Prima di fare previsioni sul 2016 è necessario tenere ben presente due concetti: consapevolezza e responsabilità. Per consapevolezza intendo la coscienza, da parte di tutti quanti gli attori dell’ecosistema, sulle opportunità di innovazione che già esistono in Italia e che non andrebbero sprecate.
Non mi riferisco tanto a chi frequenta il “nostro” mondo ogni giorno, dagli startupper agli investitori: abbiamo già fatto e rischiato tanto, anche quando non c’erano i presupposti che ci sono ora. La “coscienza” delle chance a disposizione dovrebbero averla soprattutto gli imprenditori, i decisori pubblici, l’economia “tradizionale”, i giovani, le attività commerciali, il mondo della finanza e tutte le persone che dall’innovazione digitale non potrebbero far altro che trarne beneficio.
Fuori dai denti, non possiamo permetterci di perdere un altro anno: siamo nel 2016, l’Italia non può non essere un Paese sui fronti dell’innovazione. E purtroppo al momento, se andiamo a vedere i numeri, siamo ancora un po’ indietro. La responsabilità, è connessa al primo concetto ed è nei confronti del Paese che verrà, delle aziende, dei giovani: chi è in questo ecosistema, e non solo, deve farsi animare da questa responsabilità. Senza queste due spinte, è difficile che nel 2016 ci possa essere un reale passo in avanti.
Detto questo, mi ritengo tendenzialmente ottimista per l’anno che sta iniziando. Le opportunità per fare bene ci sono. Di imprese innovative promettenti ne vedo tante. Se guardo a quelle su cui abbiamo investito noi di H-Farm mi sento di dire che il 2016 potrà essere un anno propizio per Depop, l’app per comprare e vendere dal proprio smartphone: è una bella realtà, che sta crescendo anche a livello internazionale.
Tra le aziende innovative già mature, resto sul mio territorio, il Nordest, e prevedo un’esplosione, quest’anno o nei prossimi due-tre anni, per Texa, un’impresa che ha sviluppato soluzioni innovative di comunicazione all’interno dell’automotive.
La geografia dell’innovazione è probabilmente destinata a modificarsi in base alla struttura del tessuto produttivo italiano. Se da una parte ci saranno ancora di più polarizzazioni all’interno delle grandi città, soprattutto all’interno di specifici quartieri, è probabile che ci sia un boom anche per realtà come la nostra, inserite all’interno dei distretti industriali, che si intersecano con il vero substrato produttivo della pianura Padana e del Centro-Sud e, più in generale, di ogni territorio in cui nascono le imprese.
La tendenza dell’anno sarà, e non è solo una previsione ma anche un augurio, Industry 4.0. Deve diventare un trend, se ne parlerà sempre di più, anche se l’Italia arriva sempre un filo dopo: l’automatizzazione e la digitalizzazione dei processi produttivi per le aziende italiane è necessaria. In Germania ci sono arrivati da più di un anno.
Scommetto moltissimo sul tema della formazione. Lo dico più da papà che da operatore dell’innovazione e da persona che, con H-Farm, ha investito molto su questo ambito. Dobbiamo tutti misurarci con una platea di persone – e mi riferisco ai più giovani – che stanno crescendo con una diversa impostazione culturale. Abbiamo il dovere, sempre in linea con il concetto di consapevolezza di cui parlavo prima, di offrire alle nuove generazioni una formazione che sia più in linea con questi tempi, con il digitale e con i loro ritmi di crescita. In questo senso, un progetto interessante che potrebbe avere molto successo è Alt School, che progetta esperienze di apprendimento innovative che mescolano il Reggio Emilia approach con la tecnologia.
Chi sarà il personaggio da mettere sulla copertina a fine 2016? Non uno, ma tanti: i giovani italiani, consapevoli, che prendono in mano il loro destino e colgono le grandi opportunità che ci sono in questo momento di transizione.
* Riccardo Donadon è presidente e amministratore delegato di H-Farm
Testo ripreso dal sito www.economyup.it