempienti, l’agenzia deve compiere sforzi ragionevoli al fine di ricordare a mezzo telefono o con qualsiasi altro mezzo di comunicazione, il loro obbligo di fornirli, invitandole ad inserirli immediatamente. Nel caso in cui un qualsiasi istituto di credito, anche dopo detta comunicazione, non avesse provveduto a fornirli entro le ore 11:00 a.m (CET), la Reuters deve calcolare l’EURIBOR per quel giorno senza i dati mancanti, notificandolo prontamente per iscritto.
Qualora più del 50% delle banche aderenti al pannello non fornisse i dati entro le 11:00 a.m, l’agenzia ritarda il calcolo del benchmark sino a quando almeno la metà indicherà le proprie quote. Se questo non dovesse essere possibile prima delle 11:15 a.m., essa deve:
  • se 12 o più Panel Banks di 3 o più Paesi hanno fornito i dati, calcolare e pubblicare l’ (gli) EURIBOR basato (i) su detti dati;
  • se meno di 12 Panel Banks hanno fornito i dati o se le banche che li hanno forniti provengano da meno di 3 Paesi, Thomson Reuters deve ritardare il calcolo dell’EURIBOR per quel giorno fino a quando 12 o più panel banks, di 3 o più Paesi, forniscano i dati.
L’Agenzia, alle 11:15 a.m. indica il ritardo sulla pagina in cui l’EURIBOR avrebbe dovuto essere pubblicato.
Come sopra accennato, il LIBOR (e non diversamente l’EURIBOR) a partire dalla fine degli anni ’70 è divenuto un valore di riferimento per numerose operazioni finanziarie di medio-lungo termine, condotte in mercati totalmente deregolamentati o scarsamente regolamentati (mercati OTC). Per comprendere l’assoluta importanza degli indici in esame (dunque la gravità delle condotte manipolatorie), è sufficiente considerare che il valore nozionale stimato degli strumenti finanziari indicizzati LIBOR, è compreso in un range oscillante da un minimo di 300.000 miliardi ad un massimo di 800.000 miliardi di USD, laddove il PIL mondiale è valutato attorno ai 70.000 – 80.000 miliardi di USD.
Il LIBOR (e l’ EURIBOR) rappresentano i benchmark reference rates del tipo di derivato simmetrico pluriennale più negoziando sugli mercati OTC, generalmente impiegato con finalità di hedging rispetto al rischio di oscillazione dei tassi, vale a dire gli IRS (Interest Rate Swaps). Nell’ambito degli IRS, il derivato più trattato è il Fixed-Floating Swap, per il cui tramite due parti scambiano flussi di interessi a tasso fisso ed a tasso variabile, per un periodo di tempo determinato, con riferimento al medesimo importo nominale (“capitale convenzionale”), che non è scambiato né all’atto della stipula né alla sua scadenza. L’acquirente dello SWAP è colui che, assumendo una posizione long, effettua i pagamenti a tasso fisso, ricevendo quelli a tasso variabile; il venditore è colui il quale, assumendo una posizione short, riceve i pagamenti a tasso fisso effettuando quelli a tasso variabile. I pagamenti a tasso fisso (cosiddetta gamba fissa) sono pari al prodotto tra l’ammontare del capitale nozionale, per il tasso medesimo concordato contrattualmente, riferito alla frazione di anno considerata. I pagamenti a tasso variabile (cosiddetta gamba variabile), sono pari al prodotto del capitale nozionale, per il tasso variabile (floating) alla data fissata (fixed date) in ragione della frazione d’anno considerata. Nel corso della durata del contratto, il suo valore è dato dalla differenza tra i valori attuali dei flussi di pagamento delle due gambe ancora dovuti.
