Chi si occupa di bond vive la vita nei mercati finanziari con l’ossessione dell’inflazione. Il motivo risiede in una semplice osservazione: l’andamento dei tassi di interesse a 10 anni è largamente influenzato dall’inflazione: la sua dinamica riesce a spiegare il 75% dei movimenti degli ultimi 30 anni dei tassi americani con scadenza a 10 anni.
Poichè l’inflazione si muove molto lentamente -perchè i prezzi sono rigidi (sticky) e si aggiustano con lentezza- essa rappresenta il trend sottostante all’andamento dei tassi di interesse. Questo fattore di persistenza, in genere (ripeto: in genere), rende relativamente facile la previsione dei tassi di interesse anche in un orizzonte relativamente lungo.
Cosa succede quando un indicatore “relativamente facile” da prevedere, come l’inflazione, diventa improvvisamente un puzzle per te e per la tua banca centrale? Solo un pizzico di ortodossa politica monetaria:
- la politica monetaria è il punto fermo degli aggregati nominali, si esprime con un target (di medio periodo) sull’inflazione;
- la banca centrale ha tutti gli strumenti per raggiungere il suo obiettivo di inflazione, al netto di deviazioni transitorie causati da fattori temporanei (es. petrolio o alimentari)
E funziona questa ortodossia? Il Vice Presidente BCE Vítor Constâncio, nel suo discorso al simposio delle banche centrali, ha evidenziato la natura domestica della mancanza di inflazione. Quindi per avere più inflazione in EU serve più stimolo (monetario). Per la Fed, il Chair Janet Yellen, nel suo ormai famoso discorso dei ruttini, ha evidenziato la natura transitoria e esterna della fase sottotono dell’inflazione. In USA per vedere più inflazione serve solo un po’ più di tempo. Quindi?
- in area Euro è improbabile vedere delle soprese dall’inflazione ed è, invece, plausibile pensare ad un allungamento, se non incremento degli acquisti di titoli di stato (QE)
- In USA potremmo essere molto vicini ad una accelerazione dell’inflazione, soprattutto quella dei salari, in assenza di ulteriori significative discese del prezzo del petrolio.
Senza inflazione, i tassi di interesse sono zavorrati, costretti a mantenere dei livelli molto bassi, proteggendo allo stesso tempo gli investimenti in obbligazioni (anche se con più rischio del passato). Questa forma di “protezione” è tuttavia illusoria perchè si porta con se una forma di instabilità causata dalla polarizzazione degli investimenti che spinge ad una potenziale mis-allocazione del capitale. Tutto questo in un contesto fortemente condizionato dall’incertezza derivante dalla regolamentazione. Ma di questo parleremo in un altra occasione.
Fonte: pianoinclinato.it – autore: L_zilla
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.