Nell’ultimo biennio i debiti finanziari delle imprese si sono ridotti di oltre il 2 per cento, soprattutto per effetto del calo della componente bancaria (-7,1 per cento). La contrazione del credito ha riflesso sia la domanda molto contenuta, connessa con il calo degli investimenti e dell’attività produttiva, sia le selettive politiche di offerta delle banche.
La percentuale di aziende che dichiara di non riuscire a ottenere i finanziamenti richiesti resta elevata, soprattutto tra quelle più piccole. Dai sondaggi congiunturali emerge che negli ultimi mesi le politiche di offerta di credito da parte delle banche sarebbero rimaste tese, risultando ancora pesantemente influenzate dall’elevata rischiosità degli impieghi
Nel 2012 è stato varato dalla Cassa depositi e prestiti il nuovo Plafond PMI-Investimenti, un fondo a cui le banche possono attingere a tassi contenuti per concedere prestiti alle imprese. Lo strumento fa seguito alla positiva esperienza del precedente plafond, ora esaurito.
Fino allo scorso giugno sono stati utilizzati poco più di 2 degli 8 miliardi disponibili. Il limitato ricorso allo strumento sembra indicare che le difficoltà di provvista delle banche non costituiscano attualmente il principale ostacolo all’offerta di credito alle imprese.
In sintesi le imprese stanno già riducendo i debiti verso le banche perché devono rientrare, devono pagare le rate dei mutui e non riescono a rimpiazzare quanto è stato tolto (pari al 7,1% dei mezzi finanziari totali, non poco). Le banche hanno i fondi da prestare, ma non hanno alcuna intenzione di farlo come in passato per non prendere rischi e per non consumare lo scarso capitale che hanno a disposizione.
La domanda di credito c’è, giusta o sbagliata che sia, e non viene accolta ufficialmente per il 20% delle richieste, ufficiosamente almeno per il 40% si si vuole contare anche la percentuali di coloro che si sono stancati di chiedere e sentirsi rispondere di no. Punto. Non c’è altro d’aggiungere sulla situazione. Basta polemiche pretestuose sulla mancanza di domanda di credito.
C’è molto invece da aggiungere sui rimedi, perché appurato che il Fondo di Garanzia sta facendo uno sforzo per ‘assicurare’ le banche sui crediti così così e ridurre l’impiego di capitale, capito che non possiamo vivere di moratorie sui mutui in eterno (oramai ne hanno usufruito tutti quelli che ne avevano bisogno), immaginando che la propensione delle banche ad erogare credito arriverà forse nel 2015 e comunque avrà tratto lezioni puntuali dall’indigestione e dai mali di pancia (sofferenze e incagli) quindi sarà sempre più guardinga e selettiva, che altro ci possiamo inventare per sostenere la finanza delle imprese?
Considerato che l’asfissia delle nostre imprese deriva dalla mancanza di liquidità per pagare tasse, stipendi, tredicesime e fornitori concentrarsi su questo argomento sarebbe utile per tutti.
Lo Stato sta provando a porre rimedio al buco di oltre 100 miliardi di liquidità che ha causato alle imprese negli anni e dice di avere immesso faticosamente e tardivamente 13 miliardi nel sistema. Altra liquidità arriverebbe alle imprese se le grandi imprese pagassero puntualmente le piccole e medie in osservanza di una direttiva comunitaria che è stata tradita nella sua stessa adozione, lasciando selvaggiamente libere le piccole imprese di subire la contrattazione delle grandi sui termini di pagamento.
E’ ora di spingere sull’acceleratore per fare girare la liquidità tra le imprese costringendo tutti a pagare puntualmente (prima di tutto) e possibilmente a 30 giorni. Quei 20 giorni di ritardo medi nei pagamenti tra imprese si trasformano oggi in abuso del credito, che danneggia banche e piccole imprese. Basta.
Come dice la stessa Banca d’Italia : Le tensioni finanziarie delle imprese, dovute alla bassa redditività più che al livello del debito, si riflettono nelle difficoltà di rimborso dei crediti, bancari (cfr. il par. 3.2) e commerciali. Secondo i dati della Cerved, nel secondo trimestre del 2013 i giorni medi di ritardo nei pagamenti commerciali sono saliti a 20,5, da 19,3 nel corrispondente periodo del 2012; la percentuale di imprese con ritardi si è tuttavia ridotta di circa un punto, al 52 per cento. L’aumento dei ritardi è stato più ampio tra le imprese di piccola e media dimensione e nel comparto delle costruzioni.
L’analisi di Banca d’Italia è parzialmente inesatta: sono le grandi imprese ad avare i ritardi maggiori come è stato dimostrato proprio dai dati elaborati da CERVED e sono le grandi imprese -che hanno sempre abbondante liquidità che vanno costrette a pagare puntualmente i loro fornitori i quali poi pagano lentamente i loro fornitori perché non hanno più soldi in cassa. Questa è la realtà che tutti conoscono, in primis le associazioni di imprenditori.
Cosa stiamo aspettando a certificare anche in Italia i pagatori puntuali e a bollare i debitori scorretti? Cosa stiamo aspettando anche in Italia a imporre la legge comunitaria sui pagamenti puntuali?
Una semplice piccola idea con effetti stratosferici sulla liquidità delle imprese e sulla imprescindibile strada della riduzione dei fabbisogni di credito bancario.
Articolo di Fabio Bolognini ripreso da Linkerblog.biz
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