Proprio le variazioni del tasso floating, rispetto ai livelli dei tassi attesi stimati all’atto della conclusione del contratto, delineano il profilo di rischio/rendimento di un derivato IRS. Se la curva dei tassi (variabili) attesi tende a muoversi al rialzo o a diventare più “ripida”, per l’acquirente dello SWAP (che li riceve pagando il tasso fisso) il contratto IRS assumerà un valore positivo, poiché il valore attuale dei tassi attesi sarà più alto rispetto al valore attuale dei flussi corrispondenti al tasso fisso già definito contrattualmente. Se, viceversa, la curva dei tassi variabili manifestasse un andamento discendente il contratto IRS assumerebbe, per l’acquirente, un valore negativo. Per il venditore vale il discorso opposto a quello sino ad ora condotto.
Poniamo che l’azienda Alfa o (un Ente territoriale) abbia richiesto un finanziamento alla banca Beta e che questo l’abbia concesso applicando un tasso variabile Euribor 12 mesi più spread, per un valore annuo pari a 3,5% + spread 0,5% (i valori numerici valgono nella misura in cui rendano più comprensibile l’esempio). A questo punto, l’azienda o (l’ Ente) avvertono l’esigenza di coprire la propria esposizione relativamente alle somme dovute a titolo d’interessi. Prospettando (magari a seguito di un’approfondita analisi fondamentale della congiuntura economica) un futuro rialzo dei tassi variabili, decidono di acquistare un IRS in modo tale che le somme ricevute dal venditore (Gamma) del derivato riescano a coprire, avvicinandosi il più possibile al tasso variabile precedentemente pattuito con Beta, il rischio da interessi.
Ipotizziamo che Alfa corrisponda a Gamma un tasso fisso del 5% annuo (2,5 % su base semestrale), che Gamma paghi ad Alfa il tasso Euribor (Libor) e che Alfa debba corrispondere a Beta l’Euribor + spread, pari al 4% (3,5% Euribor + spread 0,5%).
Poniamo che ad un certo punto, l’EURIBOR salga al 7% (lo ripetiamo, le cifre servono solo per portare a conclusione l’esempio).
  • Alfa continua a corrispondere a Gamma il 5% annuo, ricevendo però il 7%.
  • Alfa corrisponderà a Beta il 7,5% annuo, ma vantando un saldo attivo del 2% su Gamma.
  • Alfa ridurrà al 5,5% il flusso di interessi netto sborsato per far fronte al finanziamento. Se non avesse stipulato lo SWAP supposto, avrebbe invece pagato a Beta un ammontare d’interessi pari al 7,5% .
Riflettiamo ora su di un aspetto: chi sono gli intermediari che vendono centinaia di miliardi, anzi migliaia di miliardi di derivati (vantando il mercato degli IRS contratti con nozionali complessivi stimati sui 500 trilioni di USD), pagando tassi variabili indicizzati LIBOR-EURIBOR ed incassando un tasso fisso? Sono le stesse banche che in qualità di submitters dei vari panels, concorrono a fissare i benchmarks EURIBOR-LIBOR. Sulla base della tipologia contrattuale esaminata, le banche conseguono profitti tanto più elevati quanto maggiore risulta essere la differenza tra il tasso fisso ricevuto e quello variabile corrisposto. Essendo il fisso tale per definizione, i profitti fluttuano in funzione dell’andamento della curva di quello variabile. A tal proposito, sin dal 2005, sono state tenute una serie di condotte manipolatorie o per lo meno patologiche. Diverse Autorità preposte alla vigilanza dei mercati finanziari hanno recentemente rilevato che, a partire dall’anno sopra indicato, hanno avuto luogo numerosissimi scambi di informazioni tra banche finalizzati a trarre preordinatamente e scientemente indebiti profitti dall’alterazione dei corrispettivi delle operazioni indicizzate ai parametri di cui sopra. In altri termini, le banche, vista l’esposizione su derivati IRS ed altri indicizzati EURIBOR-LIBOR, determinavano artificiosamente i due benchmark reference rates in modo tale da continuare a trarre profitto dalle posizioni assunte sui mercati OTC.
