Nostra nota: industria del risparmio gestito che sarebbe assai contenta di incassare le commissioni di certi fondi azionari che hanno generato disastri inenarrabili.
Il risparmio in Italia è una risorsa sempre più preziosa e rara. Dal 1995 al 2011, quello delle famiglie sì è dimezzato (17 anni fa avevano messo da parte 192 miliardi lordi; nel 2011, 93 miliardi). Tradotto in termini di percentuale del reddito disponibile significa una discesa dal 16,8% (valori netti) al 4,3% con una previsione del 3,2% per quest’anno.
Il caso italiano è unico tra i Paesi sviluppati, come emerge dal Primo osservatorio del risparmio promosso da Unicredit e Pioneer Investments, che ha preso in considerazione Austria, Francia Germania, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti. Siamo a livelli vicini alle economie anglosassoni, che, pur avendo invertito la tendenza negli ultimi anni, rimangono le “più cicale” tra le nazioni occidentali.
Poco ma si investe
Nel dettaglio, l’analisi dei flussi verso le attività finanziarie mostra che il 2008 ha segnato un punto di rottura in tutti i Paesi, con gli investimenti che sono rimasti sotto i livelli pre-crisi. La situazione è meno drammatica in Germania e Francia, dove la percentuale di risparmio finanziario sul reddito disponibile è superiore all’8%, mentre gli altri sono sotto il 5% con un minimo del 2% in Spagna. Nonostante la crisi, comunque, il saldo è sempre rimasto in territorio positivo a significare che le famiglie non hanno smesso di investire. Per il 2012 gli autori del rapporto si aspettano ancora un anno difficile, ma non di deflussi.
Tanta liquidità
Un altro trend che ha caratterizzato i Paesi sviluppati negli ultimi 15 anni è il progressivo aumento dei depositi e delle attività liquide, culminato dopo il 2008. In Italia, la percentuale media è del 45% del totale del risparmio finanziario, meno di altre nazioni, in particolare della Spagna e dell’area anglosassone. Prima del crac di Lehman Brothers, gli investitori avevano fatto il pieno di strumenti sofisticati, poi sono tornati su prodotti più tradizionali. In Francia, Germania, Stati Uniti e Regno Unito questo ha significato soprattutto un flusso verso le assicurazioni vita e i fondi pensione; in Italia, invece, i maggiori incrementi hanno riguardato le azioni, per lo più non quotate, il che si spiega con l’elevato numero di piccole e medie imprese. Il 2011 ha sancito il trionfo del reddito fisso nel Belpaese e in Spagna (100% dei flussi complessivi), mentre le famiglie tedesche e americane si sono liberate delle obbligazioni.
“I forti acquisti sono stati probabilmente dettati dal desiderio delle famiglie di sostenere i propri titoli del debito, anche attratti dal rialzo dei rendimenti”, si legge nel rapporto. Il segmento dei corporate bond, invece, ha beneficiato delle esigenze di finanziamento delle banche commerciali.
Il piatto non è vuoto
Nel quadro grigio del risparmio italiano non mancano le buone notizie. Secondo le stime Unicredit/Pioneer Investments, la ricchezza delle famiglie al netto delle passività era pari a 8.500 miliardi di euro a fine 2011, pari a 5,4 volte il Pil (Prodotto interno lordo) e quasi 7,8 volte il reddito lordo. Si tratta di un dato migliore di quelli di Francia, Germania e Stati Uniti. La scomposizione mostra tuttavia che la fetta più grande è rappresentata dalle attività reali, prima fra tutte la casa. Il debito pubblico, invece, è un fardello meno pensante di quanto si potrebbe pensare. A fine 2011 rappresentava il 22,3% della ricchezza delle famiglie, un livello simile a quello di Germania e Stati Uniti.
Risparmiare meglio
Nel complesso, negli ultimi 17 anni la ricchezza netta delle famiglie italiane è cresciuta, nonostante tre grandi crisi, tuttavia l’incremento è stato inferiore rispetto agli altri Paesi. Non ci sono state grandi fluttuazioni, come è avvenuto per gli inglesi e gli americani, ma il disamore per le azioni e il gestito ha fatto perdere le fasi di rally. Il 20% del portafoglio, infatti, è in obbligazioni, per la metà titoli governativi, con conseguente scarsa diversificazione. “Risparmiare meglio”, prima ancora che “risparmiare di più”, sembra essere la direttrice che suggerisce il confronto con le altre nazioni per salvaguardare ed accrescere la ricchezza. Con una breve ma importante postilla: un 2% del patrimonio dedicato ai fondi pensione è nulla rispetto al 26% degli Stati Uniti o anche solo al 14% della Germania.
Articolo ripreso da morningstar.it