Se vogliamo continuare a credere e sostenere che le banche italiane siano solide e siano tuttora uno dei pilastri su cui il sistema economico e finanziario può contare per il futuro, se vogliamo che i prossimi interventi del governatore della Banca d’Italia siano ancora misurati e diplomatici e non si trasformino in un atto diretto di accusa ai vertici bancari allora non possiamo ignorare la sequenza di orrori che sta collegando la filiera di banche italiane in crisi, a partire da MPS passando per TERCAS, CARIFE, Banca Marche e ora CARIGE.
Perché? Precisamente perché all’esplodere di ognuna di queste crisi sono associati episodi di gestione bancaria così opaca -per essere diplomatici- da sconfinare sempre nell’indagine penale da parte delle procure e scoperchiando la pentola sono emerse situazioni dell’orrore all’interno della ‘governance‘ di queste banche.
Impegni tenuti nascosti e non contabilizzati, prodotti finanziari venduti in spregio alla tutela dei diritti del cliente, crediti erogati ad amici senza nessuna tutela del principio di valutazione del rischio, operazioni in pieno conflitto di interesse. Perché il problema non è più confinato a qualche piccola BCC o banchetta privata come il Credito Cooperativo Fiorentino, ma tocca banche di dimensione media che hanno decine di miliardi di depositi di clientela, che essendo totalmente ignara di questi maneggi rimane sbigottita e preoccupata.
Le altre banche, quelle solide, quelle senza scheletri negli armadi non possono più tollerare di essere associate a un’immagine negativa del sistema, corroborata di continuo da fatti e prove, di una gestione scriteriata e corrotta dell’intermediazione del denaro. La stessa autorità di vigilanza non deve più trovarsi nell’imbarazzo di pubblicare memoriali postumi di fronte al pubblico o al governo per discolparsi dall’accusa di una mancata vigilanza, di un mancato intervento, che invece durava da anni senza essere mai pienamente accolto dai vertici delle banche poi cadute in crisi.
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