I traders organici ai vari istituti di credito indicavano l’esposizione della banca agli operatori preposti alla definizione e comunicazione dei tassi alla Reuters, suggerendo loro la direzione da imprimere di volta in volta. Ma c’è di più: il fine perseguito dai submitters per il tramite della manipolazione (in diminuzione) era anche quello di fornire una rappresentazione fuorviante della situazione della propria liquidità in modo da preservare la reputazione economica rispetto ai concorrenti. Per raggiungere tale obiettivo, le banche comunicavano tassi molto contenuti segnalando in tal modo agli altri operatori, l’esistenza di una situazione finanziaria florida, il tutto con l’avallo del top management.
Dunque, le grandi banche da un lato concorrono a fissare i benchmark reference rates, dall’altro vendono prodotti finanziari dai quali possono conseguire profitti o perdite a seconda dell’andamento degli indici medesimi. Gli istituti di credito hanno infatti nei propri portafogli contratti IRS con valore nozionale in un ordine di grandezza misurabile in trilioni di dollari. Per anni si è (ingenuamente) ritenuto che il LIBOR, non avrebbe potuto essere manipolato, per una serie di motivazioni indicati dal Prof. Patrick McConnell, vale a dire:
  • L’indice è determinato con il contributo di più submitters;
  • Il sistema di scrematura e la successiva media, avrebbero impedito l’ingegnerizzazione di un tasso specifico;
  • L’esistenza di una commissione indipendente (la BBA LIBOR) avrebbe monitorato eventuali trasgressioni.
Questo ordine di ragioni, si è rivelato tuttavia fallace: pur essendo difficile predisporre ex-ante un tasso specifico, è stato comunque possibile pianificare una sua spinta verso l’alto o verso il basso; inoltre, il settore era assolutamente autoregolamentato, dato che la Commissione BBA LIBOR indipendente non era, perché controllata dalle stesse banche.
Top Management e traders trovarono quindi i modi per settare up o down il LIBOR, in direzione dei segnali da trasmettere al mercato e dei profitti da estrarre dal portafoglio SWAPS.
Ovviamente, essendo i derivati IRS trattati su mercati OTC, essi possono presentare strutture giuridiche diverse da quelle appena descritte. E’ però un dato certo che pur non potendo conoscere nel dettaglio l’esposizione del portafoglio delle banche in IRS, pur potendo fraintendere il significato economico di detti strumenti di finanza strutturata (spesso sottoscritti a copertura di altre voci di bilancio), i ricavi netti delle principali banche statunitensi submitters nei vari panels LIBOR, aumentarono esponenzialmente nel primo trimestre del 2009, quando il benchmark del mercato interbancario Londinese scese prepotentemente, ragion per cui è corretto ipotizzare che la maggior parte del nozionale IRS detenuto dalle banche fosse riconducibile ai comuni accordi vanilla SWAP, in cui l’acquirente paga un tasso fisso in cambio di uno variabile (generalmente LIBOR 3M).
Alla luce di quanto sopra, gli incentivi alla manipolazione del LIBOR possono essere qualificati come endogeni ed esogeni. Nella prima tipologia è riconducibile il meccanismo impiegato per il calcolo, il quale estrae la media di 10 valori intermedi ricavati dai 18 comunicati dai submitters al netto di quelli topping e mailing; poiché quando il posizionamento delle quote chiave è altamente prevedibile, le banche aventi un interesse alla manipolazione del benchmark tendono a fissare i propri tassi sui valori di dette quote, in una sorta di osservanza di ipotetiche coordination games rules.
