Non conto più gli articoli scritti su questo blog per stigmatizzare il problema grave dei ritardi di pagamento in Italia. Temo di essere diventato noioso, se non fosse per il fatto che le cose stanno ancora peggiorando e ora tutti si accorgono che i ritardati pagamenti finiscono per danneggiare tutti.
Ci stanno arrivando a capirlo anche le grandi imprese, che notoriamente e statisticamente sono la categoria di peggiori pagatori (chiedo scusa a tutte le grandi aziende che non usano questo sistema per farsi finanza gratis).
Lo scrive il Sole24Ore, anche per lanciare il prossimo convegno sui pagamenti co-sponsorizzato dal quotidiano economico con CRIBIS/D&B, durante il quale saranno presentati i dati poco lusinghieri sulle abitudini di pagamento italiane.
«Sto andando ora da un cliente per rimodulare i pagamenti: se le banche non intervengono dobbiamo pensarci noi, c’è poco da fare». Massimo Sobrero, direttore divisione delle cartiere Burgo, non è il solo ad avere problemi nel saldo delle fatture.
Quattro anni di crisi pesantissima, un quarto dell’output industriale svaporato, uno stock di crediti bancari che nel solo 2013 si è ridotto in Italia di 50 miliardi, hanno lasciato il segno nelle strutture finanziarie aziendali, con il risultato di peggiorare ulteriormente le performance del sistema in termini di pagamenti tra imprese.
I dati di Cribis D&B evidenziano nel primo trimestre 2014 una nuova riduzione nel tasso medio di puntualità, sceso al record negativo del 38%, un punto in meno rispetto al trimestre precedente, un crollo di quasi otto punti se il paragone è con lo stesso periodo del 2013. Dodici mesi fa i ritardi “gravi”, con pagamenti scaduti da oltre 30 giorni, erano solo l’11,1% del totale, percentuale oggi salita al 16,1% soprattutto a causa dell’impennata del dato relativo alle Pmi.
Storicamente più puntuali nei pagamenti, anche in relazione alla minore forza contrattuale rispetto alle realtà maggiori, le micro aziende fanno registrare nell’ultimo anno un’impennata del 55% dei ritardi oltre i 30 giorni. Il tasso di puntualità medio (39,8%) resta per le Pmi ancora più che doppio rispetto alle grandi aziende (in regola solo nel 16,3% dei casi) ma il trend dei “piccoli” è nettamente sfavorevole, segno di una progressiva selezione di mercato e di una massiccia polarizzazione verso due mondi diversi: da un lato chi esporta, innova e resiste; dall’altro le realtà più sbilanciate sul mercato interno. (fonte: Sole24Ore)
Non c’è molto altro da aggiungere, se non che Stato, Associazioni e persino le banche (che sono parte lesa anticipando pagamenti, ma che a loro volta pagano male i fornitori) hanno ignorato la gravità del problema e fatto praticamente nulla per fermare questa maledetta abitudine, non prevedendo che la crisi di liquidità iniziata nel 2008 (!) prima o poi avrebbe causato l’effetto di mettere in crisi il tessuto delle piccole imprese. Colpa grave perché era tutto assolutamente e facilmente prevedibile.
Articolo di F. Bolognini – fonte: linkerblog.biz