La difficoltà che stanno trovando le aziende oggi, paradossalmente, più che la mancanza di commesse è la incapacità di poterle soddisfare immediatamente. A questo poi si affianca la necessità della riorganizzazione del management interno che, per essere al passo con i tempi, deve riuscire ad essere flessibile e propositivo.
I metodi per superare questi gap sono diversi: aumento di personale con conseguente aumento dei costi, rivoluzione nei turni aziendali per adeguamento alla produzione con scarsa pace di tutti, limitare le commesse a ciò che si può fare. Oppure si può iniziare ad essere lungimiranti ed adottare una soluzione semplice quanto efficace: costituire una Rete di Imprese.
La parola stessa fa paura e qui in Italia, con rammarico devo sottolineare ancora una volta la divisione tra il Nord e il Sud molto più arretrato, sta realizzandosi a rilento per il solito, inevitabile scetticismo e, soprattutto, per la scarsa conoscenza e voglia di aprirsi a qualcosa di nuovo.
Eppure il metodo è così efficace da sembrare banale ed applicabile ad ogni sorta di esigenza: temporanea o duratura, senza che questo snaturi l’essenza della singola azienda stessa. In ogni caso meglio procedere con ordine e definire le linee chiave del concetto per non creare ulteriori confusioni.
Partiamo con il definire cos’è la Rete di Impresa: il concetto è stato introdotto per la prima volta dall’art. 6-bis della legge n. 133/2008 che rinviava ad un decreto del Ministro per lo Sviluppo economico la definizione delle caratteristiche delle reti dicendo che “promuovere lo sviluppo del sistema delle imprese attraverso azioni di rete che ne rafforzano le misure organizzative, l’integrazione per la filiera, lo scambio e la diffusione delle migliori tecnologie, lo sviluppo di servizi di sostegno e forme di collaborazione tra realtà produttive anche al fine di migliorare la presenza nei mercati internazionali”. Purtroppo, essendo in Italia, il decreto non uscì mai quindi solo con la legge n. 33/2009 si è avuta la disciplina della rete di imprese con la determina del suo contratto. Nonostante le successive modifiche è sempre rimasto intatto il riferimento normativo iniziale per cui per fare una rete d’imprese possono bastare anche solo due aziende.
Questo perché la cosa importante è il motivo per cui si costituisce una Rete, il suo oggetto. Se serve per realizzare un prodotto, saranno necessarie solo le aziende utili alla formazione dello stesso, se invece si parla di servizi o di scambi commerciali la cosa cambia. In questo caso potrebbero ritenere vantaggioso aderire più aziende che beneficerebbero, reciprocamente, dell’aiuto, dei contatti e dei clienti delle altre. Lo scopo principale di unioni di questo tipo è quello di, come dice la norma, “accrescere individualmente e collettivamente la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato”. Quindi, per semplificare ulteriormente il concetto, si tratta di aiutarsi reciprocamente mettendo in comune ciò che ognuno sa fare sfruttando i benefici che ne possono derivare.
La rilevanza maggiore è una: ognuno può continuare ad operare per proprio conto nel rispetto degli ambiti condivisi. Questo porta un vantaggio incredibile perché seppure la legge dice che: “gli imprenditori si obbligano, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa”, ognuno può continuare a svolgere il proprio business. L’alleanza che si crea serve a salvare l’autonomia e l’indipendenza aumentando però il fatturato e la produttività.
Non bisogna confondere però la Rete con le Ati, i Consorzi o i Distretti i quali rappresentano sì delle union ma hanno caratteristiche totalmente diverse. L’Ati nasce per la partecipazione ad un bando e per il raggiungimento dei requisiti richiesti, pertanto ha carattere episodico, mentre la rete, considerando il concetto di alleanza, si concentra su iniziative più a lungo termine andando ad incrementare la competitività degli aderenti che necessita, inevitabilmente, di tempo per realizzarsi al meglio. I Consorzi nascono per la realizzazione in comune di specifiche fasi a livello imprenditoriale e costituisce un vincolo molto stringente, a differenza della Rete che lascia libertà propria ad ognuno garantendo però un’opportunità in più per la propria economia.
Ultimamente però è da sottolineare che alcune riforme, tra cui la legge n. 221/2012, accomunano la Rete ai consorzi per l’applicabilità di alcune norme comuni e anche per l’acquisizione, eventualmente, di una soggettività giuridica. Al di là però di questo è utile dire che, se l’ATI e il Consorzio rappresentano un legame sancito davanti la legge e gli uomini, al pari di un matrimonio, la Rete costituisce un legame ma al pari di una convivenza quindi con meno vincoli soprattutto in fase di fuoriuscita dal gruppo. E non è un particolare da trascurare!