Nella secondo tipologia può, invece, essere ricondotte la volontà di segnalare (tramite tassi molto bassi) al mercato la propria affidabilità e solidità (specie in periodi di crisi), nonché la volontà di far coincidere gli interessi derivanti dall’esposizione di portafoglio con la direzione impressa all’andamento LIBOR. Gli incentivi alla rappresentazione errata dei tassi proposti hanno spinto un importante Broker operante sul mercato monetario, ICAP, a lanciare il NEW YORK FOUNDING RATE, il quale intende proporsi quale antagonista del LIBOR. La prima innovazione introdotta dal nuovo benchmark, è da ricercare nella circostanza che vede le quote comunicate essere coperte dall’anonimato, al fine di eliminare l’incentivo a trasmettere valori ingannevoli o estremamente bassi con l’obiettivo di segnalare la forza e/o la solidità finanziaria relativa dell’intermediario. Viceversa però, se il maggior incentivo a rappresentare arbitrariamente i reali costi di finanziamento è da ricercare nell’interesse ad influenzare il benchmark al fine di allinearlo con lo scopo della profittabilità ricavabile dalle esposizioni in portafoglio, l’anonimato potrebbe decisamente rendere più agevole la condotta ingannevole degli istituti di credito.
Il 16 Aprile 2008, il Wall Street Journal pubblicò un articolo la cui apertura recitava: «uno dei più importanti barometri della salute del mondo finanziario, starebbe emettendo falsi segnali […] I crescenti sospetti sulla veridicità del LIBOR, suggeriscono che i problemi delle banche, potrebbero essere peggiori di quelli che esse sperano di dover ammettere».
A questo articolo la BBA rispose inviando un promemoria alle consorziate, ricordando loro di “comunicare tassi onesti”. Altre banche membri dell’associazione suggerirono che la BBA non avrebbe dovuto essere più responsabile per il LIBOR.
IL 25 Aprile 2008, incontrando i funzionari presso la Banca d’Inghilterra, Angela Knight (CEO della BBA) evidenziò come il LIBOR fosse divenuto troppo grande per poter essere gestito dalla propria organizzazione. Alle sue preoccupazioni non seguirono, però, prese di posizioni autorevoli né da parte delle autorità preposte al controllo, né da parte della BBA restia a cedere il controllo del LIBOR.
Il 29 Maggio 2008, il Wall Street Journal, pubblicò un articolo in cui affermava che numerose banche stavano indicando costi di finanziamento ingiustificatamente bassi per il calcolo del LIBOR quotidiano. Specificatamente, gli autori (Mollenkamp e Whitehouse) asserirono che le banche rendevano noti costi significativamente più bassi dei tassi giustificati dai movimenti del trend di costo specifico per il settore bancario sul default insurance market (mercato relativo ai Credit Default Swaps – CDS). Benché il quotidiano finanziario riconobbe che la propria analisi non provasse che le banche stessero mentendo o manipolando il LIBOR, ipotizzò altresì, che quegli stessi istituti di credito stessero comprimendo i loro tassi inerenti il mercato creditizio interbancario al fine di evitare di apparire alla disperata ricerca di liquidità in un momento fortemente negativo per tutto il sistema bancario-finanziario.
Un articolo del 2 Giugno 2008 del Financial Times concordava sul fatto che il tasso di finanziamento espresso in LIBOR fosse rimasto indietro rispetto ad altre misure di base del mercato dei prestiti non assicurati usati dalla maggior parte delle istituzioni finanziarie. Questo fece sospettare che un piccolo gruppo di banche, le quali fornivano alla BBA i tassi di riferimento per il LIBOR, avesse minimizzato i veri tassi ai quali sarebbero state disposte a prestare la liquidità di cui disponevano a livello interbancario, al fine di non sventolare i timori dovuti ai loro problemi di finanziamento.
