Lo spread tra il BTP italiano e il BUND tedesco si allarga

Un altro autorevole commento di Oscar Giannino su Chicago Blog.

(N.d.r. E, se possiamo permetterci di aggiungere qualcosa, non e’ cosi’ sicuro che la notte del primo agosto in America si trovi un accordo. Anzi, pare che cresca in alcune frange del partito repubblicano la tentazione di lasciar passare la scadenza per vedere le reali reazioni dei mercati.)

Lo spread BTp -Bund è tornato a sfiorare quota 300. Ed è giusto così. Andrà peggio, nel prossimo futuro, anche se il Tesoro ha annullato oggi le aste previste per agosto, quando occorreva rifinanziare una trentina di miliardi di BTp in scadenza ( e a settembre ce ne sono altri 36).  Non faccio il gufo. E’ OVVIO che i mercati si comportino così. E se la politica italiana vuole illudersi del contrario, o sperare che l’accordo sul debito federale USA la notte del primo agosto allenterà le nostre e solo nostre tensioni, allora vuol dire che la politica italiana è completamente fuori di testa. E i fuori di testa vanno messi in condizione di non nuocere, se è possibile. La terza ondata di misure assunte per il salvataggio greco fa ammontare il totale di prestiti e garanzie europee ad Atene a una cifra superiore al suo intero debito pubblico, cioè a circa 380 miliardi di euro rispetto ai 355 di titoli pubblici in essere. Temo che questa cifra da sola dia l’idea di quanto sia risultato oneroso rinviare il più possibile una soluzione giudicabile dal mercato come adeguata al problema. Naturalmente, è una proporzione alla quale si è giunti non per totale inadeguatezza dei politici europei, ma perché così ha voluto chi tira davvero il carro, cioè i tedeschi coi loro alleati olandesi, austriaci e finlandesi, e la Polonia fuori dall’euro ma unico Paese la cui crescita economica non ha mai registrato un segno meno per un solo trimestre nella Ue.

In altre parole, il round finale di aiuti alla Grecia dà ai mercati l’esatta misura che si possono salvare  in questo modo le economie piccole, come quella greca, portoghese e irlandese. Ma che in nessun caso è pensabile di adottare misure analoghe per le economie grandi, a cominciare da quella spagnola e soprattutto continuando con la nostra.

Da venti mesi Berlino ha precisamente indicato ai mercati che occorreva finalmente distinguere il premio al rischio dei diversi Paesi dell’euroarea, e cioè che per chi tra loro aveva problemi era impensabile continuare nella pacchia di limitarsi a incamerare con l’euro minori oneri sul proprio debito pubblico grazie ai più bassi tassi d’interesse comuni, continuando ad evitare di mettere mano energicamente ai correttivi più adeguati ai guai di ciascuno.

Ed è esattamente questo, l’effetto che mi aspetto delle nuove misure. Dunque a mio giudizio sbaglia chi in Italia si aspetta che non riprendano a salire gli spreads tra Btp e Bund, e che alle prossime aste pubbliche non si incorporino nuovi elevati aumenti dei rendimenti rispetto a quelli degli analoghi titoli in scadenza che occorre rimpiazzare. Per questa stessa ragione, del resto, in assenza dell’accordo europeo che doveva ancora maturare ma evidentemente non sbagliando nel calcolo che i tedeschi avrebbero tenuto duro, la settimana precedente mi auguravo che il governo italiano approfittasse al massimo di poter contare su una manovra approvanda nel giro di 72 ore senza ulteriori mercanteggiamenti, inserendovi l’innalzamento a 70 anni dell’età pensionabile in cinque anni e non entro il 2050 come capiterà per l’effetto gradualissimo del meccanismo adottato, e varando privatizzazioni immobiliari per 3-4 punti di Pil nel prossimo triennio, al posto della disordinata batterie di aggravi di entrata e della traslazione in decreto a copertura dei saldi – cioè di spesa – del taglio lineare per 20 miliardi di detrazioni e deduzioni fiscali. Quest’ultima soluzione, non a caso forsennatamente battuta e ribattuta sulle pagine di Repubblica guardandosi bene dal dire che è prevista come soluzione di emergenza in caso di mancata adozione della riforma fiscale al 2013, costituirà senz’altro un bel regalo all’opposizione in caso di voto politico anticipato. Basterà a Pd e alleati dire che votando per loro non si tagliano deduzioni a famiglie e imprese per 20 miliardi, ed ecco come persino la patrimoniale sembrerà agli italiani più giusta e preferibile.

Tornando all’euroaccordo sulla Grecia, vediamo in sintesi chi vince e chi perde. La Bce ha in parte riequilibrato i ceffoni che da un anno e mezzo prendeva da Berlino, che l’aveva obbligata a essere l’unico soggetto chiamato a sostenere sul mercato secondario i titoli dei Paesi a rischio. Una soluzione inadeguata, che inquinava uil meccanismo di creazione della base monetaria e ledeva l’indipendenza Bce. Ora sarà “anche” l’Efsf a poterlo fare, con proprie emissioni in garanzia al mercato. Ma così congegnate le obbligazioni Efsf non sono eurobonds e non costituiscono dunque la nascita di un vero e proprio debito pubblico europeo, sono il corrispettivo della collateralizzazione sul mercato di debito a bassa solvibilità: sono insomma un CDO di quelli che avevamo imparato tre anni fa a esecrare, visto che dopo annui di ricorso massiccio a questi veicoli speciali l’effett0 generale fu scoprire semplicemente da un giorno all’altro montagne di debito a cui il mercato rifiutava di attribuire più un qualunque prezzo rispetto al nomimale.

Berlino ha vinto sulla compartecipazione “volontaria” – si fa per dire – delle banche all’allungamento della durata e all’abbassamento dei rendimenti dei titoli greci, ed è un altro punto essenziale della strategia tedesca perché il segnale che si dà alle banche italiane  spagnole è di stare leggere innanzitutto sul proprio debito pubblico, all’opposto di quanto avvenuto in tutti questi anni. Se si tiene conto che dei 355 miliardi di debito pubblico greco circa 160 risultavano alcuni mesi fa nelle mani delle banche, e che due terzi di questi 160 – circa 100 miliardi – sono in carico alle sole banche tedesche e francesi, è una dimostrazione che i tedeschi pur di tenere il punto non escludono  colpi anche alle proprie, di banche. Trentasette miliardi su 160 sono una bella tosata, pari al 23% del capitale. In cambio, è passata la richiesta francese sostenuta anche dalla Bce, e cioè che alle banche esposte sui titoli a rischio si garantisse però il sostegno europeo per le necessarie ricapitalizzazioni in caso di perdite. Perchè altrimenti il blocco del mercato a breve interbancario sarebbe proseguito, e in verità le sue difficoltà nell’ultimo mese sono state in tutto e per tutto paragonabili in Europa a quello degli ultimi giorni precedenti e di quelli successivi al crac di  Lehman Brothers.

Da Chicago-Blog.it