Il Distretto poi, che mi ricorda tanto la Cina con tante aziende tutte dedite alla stessa attività, specializzate in un determinato prodotto, che dividono degli spazi definiti e che, a volte, si hanno anche mense di accesso comune e case da condividere, non ha un legame stabilito da un contratto. Pertanto le collaborazioni sono spontanee e legate a particolari esigenze in un settore specifico e determinato. Nella Rete di imprese si hanno accordi in settori diversi, anche tra aziende situate in zone diverse sull’intero territorio, e inoltre… si sottoscrive un contratto a tutti gli effetti.
Le Reti di Impresa sono poi utilissime alle PMI, la grande maggioranza delle aziende presenti sul nostro territorio, che potrebbero in questo modo aumentare la loro competitività e produzione senza essere incorporati da altri soggetti e, quindi, non perdendo la loro integrità e valore.
Risulta evidente come sia necessario, comunque, una grande azione di coordinamento tra le parti oltre che l’apertura mentale verso la condivisione per il superamento di limiti finanziari, tecnici ed umani che altrimenti non si potrebbe fare.
Pensare di far parte di un mercato ormai globalizzato senza avere gli strumenti significa essere fuori da tutto, a scapito di quello che è il know how già acquisito che sarebbe un peccato perdere in questo modo. E’ logico che l’adesione ad una Rete d’impresa comporta, inevitabilmente, un’assunzione di responsabilità che è la conseguenza del fatto che si assumono diritti e doveri nelle iniziative da prendere, da cui non ci si può esimere. Ma questo, per chi fa impresa, a qualsiasi livello e dimensione, è un concetto chiaro che deve essere solo ridefinito e riadeguato alla condivisione che si crea, al numero di aziende aderenti e all’obiettivo da raggiungere.
Ma la domanda da porsi è: perché io mi devo avvicinare ad una Rete d’imprese ed aderire? Perché potrei trovare vantaggioso costituirla?
La risposta è multilivello:
- perché altrimenti non posso essere competitivo come il mercato impone;
- perché abbatto i costi per realizzare ciò che da solo non potrei;
- perché non ci sono limiti ai settori aziendali, tutti possono creare rete d’imprese senza preclusioni;
- perché l’aggregazione mi da la possibilità di avere un prodotto finito, il cosiddetto “chiavi in mano”, che semplifica il rapporto con i clienti;
- perché il cliente non ha motivo di cercare al di fuori alternative, da me e con la mia Rete ha tutto ciò di cui ha bisogno;
- sono in un contesto regolamentato mantenendo la mia indipendenza;
- mi unisco con aziende sull’intero territorio, con caratteristiche diverse, che mi permettono di crescere in innovazione e in competitività;
- posso diversificare i servizi e, magari, pensare di produrre altro;
- posso ridurre i costi, soprattutto se faccio parte dello stesso settore;
- posso scambiare delle prestazioni nel momento in cui qualcuno non riesce, da solo, a soddisfare delle commesse;
- posso diventare un soggetto più appetibile per la presentazione dei prodotti e/o servizi, rappresentando un numero di aziende unite.
I difetti di tutto questo? I risultati non sono immediati e bisogna che alla base del contratto di Rete d’Impresa ci sia fiducia reciproca e intraprendenza, inoltre deve essere chiaro che la partecipazione comporta un impegno in base al proprio ruolo. Non si può pensare di farne parte solo “una tantum”, magari quando c’è un vantaggio diretto. Verrebbe meno proprio il concetto di collaborazione e quindi la Rete stessa.
Di certo i vantaggi superano tutte le difficoltà, basti pensare a:
- Aumento delle vendite.
- Facilità di accesso a capitali.
- Riduzione dei costi di produzione (la Rete può acquisire ciò che serve alla produzione a costi minori avendo maggiore forza contrattuale).
- Riduzione dei tempi perché con la collaborazione ci si dividono gli oneri.
- Rischio ridotto visto che il fondo patrimoniale della Rete è separato da quello della singola azienda, che non rischia oltre ciò che è stato stabilito.
- Utilizzo di infrastrutture maggiori.
- Acquisizione di certificazioni o marchi commerciali.
- Ampliamento del mercato di riferimento.
- Innovazione, innovazione e innovazione.
Stimolo per le risorse umane che crescono in conoscenze e competenze confrontandosi con altre realtà, il tutto a beneficio non solo della Rete ma della produttività interna dell’azienda.
Alla base di ogni Rete d’Imprese, come detto, è il concetto di relazione, collaborazione, lavoro di gruppo; ma bisogna sottolinear che se nella fase di contrattazione e di definizione non si individuano le giuste risorse, i giusti interlocutori e uno stile di leadership partecipativo… non si va da alcuna parte.
Articolo di Marcella Loporchio, ripreso dal sito marcellaloporchio.it
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