Anche i professori Abrantes, Metz, Kraten, Seow, concordano sul fatto che le banche «debitrici nette», beneficerebbero di tassi più bassi e che, al contrario, quelle «creditrici nette» beneficerebbero di tassi più alti. Essi inoltre osservano (nel paper “Libor Manipulation?” pp. 13-14) come gli spreads dei CDS svolgano il ruolo di benchmarks effettivi per la valutazione della ragionevolezza dei dati LIBOR. Infatti, i costi di finanziamento delle banche si presumono essere una funzione delle loro condizione di solvenza e forza finanziaria percepita. I prezzi dei contratti CDS sono anch’essi presunti essere una funzione della forza finanziaria e dunque, servono quali utili indicatori del costo di finanziamento. Di certo, esistono diverse ragioni perché significative discrepanze possono esistere tra gli spreads dei CDS e costi di finanziamento a breve termine. Per esempio, gli orizzonti temporali di interesse possono essere differenti: il creditore può ritenere che una banca sia pienamente in grado di adempiere le proprie obbligazioni nei successivi 30 giorni e quindi erogarle un prestito ad un tasso contenuto durante quell’arco di tempo; ma esso può al contempo dubitare della sua capacità di adempiere le proprie obbligazioni nei successivi 5 anni. Le due parti possono anche possedere diverse sensibilità al rischio di mercato e dunque possono pretendere diversi (e diversamente evolventi) premi al rischio. In aggiunta, se il mercato dei CDS è segmentato, può esserci addizionale (ed evolvente) liquidità premiale associata al contratto CDS.
Tuttavia, è evidente che “ceteris paribus” una banca maggiormente rischiosa dovrebbe avere più alti costi di finanziamento e CDS spreads, rispetto ad una che lo è meno.
Prima di dare conto delle tecniche manipolatorie concretamente utilizzate, appare opportuno considerare alcune valutazioni prodotte dai professori Ghandi, Golez, Jackwert e Plazzi nel paper “LIBOR Manipulation, cui bono?”. In teoria, ci si potrebbe aspettare che tutte le panel banks manipolassero l’indice in direzione della loro esposizione per tutte le valute e per tutte le scadenza. In realtà, ci sono importanti differenze nei regimi regolamentari dei vari Paesi in cui gli istituti di credito sono costituiti, le quali possono condurre a divergenze trasversali nell’intento di manipolare il Libor. Il valore nozionale discordante degli Interest Rate Derivatives indicizzati al LIBOR varia al variare delle combinazioni valute-scadenze. Quindi, l’incentivo delle panel banks a manipolare i tassi conformemente alle rispettive esposizioni potrebbe essere più forte per una certa valuta-scadenza e non per altre. A priori, si può sostenere che l’intento delle panel banks ad interferire nel processo di formazione del benchmark, dovrebbe essere più forte per quelle valute in cui gli Interest Rate Derivatives abbiano un valore nozionale minore, in modo tale che il contenuto numero di partecipanti a tali mercati, renda più facile la manomissione del LIBOR. Tuttavia, notano gli autori, la manipolazione nei mercati LIBOR non è esattamente analoga a quella osservabile in altri mercati finanziari.
E’ generalmente vero che la manomissibilità del prezzo è più semplice da realizzare in mercati illiquidi con livelli di partecipazione bassi; ciononostante, dato che il numero di panel banks rimane fisso per ogni valuta, risulta naturale che esse focalizzino i propri sforzi laddove i guadagni estraibili dall’illecita interferenza siano maggiori.
Relativamente alla condotta materialmente tenuta dai vati istituti di credito coinvolti nello scandalo in esame, è stato possibile osservare – tra l’altro- quanto segue:
  • Una banca, la Barclays, durante il periodo compreso tra la metà del 2005 e la fine del 2007 (e sporadicamente nel corso del 2009), ha basato la comunicazione dei propri dati LIBOR sull’ USD (ed alcune volte su altre valute) sulle richieste dei propri SWAP traders, inclusi ex SWAP traders impegnati,all’epoca nel tentativo di condizionare il LIBOR ufficialmente pubblicato al fine di beneficiare delle posizioni assunte dalla banca (o personalmente) nel trading su derivati; quelle posizioni comprendevano attività su SWAP e FUTURES; la stessa condotta è stata tenuta con riguardo alle comunicazioni della banca riguardanti l’EURIBOR per il periodo che va da metà 2005 a metà 2009.
