I Minibond non hanno funzionato avanti con la prossima idea (che ci sara’ sicuramente)

Molto inflazionato ultimamente l’uso del termine ‘allarme’ nei titoli dei giornali, per attirare attenzione soprattutto quando si parla del destino delle piccole e medie imprese. Nella serie degli allarmi sulle PMI è comparso qualche giorno fa anche un ‘allarme minibond‘ da parte dell’autorevole Sole24Ore che si esprime così:

In Borsa è allarme minibond: dopo una partenza promettente, il mercato sembra in una fase di semi-stagnazione, con poche emissioni e scarsa liquidità. Anche se lo strumento continua ad essere giudicato sia dalle banche sia dalle imprese come una grande opportunità per raccogliere debito a basso costo da usare per gli investimenti, il numero di emissioni continua ad essere scarso.
L’ondata di liquidità che si è riversata sull’Europa, insomma, ha dato ben pochi benefici al mercato dei mini-bond, troppo piccolo per i grandi operatori e, a volte, troppo grande per le imprese di dimensioni minori. Non per questo chi ha puntato sui minibond intende però gettare la spugna: dal gruppo Cdp alle banche, i piani di sostegno a questo mercato sono stati riconfermati. L’allarme sui minibond è stato lanciato ieri a Piazza Affari nel corso del convegno Focus Pmi 2014 promosso dall’Istituto Tagliacarne e dallo studio LS Lexjus Sinacta.

Non è il caso di fare altri allarmismi, però in effetti questo nuovo mercato stenta a decollare nonostante gli sforzi promossi da ben tre governi (Monti, Letta e Renzi) e le emissioni che sono state quotate sul segmento specializzato ExtraMOT Pro sono purtroppo lontane dalle aspettative dopo quasi due anni dalle prime modifiche approvate per decreto. Le PMI hanno cominciato a emettere solo nel luglio 2013 e sino ad oggi -salvo errori di conteggio- sono state quotate 25 emissioni per un totale di 154 milioni.

Il mercato è vivo, gli operatori aumentano, i solleciti ad emettere provengono da fonti istituzionali (Banca d’Italia, CONSOB), da fondi specializzati, Camere di Commercio e Associazioni e più blandamente anche da banche. Nonostante il forte stimolo informativo le PMI sono ancora alla finestra e non hanno adottato in pieno il mercato obbligazionario per finanziarsi. Anche il profilo rischio-rendimento-durata appare confuso per ora, le operazioni sono poco liquide non vengono trattate sul mercato secondario e non si sono ancora allineate su una frontiera efficiente. I dati del primario contengono ampie variazioni, solo in parte determinate dall’effettivo profilo di rischio dell’emittente. Cedole annue comprese tra il 5% e il 10% non trovano sempre  giustificazione nei bilanci degli emittenti e nei prospetti ancora troppo scarni di informazioni e di business plan prospettici. Investitori istituzionali e private bank commentano spesso il mercatino dei minibond con toni alquanto freddi e diffidenti non trovandovi la stessa trasparenza e liquidità che hanno a disposizione in emissioni obbligazionarie internazionali di ogni tipo e genere.

A parte la pattuglia dei primi 25 coraggiosi il resto delle PMI sta ferma e le piccole imprese stanno scoprendo a poco a poco che questo mercato non è mai stato pensato per loro, anche se molti articoli che girano in rete ancora creano confusione sul tema dell’accesso per società di piccola e piccolissima dimensione.

Per i piccoli ci sono i bond provinciali

Alle piccole imprese le banche continuano a offrire una sponda aggiuntiva al classico fido o al mutuo, attraverso lo strumento dei bond di territorio (o meglio di provincia). Negli ultimi mesi hanno lanciato e collocato nuove emissioni BPM a Varese e Bologna, Banca Popolare di Bergamo, Banca Sella e Banco di Chiavari e ora anche MPS in ben 40 provincie. Piccoli plafond rivolti a piccole imprese con piccoli tassi. Costi di raccolta contenuti (Banco di Chiavari ha offerto l’1,60% ai sottoscrittori per 3 anni, MPS il 2%), piccoli importi (da 10.000€ a massimo 200.000€) a volte con la garanzia di un confidi (Unionfidi Piemonte nel caso di Banca Sella).

Insomma la dipendenza delle PMI dalle banche non è cambiata e difficilmente cambierà anche se il mercato dei minibond dovesse fiorire con un volume triplo o quadruplo di quello attuale. Imprese nate con le banche, che devono imparare a convivere con le banche, magari seguendo percorsi diversi.

 

Articolo di F. Bolognini – ripreso da Linkerblog.biz