Diverse banche utilizzano scappatoie contabili per gonfiare i propri profitti e – di conseguenza – poter erogare bonus sostanziosi ai propri dirigenti. Lo dimostra un rapporto pubblicato nella mattinata di oggi dall’Adam Smith Institute (ASI) e riportato dal quotidiano Guardian.
Secondo tale studio, gli istituti di credito sarebbero in grado di utilizzare complessi prodotti finanziari al fine di poter riportare profitti che, in realtà, sono solo virtuali.
Acquistando un credit default swap, ad esempio, ci si assicura contro i titoli a rischio: e pertanto li si annovera fra i capitali certi anche se, in realtà, non lo sono. E anche se c’è la concreta possibilità che il cds alla fine non rimborsi le perdite.
Inoltre, le banche possono valutare i propri asset sulla base delle quotazioni correnti di mercato, anche se, di fatto, non riuscirebbero a venderli a tali prezzi.
Secondo l’ex banchiere Gordon Kerr, fra gli autori del rapporto, «servono riforme radicali per il sistema di norme contabili: le banche non devono più essere indotte a investire in prodotti finanziari a rischio per far sembrare i propri guadagni più alti di quanti non siano in realtà. I bilanci onesti sono la pietra miliare di un sistema finanziario solido: e, in questo momento, non esiste la trasparenza di cui abbiamo un disperato bisogno se vogliamo evitare il ripetersi della crisi del 2008».
Proprio in seguito alla crisi globale, infatti, sono stati più volte puntati i riflettori sulla gestione dei bilanci bancari. E i principi contabili internazionali (IAS/IFRS), una volta riscontrate alcune debolezze – che pure non sono state identificate come la causa scatenante della crisi – sono stati riesaminati. Ma, secondo Kerr, serve una vera e propria svolta: tanto più che – ha dichiarato – ad approfittare dei buchi legislativi sono le stesse banche che, negli anni appena trascorsi, sono state salvate dai soldi dei contribuenti. E che ora attingono a tali fondi per elargire bonus a sei zeri.
Testo ripreso da valori.it