Una newsletter del giornalista economico inglese Jeff Thomas sta mandando in fibrillazione gli ambienti bancari e finanziari. I più preoccupati sono quelli che hanno puntato, e consigliato, investimenti in oro, visto che – stando all’inchiesta di Thomas – mancherebbero all’appello 1.800 tonnellate del prezioso metallo.
Oro che pure, sulla carta, è registrato da importanti Banche nazionali, ma di cui “fisicamente” potrebbero essersene perse le tracce. Coinvolte nella clamorosa “sparizione” la Bundesbank e la Banca nazionale austriaca. Ma anche su altri istituti centrali, Banca nazionale svizzera inclusa, c’è il dubbio che i lingotti siano effettivamente blindati nei caveau casalinghi.
Un dubbio che parte da lontano, negli anni ’50 in piena Guerra Fredda, quando la Germania – temendo un’invasione sovietica – trasferì parte del suo oro negli Usa. Affidate in custodia alle Federal Reserve di New York le 1.536 tonnellate di oro tedesco sembravano in una botte di ferro.
Almeno fino a quando, poco tempo fa, la Bundesbank ha chiesto di ispezionare la sua giacenza di metallo prezioso. Nonostante le continue rassicurazioni (sulla carta) del deposito la Fed ha rifiutato la richiesta di ispezione. “Si sapeva dell’intenzione, ufficializzata dalla stessa Bundesbank di fare rientrare fisicamente in Germania tutto l’oro di sua proprietà – dice al Caffè Werner Abegg, capo dell’informazione della Bns, svelando che molte banche centrali affidano parte delle loro riserve ad altri istituti -.
Anche l’oro della Svizzera, per diversificazione, investimento e anche sicurezza, non è tutto fisicamente nelle nostre cassaforti; é stato diviso in diversi Paesi, ma é assolutamente nella nostra disponibilità”.
Secondo la newsletter di Thomas, invece, l’oro affidato alla Fed è locato in una “banca lingotti”, che paga un interesse dell’1% con l’impegno di restituire il tutto ad una data concordata. La banca, nel frattempo, venderebbe i lingotti d’oro sul mercato open riutilizzando il ricavato per acquistare buoni del Tesoro, con un 3-4% di ritorno. Infatti la Fed ha laconicamente confermato alla Bundesbank: “Spiacenti, non possiamo farvi avere tutto l’oro in una sola volta, ma a rate, in qualche anno…”.. I
l dubbio si é esteso all’Austria, con tanto di interrogazione in Parlamento scoprendo che l’80% delle riserve (224,4 tonnellate) è nel Regno Unito. Insomma per molte banche una proprietà fisica, in lingotti d’oro, potrebbe trasformarsi in un credito, una sorta di “pagherò”. Con tutti i rischi che comporta. Se ci fosse un forte aumento della quotazione, ad esempio, la perdita sarebbe netta rispetto ai margini attualmente concordati tra locatore e banca lingotti.
E quali effetti avrebbe sul mercato anche solo l’idea che chi ha valorizzato in bilancio un importo in oro, in realtà non ce l’ha? “E chi può dirlo? – commenta Abegg -. L’oro della Confederazione resta sotto la nostra garanzia ed é al sicuro, ma non mi chieda quanto di questo é all’estero e in quali Paesi, perché non posso dirlo”.
Autore: Ezio Rocchi Balbi
Fonte: caffe.ch