La situazione dei pagamenti tra le aziende sta peggiorando invece di migliorare. Secondo i dati CRIBIS l’Italia è sempre più in fondo all’Europa come puntualità di pagamento. Peggio di noi Polonia e Portogallo. Vergogna nazionale.
Lo Stato paga con il contagocce, la Direttiva Comunitaria adottata anche in Italia non ha avuto alcun effetto: tutti (PA ma anche i privati) pagano male, con lunghe dilazioni e ampi ritardi secondo l’esperienza del panel di 9 direttori finanziari e direttori generali di imprese grandi, medie e piccole sfilati sul palco del sala convegni del Sole24Ore.
La crescita dei ritardi gravi di pagamento è triplicata dal 2010 a oggi. E peggiora.
1) le imprese ‘virtuose’ e accorte hanno capito perfettamente (qualcuno sulla propria pelle) l’importanza della liquidità, il valore di quanto si può ottenere da una gestione oculata e pervasiva (all’interno di tutte le funzioni aziendali) del portafoglio crediti alla clientela. Tutte queste imprese gestiscono attivamente, tutte rinunciano a clienti che pagano male sacrificando fatturato ma proteggendo il fondo svalutazioni, il conto economico e la tesoreria.
2) più di un CFO si è riferito al nuovo concordato in bianco come una delle peggiori riforme della legge fallimentare, valida nell’intento, disastrosa negli effetti pratici, che trasmettono il contagio della crisi di liquidità dall’impresa che blocca i pagamenti per insolvenza a tutta la sua filiera a monte di fornitori. Già detto su queste pagine, ma è sempre importante avere conferme dal fronte delle imprese.
3) è apparso evidente che i manager delle imprese (CFO e Credit Manager) sono più attenti e proattivi delle banche nella sorveglianza dei loro crediti verso i clienti. Controllano, si muovono al primo segnale di difficoltà, escono a visitare i clienti, analizzano la filiera (i clienti dei clienti) per capire dove possa verificarsi un problema e quando il problema arriva ne parlano con il cliente per trovare soluzioni.
Riflessione su quest’ultimo punto. Se un CFO di un’impresa si prende il tempo per andare a trovare i clienti a cui ha fatto e farà credito e afferma che questa è la migliore prassi per prevenire i problemi d’insolvenza perché le banche continuano a non osservare questa semplice regola e abitudine? Poi è ovvio che si finisca a contare mese dopo mese la crescita delle sofferenze, perché in tanti, troppi casi la banca che non visita i clienti non si accorge dei problemi se non quando è troppo tardi e non trova certamente soluzioni.
Alcuni giorni fa un imprenditore mi raccontava di essere riuscito grazie a una raccomandazione (!) a sedersi di fronte a un responsabile crediti di una banca e di essersi sentito dire con assoluta convinzione che ‘chi decide sui crediti non deve vedere fisicamente impresa e imprenditore, ma decidere asetticamente sui dati contenuti nella pratica di fido’. Come se incontrare un imprenditore inquinasse il giudizio del deliberante. Purtroppo non è un’affermazione isolata, è convinzione diffusa nel sistema bancario che non ci debba essere commistione fisica tra chi decide sui crediti e chi chiede credito.
Questa separatezza, che forse avrebbe avuto un valore con riferimento a episodi come quello di Banca Marche sconfinati nell’ipotesi di reato di associazione a delinquere da parte dei vertici della banca, è assurda. Chi non vede le imprese, chi non parla con l’imprenditore non può giudicare bene tutti gli aspetti qualitativi. E i risultati dell’affidarsi alla valutazione asettica del rating e alle scarne rappresentazioni del rischio contenute nelle pratiche di fido sono sotto gli occhi di tutti. Sofferenze e incagli durante cinque anni di crisi alle stelle, evidenza di barriere di protezione e valutazioni che non hanno funzionato, anche perché chiunque si occupa di crediti e crisi d’impresa oggi riconosce che le crisi si sviluppano molto più rapidamente che in passato.
E per chiudere il post su come imprese e banche gestiscono differentemente le situazioni difficili dei crediti riporto una frase sagace da parte del CFO di CoeClerici, Andrea Cederle, riferita alle banche impegnate nella gestione delle imprese in difficoltà: ‘Nella cura dei malati gravi occorre la freddezza del chirurgo, non la freddezza del killer’. Applauso.
Articolo di F. Bolognini – ripreso da linkerblog.biz
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