L’Italia non puo’ riuscire a saldare il proprio debito pubblico

A un bambino in età pre-scolare cui si vogliono insegnare i primi rudimenti della più sana economia domestica, quando gli si regala qualche moneta gli si spiega che se le spende tutte subito per le caramelle il giorno dopo non ne avrà più per le figurine; di norma, dopo un paio di delusioni, imparano.

Un giocatore d’azzardo compulsivo, invece, si illude sempre di poter continuare a giocare, che prima o poi farà il “colpo”: finiti i soldi, ne chiede in prestito, finiti i creditori vende la fede nuziale, finiti i gioielli di famiglia si dedicherà alle rapine. Anche costui, come il bambino, imparerà suo malgrado i principi della vera economia, fondata – in prima istanza – sul valore reale, ma anche sulla gestione virtuosa dei beni.

Ciò che tuttavia diviene evidente a una persona con pochi anni di vita o a un alienato che passa le sue giornate davanti a un “videopoker” nel retro di un bar, sembra essere materia sconosciuta per le “teste pensanti” (?) degli economisti nazionali. Tra questi brillano gli autorevoli componenti della Fondazione Astrid, autodefinitasi funzionale alla “riforma delle istituzioni democratiche”, tra cui spiccano i nomi del “sottile” Giuliano Amato, l’uomo del potere nei momenti di crisi istituzionale (anche di questa?), e di Franco Bassanini, ultimamente in quota Cassa Depositi e Prestiti.

Dinanzi al dilemma del ridimensionamento del debito pubblico, come si pongono quindi – con una proposta recentemente resa pubblica – i cervelloni dell’Astrid? Ma è semplice: privatizzazioni & liberalizzazioni; la vendita dei beni e degli immobili appartenenti agli apparati e agli Enti dello Stato (ivi comprese caserme ed edilizia residenziale pubblica) e cessione delle residuali partecipazioni statali tra cui Eni, Enel, Finmeccanica, Poste e FF.SS.

Come ce la daranno a bere? Forse ancora con la favoletta dell’abbassamento delle tariffe, fenomeno che – nella oramai ventennale storia delle privatizzazioni nazionali – non si è mai verificata in nessun settore?

E soprattutto: qualcuno chiederà a Lorsignori cosa faranno quando avranno pagato – col nostro patrimonio – l’ennesima rata di un debito pubblico per sua natura inestinguibile, in quanto fondato sull’emissione monetaria a debito e sulla cessione completa della sovranità sul mezzo monetario e sull’economia? E quando avranno venduto l’ultima sede dell’Inps, quando non ci saranno più quote della società petrolifera nazionale da piazzare sul mercato, quando l’ultimo tratto di spiaggia demaniale sarà assegnato agli speculatori, quando avranno privatizzato anche la fanfara dei carabinieri, cosa si inventeranno? Cos’altro venderanno quando il fondo del barile sarà raschiato?

Non è più tempo di credere alle loro tesi criminali; non sono più credibili quanti vorrebbero tacciarli di semplice mediocrità o di mera incompetenza: costoro aspirano coscientemente ad essere i becchini di una nazione, gli uccisori dell’ultima vitalità (politica, sociale, economica) di uno Stato e di un popolo in agonia.

 

Fonte: rinascita.eu  Autore: Fabrizio Fiorini