Liquidita’ e Credito sono due realta’ differenti e la prima oggi e’ piu’ importante della seconda

Leggo e mi appunto una nuova ondata di allarmi, reclami e richiami affinché il sistema bancario riprenda ad erogare credito alle imprese, le quali private dei mezzi finanziari sarebbero incapaci di sostenere la ripresa dei fatturati (dove sta avvenendo). In tutto questo non mi ritrovo, anche rispetto alle osservazioni quotidiane sui casi di piccole e medie imprese che affronto.  La mia opinione è che si stia facendo molta confusione, anche nelle ricette proposte per curare il male, tra credito e liquidità.

Andiamo con un ordine logico:

1. IL CREDITO ALLE IMPRESE CONTINUA A CALARE NEL 2014

Anche in risposta a un lettore che vede nei risultati del 1° trimestre presentati da Unicredit uno spiraglio di ripresa del credito, è bene mettere i numeri in ordine. Unicredit complessivamente ha fatto un magro +0,1%, che secondo quanto pubblicato deriva da +1 miliardo sul portafoglio ‘core’ e -1 miliardo su quello non core. Ha dato credito ad aziende che ritiene sane e tolto credito a quelle che non sono sane o non sono giudicate tali.  Le altre banche hanno ridotto ancora.

2. IL CREDITO ALLE IMPRESE VA GRADUALMENTE RIDOTTO, NON AUMENTATO

Ci sono invece troppe evidenze nei bilanci delle piccole e medie di imprese che il problema è un eccesso di credito-debito, a volte concesso male e distribuito peggio nel tempo di rimborso. Lo dice la Banca d’Italia nelle sue analisi: imprese troppo indebitate, oneri finanziari che si mangiano i pochi profitti industriali, dipendenza eccessiva da un fornitore unico per giunta in difficoltà con i suoi ratios di capitale (le banche). Una quota del 35-40% delle imprese chiude in perdita e non genera autofinanziamento e flussi per rimborsare debito.Perché farle indebitare ancora?

Perciò il credito alle imprese va complessivamente ridotto, non aumentato. Ovviamente va concesso a chi ha ancora margini di indebitamento e ridotto a chi quei margini li ha abbondantemente superati e da tempo. Vera terapia da disintossicazione di debito.

3. IL PROBLEMA DELLE IMPRESE E’ LA LIQUIDITA’

La riduzione repentina o graduale del credito è certamente un problema per molte imprese. Tuttavia non è aumentando il debito bancario che si risolvono i problemi nella maggior parte dei casi. Anzi, si andrebbe solo a peggiorare il futuro senza una reale capacità di rimborso. Il vero problema delle imprese è la liquidità che manca -a cui la banca supplisce in parte- perché i pagamenti in Italia sono troppo lenti e una parte dei pagamenti è bloccata in procedure fallimentari con scarsa probabilità di recupero.

Se il problema è la liquidità la banca si deve prima di tutto preoccupare che dando un ulteriore strattone alle finanze dell’impresa poco liquida (ad esempio riducendo o revocando fidi), le dia una spinta definitiva verso l’insolvenza, da cui la banca stessa ricaverà poco nel recupero del credito. Quindi non ha quasi mai convenienza a strattonare le imprese. Deve ridurre ma con buon senso, gradualità e creando le condizioni perché nell’arco del tempo al debito si sostituisca capitale.

4. NON SERVONO GARANZIE SU NUOVI DEBITI, MA GARANZIE SU LIQUIDITA’

L’ultimo passaggio logico è che qualsiasi proposta, anche ben strutturata come ad esempio quella di Action Institute, non centra il vero problema delle piccole imprese italiane proponendo nuove erogazioni per 100-150 miliardi (male) a tassi inferiori (bene). Quello che va garantito a imprese e banche è un processo lento di affrancamento e disintossicazione dal debito bancario, diluito nel corso di parecchi anni. Una nuova massa di crediti che ci riporti ai valori del 2011 oggi visti come chiaramente eccessivi non aiuta almeno metà delle PMI a gestirsi in modo equilibrato. Per consentire questo affrancamento le banche devono trasformare crediti a breve e quote di rimborso dei mutui dei prossimi 24 mesi in finanziamenti a lungo termine, a fronte di un impegno dell’impresa di accantonare utili e aumentare il patrimonio. Alcune banche lo stanno facendo, altre non vogliono perché hanno a loro volta problemi a raccogliere capitali a medio-termine dai clienti o dai mercati e a concedere finanza a 7 anni. Perciò la soluzione del credit-crunch non deve arrivare da garanzie statali che sollevino le banche dall’onere di vigilare sulla capacità di rimborso di vecchi e nuovi crediti, in quanto ‘assicurati’ dallo Stato. Questo è sostanzialmente moral hazard.

Il sistema Italia deve garantire in prima battuta il ritorno della liquidità trattenuta dalla PA (pagando gli arretrati), in seconda battuta il pagamento a breve (30 giorni) e puntuale da parte di grandi aziende che sono liquide ma continuano a pagare male le piccole e infine deve garantire il rischio di liquidità (non quello di credito) alle banche per sostenere piani di rientro del debito già erogato a 7 o 10 anni. Questa è la garanzia che lo Stato, la CdP e la BCE possono concedere alle banche per riportare il sistema delle imprese italiane su livelli adeguati di debito rispetto al capitale. Una garanzia condizionata alla verifica che i piani di rientro siano sostenuti da validi piani industriali e da validi amministratori, senza i quali le imprese continueranno a franare. Ma nessuno sembra comprendere questo passaggio e pochi hanno la capacità di gestirlo con determinazione e competenza.

 

Articolo a cura di F. Bolognini – fonte: linkerblog.biz