  • Durante il periodo che va da metà 2005 a metà 2008, alcuni EURO SWAP traders della banca Barclays, guidati da un ex Barclays Senior Euro SWAP Trader, coordinandosi, aiutarono e favoreggiarono altri traders di altre banche ad influenzare le comunicazioni EURIBOR con l’obiettivo di beneficiare delle rispettive posizioni assunte sui derivati trattati.
  • Nel corso del periodo di crisi finanziaria (Agosto 2007- primo trimestre 2009) la stessa banca ha ridotto l’entità dei dati LIBOR trasmessi, al fine di gestire ciò che credeva fosse una negativa ed infondata percezione dei media e del pubblico, vale a dire che essa avesse problemi di liquidità riflessi dai più elevati livelli di tassi LIBOR trasmessi, rispetto a quelli più bassi degli altri competitors presenti nel panel e che Barclays riteneva fossero eccessivamente bassi date le condizioni di mercato. In seguito ad una direttiva impartita da alcuni senior members del suo management, l’istituto di credito trasmise tassi più bassi per lo USD ed in alcuni casi per lo Yen e per la GBP, rispetto a quelli che riteneva essere i tassi appropriati in grado di riflettere i costi di accesso ai finanziamenti non assicurati nei mercati rilevanti.
Ciò che emerge dall’analisi delle condotte tenute da Barclays è sia una carenza di controlli e procedure riguardanti le fasi della trasmissione delle quote LIBOR-EURIBOR sia un’ inadeguata supervisione sulle ingerenze dei trading desks. Questi, dai loro uffici situati nella City ed a New York, richiedevano regolarmente agli impiegati della stessa banca, deputati alla determinazione e comunicazione quotidiana dei tassi LIBOR-EURIBOR, di aggiustarli al rialzo o al ribasso in modo tale da condizionare quelli ufficialmente comunicati dalla Thomson Reuters, conseguendo non solo profitti indebiti per conto dell’intermediario di appartenenza, ma talvolta anche per ex impiegati ed ex colleghi, le cui richieste passavano direttamente dai desks agli uffici competenti per il LIBOR-EURIBOR.
Questa situazione rendeva i due benchmarks non consistent né con i criteri BBA né con quelli EBF, dunque privi di qualsiasi valore di segnalazione in quanto in linea esclusivamente con i desiderata dei desks impegnati a trattare opzioni, futures, derivati, Treasury Bonds, in qualità di controparti di migliaia di clienti, quindi in migliaia di contratti, in ordine ai quali massimizzare i profitti o minimizzare le perdite.
Il tutto era discusso e deciso o di persona, o via emails e chats. Addirittura in alcune occasioni, i traders usarono i comuni calendari elettronici per ricordare quale richiesta fare in quale data ai submitters. Il contenuto dei messaggi riguardava soprattutto le comunicazioni del LIBOR USD 1M e 3M, la fissazione di un tasso specifico o la sua direzione, per giorni o addirittura settimane.
La condotta tenuta da Barclays nel LIBOR fixing process è stata osservata anche in ambito EURIBOR, dove i traders della banca di concerto con colleghi alle dipendenze di altri submitters presenti nei panels ed impegnati a trattare EONIA-based Swaps, Euro-based FRAs and Euro-based futures ed options, direzionavano le quote comunicate a seconda delle caratteristiche delle transazioni in cui erano impegnati. In una circostanza, un Senior Euro Swaps trader della banca produsse uno sforzo considerevole nel tentare di allineare le trading strategies dei traders di diverse banche, con l’obiettivo di influenzare l’EBF 3M EURIBOR fixing ufficiale sull’International Monetary Market (“IMM”), per poter trarre profitto dalle posizioni assunte nel mercato dei futures.
