Private banker una professione difficile ma molto richiesta

Sicuramente ci saranno patrimoni da gestire per i prossimi 30 anni

Private banker, che passione. L’esperto di investimenti e strumenti finanziari che fornisce consulenze di gestione patrimoniale ai clienti facoltosi è la figura professionale più richiesta in Italia nel settore della finanza. Tanto che nei primi anni di attività il compenso medio per questi professionisti oscilla tra i 40 e i 60 mila euro all’anno.

A rilevare questa tendenza è l’Osservatorio Michael Page (multinazionale di ricerca e selezione di personale specializzato) sulle professioni del mondo finanziario. “Il private banker è sempre stato un profilo molto richiesto dalle banche, anche in piena crisi, perché è un driver importante per portare nuovi clienti agli istituti di credito e accrescere le masse amministrate”, spiega Danilo Curti, executive manager di Michael Page.

Il ruolo del private banker non è stato quindi toccato dai ridimensionamenti di organico che hanno interessato tutto il comparto bancario. “Al massimo – aggiunge Curti -, possono aver perso il lavoro quei banker che non sono riusciti a stabilire un contatto stretto con la propria clientela e hanno lasciato che fosse la banca a fidelizzare le persone. Diversamente, se viene da noi un bravo consulente senior con un portafoglio valido e cerca nuove opportunità, riusciamo a fissargli un colloquio con quasi tutti i nostri contatti”.

Che questa figura sia particolarmente gettonata lo conferma anche l’Aipb (Associazione italiana private banking), secondo cui l’84% delle banche attive nel segmento private prevede di assumere tra il 2014 e il 2015 nuovi consulenti, come dipendenti o con contratto di agenzia. Il numero complessivo di private banker in Italia, 5.505 (al 30 giugno 2013), è destinato quindi a salire.

Cosa fa un private banker nello specifico lo spiega alla Nuvola Marco Silvani, direttore generale della società svizzera di asset management Lemanik Sa, nonché pioniere di questo tipo di consulenza in Italia avendo contribuito alla creazione del reparto private banking di Intesa Sanpaolo.

“Il private banker – spiega Silvani – è un professionista che sa di gestione patrimoniale finanziaria ma sa muoversi nei servizi non strettamente finanziari come l’ottimizzazione fiscale, la consulenza artistica, le successioni, le consulenze immobiliari. Anche se non fornisce direttamente questi servizi, deve conoscere bene le strutture a cui appoggiarsi per dare una risposta a tutto tondo al cliente”.

Capire e intercettare le esigenze della clientela è fondamentale, anche perché si tratta di clienti molto ricchi (“si parte orientativamente da un patrimonio minimo di 3 milioni di euro”) e altrettanto esigenti e sofisticati: per ottenere commissioni significative è necessario muoversi su più fronti contemporaneamente.

Una dote indispensabile è l’empatia. “Se un consulente non ha versatilità e caratteristiche caratteriali adeguate ed è solo esperto di investimenti, non fa bene il suo mestiere: deve percepire la psicologia e lo stile di vita del suo cliente, coglierne i bisogni nascosti e coltivare un network di conoscenze tali da poter risolvere qualsiasi problema, da un’eredità alla dismissione di un’azienda di famiglia”, continua il direttore generale di Lemanik Sa.

Il ruolo di private banker è l’evoluzione naturale del gestore della clientela nelle banche. “Nasce nel mondo retail – dice Silvani – e poi, se è bravo, arriva pian piano a ricoprire questa posizione: alcuni istituti puntano anche su percorsi formativi interni e master. In genere, però, serve un’esperienza di almeno sette anni a contatto con i clienti”.

La differenza con altri ruoli, come il promotore finanziario o l’investment advisor, è netta. “L’advisor è un tecnico che conosce a fondo i mercati e che in genere ha gestito il desk azionario Italia o Europa in una casa di investimenti”, fa notare Silvani. “Mentre il banker ha un background più generalista: può curare il deposito titoli, il risparmio amministrato ma non può occuparsi, per legge, del risparmio gestito. Di solito, infatti, banker e advisor lavorano in sinergia per la stessa tipologia di clienti”.

Ma la finanza non vive solo di private banker. Nel mercato, le altre professioni più ricercate, sempre in base all’indagine di Michael Page, sono proprio gli investment advisor (“in particolare nel 2013”, afferma Danilo Curti), i compliance officer (esperti della supervisione e gestione della conformità a leggi e normative di settore), i risk manager (controllo dei rischi operativi, di credito e di mercato) e gli analisti finanziari (esperti nel determinare la struttura di capitale ottimale delle imprese e le loro necessità di finanziamento).

Al contempo, cala la domanda per i direttori amministrazione, finanza e controllo (Cfo) e in generale per tutte le figure in ambito commerciale (sales, gestori, relationship management). “In questo periodo, i gestori non hanno molto mercato perché i fondi vengono gestiti a livello internazionale in piazze europee più grandi come Londra e Francoforte o addirittura in Paesi extraeuropei”, sostiene l’executive manager di Michael Page.

“Lo stesso discorso – conclude Curti – vale per i Cfo: i processi di internalizzazione portano a una centralizzazione a livello continentale ed extraeuropeo di queste figure. In certi casi, avvengono anche processi di outsourcing e trasferimenti di giovani italiani in Paesi dell’Europa dell’Est. Non a caso, ci arrivano richieste di personale pronto a trasferirsi in Polonia, dove in questi settori c’è ancora carenza di personale qualificato rispetto alla domanda”.

 

Articoli di di M. Di Lucchio – ripreso dal blog Nuvola su corriere.it