Orizzonte temporale, esperienze precedenti, emotività, conoscenze finanziarie e origine del capitale investito. Sono questi i cinque fattori fondamentali che concorrono a definire il profilo dell’investitore privato italiano, a detta dei consulenti finanziari.
Si tende a pensare che ogni singola persona abbia una determinata propensione al rischio, mentre questa caratteristica muta al variare degli obiettivi che si vogliono raggiungere. Cambia a seconda delle finalità che guidano un investimento, come emerge dal confronto con promotori e private banker incontrati nelle principali città italiane durante il roadshow di inizio anno di Amundi.
L’orizzonte temporale, innanzitutto. “Bisogna capire quando il cliente avrà bisogno di usufruire di tale denaro”, chiarisce a Roma Eleonora Bignozzi di Copernico Sim. È importante delineare l’holding period, per meglio utilizzare i diversi strumenti di asset allocation, di cui le esperienze precedenti – ovvero come l’investitore si è mosso finora – costituiscono la premessa.
“Come in ogni campo della vita – riprende Bignozzi – le esperienze positive rafforzano una visione ottimista del futuro, e la finanza non fa eccezione. Il cliente sarà più propenso al rischio se soddisfatto dai precedenti investimenti; al contrario, un cliente deluso in passato tenderà a essere più apprensivo e a prediligere operazioni ritenute più sicure”.
La sfera emotiva così emersa è il vero centro della relazione tra consulente e investitore. “Il questionario di profilatura offre una prima indicazione generale”, spiega durante la tappa napoletana Mario Onofrio di Banca Fideuram.
“Domande come: ‘Se il mercato cala del 5% in un mese, in che misura si preoccupa?’ sono strumenti efficaci per capire chi si ha di fronte,” esemplifica Onofrio. Interrogativi utili anche a sondare le conoscenze finanziarie dell’investitore.
In ultimo, va considerata l’origine delle risorse finanziarie investite. “Se queste derivano da sacrifici e duro lavoro, o se sono originate da eredità o guadagno imprevisto. Questi ultimi casi, in genere, permettono di effettuare scelte più rischiose”, sottolinea Bignozzi.
La relazione di fiducia diventa imprescindibile. E, se scontata deve essere l’attenzione autentica ai reali bisogni del cliente, fattore discriminante divengono “competenza, monitoraggio e assistenza, successivi alla pianificazione” ribadisce Rocco Iubatti di Südtirol Bank – Alto Adige Banca.
Per allargare il parco clienti “il passaparola di clienti soddisfatti è il migliore strumento”, evidenzia a Verona Davide Magalini di Banca Euromobiliare. Tra gli obiettivi di categoria vi deve essere il “formare culturalmente i nuovi consulenti alla necessità di un rapporto più professionale e personalizzato”, aggiunge Andrea Mazzei, Copernico Sim, incontrato nella medesima tappa.
Per usare le parole di Onofrio, “bisogna fare molta consulenza, approfondendo temi come liquidità, riserva, investimento, extrarendimento e pensione, ovvero la giusta asset allocation”. E un tale approccio, attento alla cultura finanziaria del risparmiatore, sembra lo strumento migliore per contrastare i due problemi centrali della consulenza odierna, che secondo Magalini sono “la riduzione dei margini di profitto e il rapporto senza intermediari consentito dai canali virtuali di trading”.
Articolo ripreso dal blog “Gli Squali di Wall Street”