Il panel organizzato oggi dal Sole24Ore nel Forum Banca Impresa ha discusso ampiamente dei minibond, come canale alternativo di raccolta di mezzi finanziari per le imprese medie e piccole e si può dire che abbia certificato tutte le difficoltà di un mercato che dopo 18 mesi non è decollato e rimane una grande speranza.
Bruni di E&Y ha descritto con varie tavole informative un ‘micro mercato’ che, se si escludono alcune grandi emissioni per rifinanziare debito bancario di imprese di grandi dimensioni, ha collocato presso credit funds solo 12 emissioni nell’arco di 18 mesi e non tutte con le caratteristiche di trasparenza e di finanziamento di piani di sviluppo che avrebbe dovuto caratterizzare il nuovo mercato.
Nessuna correlazione tra prezzi (cedole) e leva finanziaria degli emittenti, come su queste pagine vi avevo raccontato esaminando il mercato e alcune emissioni. E’ sicuramente vero che nelle 20 emissioni da me contate a favore di piccole e medie imprese (vedi grafico) per un totale di soli €131 milioni sono ospitate strane emissioni collocate con una definizione diplomatica (usata da Bruni) a ‘friends & family’ non a veri investitori istituzionali.
Così come si registra tra tutte le emissioni grandi e piccole un’ampia presenza di società operanti nel settore giochi e scommesse.
Le ragioni di questo speriamo temporaneo insuccesso di uno degli strumenti che avrebbe dovuto affiancarsi al canale bancario (in calo di circa 100 miliardi nel finanziare il sistema delle imprese), sono state ricordate dai partecipanti al panel:
– dal lato degli investitori il ritardo nella raccolta dei fondi specializzati, che hanno spesso fatto più annunci che raccolta e l’assenza dei fondi pensione e comuni che non possono investire in strumenti illiquidi;
– dal lato degli emittenti la diffidenza culturale degli imprenditori nell’affrontare il requisito della trasparenza, in presenza di costi di finanziamento giudicati alti rispetto al costo del credito bancario e la concorrenza del credito bancario che proprio sulle imprese con le caratteristiche tutte positive (basso indebitamento, flussi di cassa, sviluppo e crescita del fatturato, investimenti) richieste dagli investitori, ancora offre denaro a medio o a breve termine molto meno costoso.
Tutti d’accordo che il mercato obbligazionario dei bond per medie imprese crescerà, ma tutti cauti sulla velocità di crescita, ad eccezione del CFO di Banca Popolare Vicenza che ha previsto una trentina di nuove emissioni entro fine 2014 con lo schema che la banca ha recentemente lanciato e dopo la prima emissione della TESMEC Spa.
La sola cosa stridente in uno sforzo collettivo di fare incontrare l’abbondante offerta di capitali istituzionali (fondi specializzati) e la domanda delle imprese, oggi separate da 3 o 4 punti percentuali nella cedola richiesta dagli investitori, è il tentativo tutto italico di infilare un supporto pubblico anche nel più tecnico e puro dei mercati. L’idea di attaccare la garanzia pubblica, attraverso il Fondo di Garanzia, a singole emissioni o portafogli di emissioni si scontra totalmente con l’obiettivo condiviso di promuovere l’allineamento tra offerta e domanda su criteri di qualità (trasparenza dei conti, piani di crescita e investimento) e di pricing.
Persino il nuovo CEO di BPM Castagna (che è stato per un breve periodo responsabile di un credit fund estero) ha ammesso che le banche hanno sostanzialmente prezzato male il debito a medio-lungo termine creando aspettative sbagliate e distorsioni nel mercato delle imprese. Dal lato degli investitori sia Muzinich (F.Cocco) che Zenit SGR (Rosati) hanno auspicato un mercato di imprese eccellenti che tuttavia emettendo strumenti illiquidi per definizione, potrà essere solo affrontato da gestori molto preparati i quali terranno le obbligazioni in portafoglio fino a scadenza e non potranno offrire sconti sui rendimenti.
Mentre l’AIFI, che come ha raccontato il DG Anna Gervasoni ha da poco preso sotto la sua tutela anche i Credit Funds oltre ai fondi di private equity, sta già bussando alla porta del Fondo di Garanzia del Ministero dello Sviluppo Economico per ottenere garanzie sui minibond, oltre alle garanzie concesse copiosamente sui prestiti bancari, Rosati stesso ha bocciato questi minibond OGM, modificati per mescolare il rischio di credito corporate (dell’azienda) con il rischio di credito dello Stato definendoli un ibrido sgradito nel processo di selezione degli investimenti. O uno o l’altro, o rischio Stato o rischio corporate a tasso high yield.
La penso come Rosati. Se vogliamo promuovere una vera cultura di finanza d’impresa, se vogliamo incentivare le buone imprese e i buoni imprenditori ad aprirsi un canale di finanziamento parallelo alle banche e propedeutico alla quotazione in Borsa e vogliamo riportare ai giusti valori il costo del rischio a medio termine, allora lasciamo stare sussidi e garanzie dello Stato che avranno solo il compito di alterare le condizioni di efficienza di un mercato che lavora da sempre sulla frontiera del rischio/rendimento. Evitiamo di fare del nuovo mercato italiano dei corporate bond un mostriciattolo unico in Europa.
Articolo di Bolognini Fabio – ripreso da linkerblog.biz
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.