Nell’ Agosto 2007, un senior U.S. DOLLAR Libor submitter iniziò a trasmettere via e-mail alle varie divisioni delle banca alcuni reports sulla liquidità commentando la situazione dei mercati monetari e delle altre banche. Inizialmente (in detti documenti) il Senior Submitter espresse la propria convinzione in base alla quale, nel settare le comunicazioni della Bar ad un livello più alto rispetto agli altri, stesse agendo correttamente mentre diverse banche stessero comunicando tassi ingiustificatamente bassi, in special modo in un contesto di mercato in cui gli operatori erano riluttanti a prestare denaro per una durata eccedente la mensilità. Lo stesso Senior, addirittura ammise la non totale accuratezza delle proprie quote LIBOR USD, in quanto più basse rispetto a quelle che egli riteneva essere il costo (costo/opportunità) dei prestiti non garantiti per la sua banca. Per quale motivo il submitter si asteneva dal comunicarne uno più elevato? Perché il mercato e la stampa di settore avrebbero veicolato un messaggio dannoso per l’istituto, vale a dire la carenza di liquidità. A seguito di una serie di articoli apparsi di Bloomberg, Financial Times e Standard, ipotizzanti problemi sul mercato monetario per la Barclays (la quale aveva usufruito per ben due volte dell’ emergency lending facility della Bank of England) alcuni Senior Bar Treasury Managers, istruirono i submitters responsabili dell’USD LIBOR ed i loro supervisori di abbassare i tassi, in modo tale da renderli più vicini al range di tassi trasmessi dagli altri membri del panel e non tanto alti da attirare l’attenzione dei media. Essi coniarono, a tal proposito, l’espressione “head above the parapet” per descrivere la condizione di outlier assunta dalla Bar nel panel considerato, ovvero di soggetto mediamente proponente quote più alte di quelle delle altre banche, rischiando di focalizzare l’attenzione dei media, laddove avrebbero dovuto essere comprese in un range di 10bps circa rispetto alle altre; l’ordine era di restare «within the pack» – specie dopo il crack della Lehman Brothers nel settembre 2008, proprio nel tentativo di far recedere la pressione della stampa e dei mercati sulla situazione finanziaria della Barclays.
Nel caso della Rebobank la responsabilità per la definizione dei tassi LIBOR-EURIBOR fu assegnata ai traders negozianti sia prodotti cash che derivati (IRS, Forward Rate Agreements, FOREX forwards, Cross-currency Swaps, Overnight Index Swaps ed altri) al fine di soddisfare il fabbisogno finanziario quotidiano della banca, sia tramite hedging sui rischi che generando profitti. Il conflitto di interessi era inasprito dal fatto che i LIBOR-EURIBOR sumbitters della Rebo, sedevano vicino e lavoravano con gli altri derivatives traders degli altri trading desks.
I managers della banca infatti, auspicavano che gli uni e gli altri si confrontassero sulle condizioni di mercato e sulle posizioni aperte, incentivando i submitters a fare della massimizzazione dei profitti conseguita manipolando i tassi, una priorità rispetto all’aderenza ai criteri BBA-EBF, in un contesto caratterizzato dall’assoluta assenza di policies, controlli interni e procedure per la determinazione, il monitoraggio o la supervisione della coerenza delle comunicazioni LIBOR-EURIBOR, ai parametri definiti per l’accesso ai vari panels.
Dal 2006 al 2010 la Royal Bank of Scotland cercò centinaia di volte di manipolare l’indice LIBOR sulle valute Yen e Franco Svizzero ed in numerose altre occasioni, comunicò false quote al fine di beneficiare dalle proprie posizioni sul mercato monetario e sui derivati, sia singolarmente che coordinatamente ad altri attori presenti negli stessi panels, tramite 12 traders dislocati a Londra, Singapore e Tokyo. Le modalità con cui RBS condusse questo schema seguirono tutte un tema simile. La profittabilità delle posizioni della banca in derivati denominati in Yen e Franco Svizzero, come gli Interest Rate Swaps, dipendeva dal LIBOR dei pannelli Yen e Franco Svizzero, nonché dalle rispettive posizione assunte sul mercato monetario.
