Un altro eccellente lavoro prodotto dall’associazione dei costruttori, ANCE, che con il Rapporto 2013 sulla presenza delle costruzioni italiane nel mondo fornisce una copiosa serie di dati molto utili a capire come le imprese di costruzioni siano uscite dai confini nazionali per sopravvivere al terribile calo del mercato nazionale.
Il documento dell’ANCE riassume un’indagine fatta con 36 imprese di costruzione di ogni dimensione e tipologia che hanno confermato “la dinamicità del settore, nonostante la crisi in atto. Nel 2012, la crescita del fatturato prodotto oltreconfine è stata del 11,4%, un dato che acquista ancor più valore se paragonato alla diminuzione del 4,2% del giro d’affari prodotto in Italia. Nel periodo 2004-2012, l’ “estero” è aumentato del 196,2% complessivamente, vale a dire mediamente del 14,5% ogni anno. Pochissimi settori possono vantare uno sviluppo del giro d’affari internazionale di queste dimensioni, che continuerà ad essere determinante anche in futuro, dal momento che nel corso del 2012 le imprese italiane sono riuscite ad acquisire ben 226 nuove commesse per un controvalore di oltre 12 miliardi.”
In 8 anni la quota export delle 36 imprese del campione è passata dal 31% al 58%, quasi un raddoppio, un risultato notevole che mostra la capacità di queste imprese di stare sui mercati esteri:
Questo riposizionamento è potuto avvenire grazie agli investimenti effettuati negli anni, che hanno portato ad un sempre più spinto livello del know-how tecnologico della produzione, che pone le imprese italiane ai vertici dell’industria mondiale. Se molte imprese del campione oggi lavorano stabilmente in Paesi con requisiti, dal punto di vista qualitativo, tra i più selettivi del mondo, è frutto di una particolare attenzione verso l’innovazione di prodotto e di processo, sempre nel rispetto dell’ambiente.Questo sviluppo del business ha permesso la creazione di solide partnership con i principali player internazionali del settore e con le più importanti Istituzioni finanziarie mondiali (fondi e banche d’investimento). Da sottolineare, infine, che i 36 gruppi di imprese hanno creato, o controllano, oltre 250 imprese di diritto estero (+20 rispetto allo scorso anno) in almeno 81 Paesi (8 in più in confronto al 2011).
I cambiamenti più marcati nel peso relativo delle diverse imprese si sono avuti nella componente estera: nel 2004, le imprese di dimensione maggiore rappresentavano il 75% del fatturato estero totale; otto anni dopo, il loro peso supera l’85%, segno che gran parte dell’espansione è da ricercare in questa classe di aziende. Il peso relativo delle PMI, invece, è diminuito: sono passate dall’8,3% al 6%.
A risentirne è stata soprattutto la fascia medio-bassa, ovvero quella compresa tra i 50 e i 100 milioni di fatturato che, nel periodo analizzato, fino, approssimativamente al 2010, aveva dimostrato una grande dinamicità. Dall’analisi intertemporale della struttura del campione, si è notata una certa polarizzazione del campione sia verso l’alto (molte imprese di grandi dimensione sono ulteriormente cresciute) che verso il basso, per effetto del protrarsi della crisi economica.
La ripartizione geografica delle commesse evidenzia che il Sud America, anche per il 2012, rappresenta il primo mercato per le imprese italiane, nonostante la propria quota (28%) diminuisca rispetto allo scorso anno (32%).
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