Le quattro domande per riconoscere se il vostro consulente finanziario e’ davvero indipendente

Con la normativa MIFID 2, che mira a promuovere la trasparenza dei costi degli investimenti, si assiste a una massiccia conversione di bigliettini da visita: sparisce la parola “promotore finanziario”, sostituita da “consulente finanziario” o “financial advisor” e simili.

Ma non fatevi ingannare da nomi e sigle. Andate dritti alla sostanza e cercate di capire se siete di fronte a una vera consulenza indipendente o a qualche gioco delle tre carte di qualche tipo grazie a queste 4 domande.

Le 4 domande per riconoscere il consulente davvero indipendente

1 – Usa ETF, obbligazioni, azioni e fondi comuni a basso costo?

Ricordate: il consulente indipendente non guadagna sugli strumenti finanziari che inserisce in portafoglio, ma riceve una commissione fissa o percentuale, che prescinde dai prodotti finanziari. Quindi tenderà a privilegiare strumenti finanziari con commissioni di gestione e TER basse, perché a parità di altre condizioni le performance saranno migliori e il cliente più contento di averlo come consulente. Perciò, se nello strumentario del consulente ci sono solo fondi comuni, polizze unit-linked e mancano ETF, azioni e obbligazioni, è lecito insospettirsi che i guadagni del “consulente” arrivino da retrocessioni, in perfetto conflitto d’interesse con voi.

2 – Quanto pagate in totale?

Se tra commissioni di gestione e commissioni di consulenza pagate ogni anno una cifra elevata, insospettitevi, a meno che non siano inclusi molti servizi di alto livello (di solito indirizzati a chi possiede grandi patrimoni: parlo di consulenza fiscale, successoria, ecc… il mazzo di fiori al compleanno non vale quello che vi sfilano dalle tasche). Perché guardate che il nuovo giochetto di molte reti di promotori e bancarie è questo (riprendendo l’esempio precedente): se prima pagavi 3% all’anno di commissioni di gestione e io me ne tenevo i 2/3, cioè 2%, ora il 2% o giù di lì te lo retrocedo, ma mi tengo il 2% di commissione di consulenza… Uhmmm, cos’è cambiato? Niente, giusto il nome delle cose, non certo la sostanza.

3 – Insiste a dire che non vende prodotti propri?

È irrilevante, perché il conflitto d’interessi c’è anche sui prodotti altrui e nasce dal fatto che vi vendono un prodotto, anziché un altro, solo perché su di esso guadagnano di più. Il conflitto d’interesse è legato alle retrocessioni delle commissioni, non importa se di prodotti della casa o di terzi.

4 – Propone frequentemente polizze unit-linked?

Le polizze unit-linked sono prodotti opachi, che sembrano nati apposta per nascondere commissioni. Non c’è quasi mai motivo di preferire una unit-linked all’acquisto separato di una polizza vita o morte (generalmente economica) e un investimento in prodotti d’investimento a basso costo come gli ETF o, in un futuro che si sta materializzando, i fondi comuni quotati in Borsa.

Testo parzialmente ripreso dal blog degli Squali di Wall Street – blogspot.com