Essi avrebbero chiesto ai loro colleghi di produrre dati falsati favorevoli alle posizioni di trading di RBS, artatamente alti o bassi, a seconda di ciò che era necessario per conseguire un profitto. I comunicatori dei tassi spesso accolsero tali richieste presentando dati manipolati. La dichiarazione di un trader RBS ci permette di comprendere la ratio del game: «è semplicemente incredibile come il fissaggio del LIBOR possa farti fare così tanto denaro!».
RBS ha creato un contesto operativo che per un certo numero di anni ha facilitato il percorso di manipolazione in quanto traders e submitters sedevano alla stessa scrivania, accentuando il conflitto di interessi tra i target di profitto dei primi e la responsabilità dei secondi deputati a presentare quote “oneste”. Quando le due figure professionali sono state separate fisicamente (per motivi attinenti al business, non certo per preoccupazioni riguardanti la compliance), la cattiva condotta è proseguita tramite le chats Bloomberg ed un sistema di messaggistica istantanea interno. Alcuni di questi submitters erano anche traders e nel fornire i loro dati LIBOR, privilegiarono l’obiettivo di garantire la redditività delle proprie posizioni sul mercato monetario e dei derivati.
I traders della RBS impegnati nella negoziazione di derivati, hanno operato illegalmente sia con un trader UBS AG (controllata da UBS che partecipa al pannello LIBOR) nel tentativo di manipolare il LIBOR YEN, sia con un trader operativo presso un’altra panel bank nel tentativo di manipolare il LIBOR Franco Svizzero. La RBS, a sua volta, ha anche aiutato e spalleggiato i tentativi di UBS di manipolare il LIBOR Yen eseguendo wash trades (vale a dire operazioni che danno luogo a nullità finanziarie) al fine di generare commissioni di intermediazione extra destinate a compensare due broker interdealer per aiutare UBS nella sua condotta manipolativa illecita. In almeno 2 occasioni, RBS ha anche chiesto l’assistenza di un mediatore interdealer per influenzare le comunicazioni di panel banks multipli, nel tentativo di manipolare il LIBOR Yen.
RBS si impegnò nei suoi tentativi di manipolare il LIBOR Yen e Franco svizzero, nonostante le domande che poste dai media nel 2007 e nel 2008 circa l’integrità delle comunicazioni delle quote LIBOR parte delle banche, le reviews e le guidance della BBA nel 2008 e 2009 e la richiesta della Commissione dell’Aprile 2010 affinché RBS conducesse un’indagine interna relativa alle sue pratiche sul LIBOR USD. Infatti, alcuni dipendenti RBS coinvolti nella cattiva condotta erano a conoscenza delle indagini CFTC LIBOR e nonostante questo continuarono la loro condotta manipolativa tentando al contempo di nascondere la loro operatività clandestina non usando più la chat di Bloomberg e la messaggistica istantanea
I traders di RBS sono stati in grado di compiere i loro numerosi tentativi di manipolare il LIBOR Yen e Franco Svizzero per anni, perché la banca era priva di controlli interni e di sorveglianza adeguata sui trading desks. RBS non istituì alcun controllo significativo, né definì procedure e/o policies nella comunicazione dei dati LIBOR sino a Giugno 2011. Durante questo periodo, RBS sperimentò una crescita significativa sui propri trading desks operativi su Yen e Franco Svizzero, generando ricavi che si moltiplicavano nel corso degli anni.

Tra il 2012 ed il 2013 la COMMODITY FUTURES TRADING COMMISSION USA, ed altre autorità di controllo di altri Paesi hanno decretato la fine dei giochi di prestigio finanziari: resta però da capire chi e quando risarcirà le vittime dei bari della finanza globale.

Testo a cura di Luca Siviero e Francesco Maria Pellegrini, ripreso dal Blog “Tra gli Squali di Wall Street” di Francesco Maria Pellegrini su Blogspot.it