Con l’avanzare senza fine della crisi economica e il difficile accesso al credito, per le imprese si manifesta sempre più spesso il ricorso alla Legge Fallimentare. Il ricorso a questa disciplina è frequente e cruciale, in quanto aiuta a gestire i creditori in caso di insolvenza e a contenere i danni avviando un piano di ristrutturazione del debito o di risanamento finanziario.
In caso di crisi aziendale, ad oggi la Legge offre infatti due possibilità: un accordo di ristrutturazione del debito con i creditori (art. 182-bis) e un piano di risanamento industriale (art. 67, co. 3, lett. d), che assieme consentono all’impresa di non pagare subito i creditori, tutelandoli con garanzie certificate.
Articoli 67 e 182-bis
Se un’azienda si trova in difficoltà, in base all’attuale legge, può offrire in garanzia ai suoi creditori un accordo di ristrutturazione del debito in cambio di una dilazione del pagamento (articolo 182-bis), norma inserita anche nella disciplina sugli accordi di ristrutturazione nell’ambito della riforma delle procedure concorsuali (DLgs. 5/2006).La garanzia per i creditori sta non revocabilità dei pagamenti anche in caso di fallimento, prevista dalla legge se l’azienda predispone un piano di risanamento finanziario certificato (articolo 67) idoneo a riassicurarne il riequilibrio finanziario: farà fede l’attestazione di un professionista abilitato, che sottoscrive la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano messo a punto.
Requisiti
Questa la norma di riferimento: atti, pagamenti e garanzie concesse sui beni del debitore (necessari al risanamento) non saranno soggetti all’azione revocatoria purché il piano sia attestato da un professionista iscritto al registro dei revisori dei conti con i requisiti indicati dall’art. 28, lett. a) e b) ai sensi dell’art. 2501-bis, co. 4, Codice Civile. Il Legislatore tutela quindi i creditori ma favorisce anche la possibilità di sottoscrivere accordi, fidandosi dei propositi di risanamento dell’azienda in crisi nell’arco di 3-5 anni.
Validità del Piano
Per la riduzione dell’indebitamento, quindi, si può scegliere sia di sottoscrivere accordi con i creditori sia di realizzare un piano di riassetto della gestione dell’azienda, magari con la dismissione di asset a bassa incidenza strategica.
Questo piano deve rendere l’azienda realmente capace di recuperare la piena operatività sul mercato e l’advisor, che lo elabora insieme all’impresa, deve svolgere il proprio ruolo in maniera accurata. Diversamente, in caso di fallimento c’è il rischio che il giudice delegato – anche su iniziativa del curatore – possa mettere in dubbio la ragionevolezza del piano e far venir meno i benefici per i creditori, rendendo i pagamenti dell’azienda ai creditori in convenzione passibili di revocatoria. Ciò avviene ad esempio quando, pur essendo grave la condizione finanziaria dell’azienda, si decide di applicare l’iter di cui all’art. 67 e non quello di cui all 182-bis della Legge fallimentare.
Articolo ripreso da PMI.it – autore: F_Pietroforte