«Le banche europee devono essere ricapitalizzate e devono farlo in via privata, utilizzando l’Ue solo in caso di ultima istanza». Il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, presenta il piano Ue per l’iniezioni di nuovi capitali negli istituti di credito del Vecchio continente. Nessuna cifra sulle urgenze di liquidità, poche soluzioni concrete, molta retorica.
Ma sono due le novità. La prima è l’anticipazione del fondo permanente European stability mechanism (Esm) al 2012 invece che al 2013. La seconda è un’haircut, cioè una svalutazione sul valore nominale, dei bond greci dal 30 al 50%, invece che del 21% previsto dagli accordi del Consiglio europeo del 21 luglio scorso.
L’Europa inizia a vedere il fallimento di Atene. Di conseguenza, sta preparando un assetto finanziario capace di reggere all’urto che il default ellenico potrà avere nei confronti delle banche europee. Sebbene il presidente della Commissione Ue, Barroso, abbia ricordato al Parlamento europeo che «la sesta tranche di aiuti (8 miliardi di euro) alla Grecia è garantita», appare sempre più incerto il futuro di Atene. In particolare, dopo l’ammissione di Barroso sulle svalutazioni alle obbligazioni elleniche che le banche dovranno registrare, il focus è solo uno: arginare le perdite. Per fare ciò, gli istituti di credito dovranno «raccogliere capitali anche attraverso la mancata erogazione di dividendi e bonus», ha dichiarato Barroso.
Un importante passo avanti, ha sottolineato Barroso, potrebbe essere l’attivazione del meccanismo permanente di stabilità finanziaria Esm nel 2012, invece che nel 2013 come inizialmente previsto. «La combinazione tra il meccanismo di stabilità europea e le regole di bilancio costituirebbe un sistema di governance integrato, che permetterebbe di intervenire nella preparazione e monitorare i bilanci nazionali», ha detto Barroso. Tuttavia, è ancora ampio il dissenso nell’eurozona riguardo all’attuale fondo salva-Stati European financial stability facility (Efsf), come ha dimostrato il caso della Slovacchia. Ieri il Parlamento slovacco ha bocciato l’espansione dello Efsf, ma come ha dichiarato oggi alla tv TA3 il leader dell’opposizione Robert Fico, «si tratta solo di giorni, sarà approvato».
A tenere banco, oltre al maxi programma di ricapitalizzazione, ci sono anche gli stress test. Secondo le prove patrimoniali condotte da Merrill Lynch, per gli istituti di credito europei occorrono 413 miliardi di euro. Questo basandosi sulle proiezioni 2012 degli stress test condotti dalla European banking authority (Eba), l’organismo europeo di vigilanza bancaria. La banca d’affari statunitense ha assunto come scenario avverso una svalutazione dei bond dei Piigs (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna) nei portafogli delle istituzioni creditizie europee. Per Atene l’haircut previsto dalla simulazione è del 60% del valore nominale delle obbligazioni sottoscritte, in linea con le ultime indiscrezioni che arrivano dal presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker. Tuttavia, secondo Goldman Sachs si tratta di uno scenario conservativo, dato che le perdite per gli obbligazionisti potrebbero essere più elevate. Meno onerosa, ma comunque significativa, è la svalutazione sui bond portoghesi, pari al 40 per cento.
Ancora più basso l’haircut sui titoli di Stato di Italia, Irlanda e Spagna, 19 per cento del valore nominale. Sulla base di ciò, le 90 banche europee coinvolte negli stress test dell’Eba dovrebbero ricapitalizzarsi di 162 miliardi di euro. Tuttavia, finora non si è ancora arrivati a un quadro così pesante.
Lo scenario cambia, invece, se il common equity richiesto dall’Eba sarà del 9 per cento, come anticipato dal Financial Times. In questo caso, le banche europee dovranno affrontare una ricapitalizzazione per 143 miliardi di euro, allo stato corrente. Nella peggiore delle simulazioni di Merrill Lynch, risulta essere l’italiana UniCredit, che dovrebbe raccogliere 23 miliardi di euro. Al secondo posto troviamo l’iberica Bankia (20 miliardi di euro), particolarmente esposta su Lisbona. Al terzo c’è l’altro big italiano, Intesa Sanpaolo, che nelle proiezioni di Merrill Lynch ha bisogno di 17 miliardi di euro per adeguarsi a un common equity di 9 punti percentuali. Subito sotto la francese BNP Paribas e la tedesca Commerzbank, rispettivamente con una necessità di 15 e 14 miliardi di euro. Poi, via via la britannica Barclays (13,6 miliardi di euro), la spagnola Santander (13,4 miliardi) e la transalpina Société Générale (13,3 miliardi). Tuttavia, come ha sottolineato la stessa Merrill Lynch, non è ancora chiaro se verrà adottato uno requisito così elevato.
Nessuna cifra è stata pronunciata da Barroso. Il 21 luglio l’Europa ha tentato di darsi una rotta per uscire dalla tempesta peggiore della sua storia. Non è servito. C’è da sperare che fra pochi giorni non si facciano gli stessi errori.
Articolo ripreso da linkiesta.it