Alcuni giorni fa sono stato a una grande fiera di business, quelle con tanti stand minuscoli, la gente che gira a vuoto con aria impegnata e i badge appesi al collo che esaltano pancette abbondanti. Al bar i panini peggiori di quelli serviti negli Autogrill. Ho girato anche io e mi sono fermato davanti a diversi stand.
Gli unici due in cui nessuno mi ha rivolto un saluto o una richiesta per capire il mio interesse erano di banche. Banche grandi e famose. Ho preso e sfogliato a lungo il materiale esposto, tutto destinato a clientela-imprese, a mezzo metro da un bancario che non ha avuto né la cortesia, né la curiosità di sapere se fossi un imprenditore, un potenziale cliente, o magari un cliente con il conto presso la sua banca. Vestiti bene, ma totalmente passivi, come se gli fosse stato ordinato di fare solo la guardia allo stand, assicurando la presenza fisica, non l’attenzione.
Non essendo la prima volta che mi capita, mi sono chiesto: ‘perché i bancari sono privi della normale attitudine commerciale ad agganciare un cliente e conversare per capirne i bisogni e le opinioni? Chi o cosa li ha ridotti in questo stato di abulia?”
Domande importanti se si vuole comprendere come sarà erogato il credito da qui in avanti. Ora che le banche stanno ricominciando a concedere con cautela finanziamenti e tornano a spendere molti soldi in campagne pubblicitarie stampa e TV (Unicredit, Intesa, ora BNL…) non cambia il canale di vendita: i clienti sono nelle mani nel personale di rete che deve agire e scegliere. Ammettendo (ne dubito) che si facciano impressionare dalle pubblicità TV, gli imprenditori continueranno a parlare a un bancario in filiale non al CEO della banca o ai direttori marketing.
La domanda è ancora più critica pensando alle probabili ricadute negative della difficile trattativa sul rinnovo del contratto nazionale con le parti oggi molto distanti, a litigare su esuberi, riqualificazioni, svecchiamento del personale senza più soldi e premi sul banco. Importantissima perché quasi tutte le grandi banche hanno dichiarato di volere ‘riqualificare’ il personale potenziando le capacità commerciali per servire il cliente (e vendere più merce).
Non sarà facile. Le leve motivazionali rimaste sono poche, la conservazione del posto di lavoro non genera di solito guerrieri della vendita o della relazione, ma più spesso conformismo e appiattimento totale sulle procedure che, diciamolo, non hanno mai brillato per contenuto commerciale. Un esercito di 300.000 bancari demotivati, insicuri e senza una chiara visione del futuro della professione.
Gli anziani esperti contano i mesi per arrivare allo scivolo pensionistico, sperando in nuove offerte, i giovani inesperti sono malpagati e privi di un’accademia con istruttori qualificati. Paradossalmente sono più i sindacalisti bancari a chiedere a gran voce, insieme a garanzie salariali, un salto di qualità della professione, un nuovo modo di fare banca (vedi nota), mentre i vertici ABI centrano la discussione su argomenti legati a indici di efficienza e produttività, chiarendo che il modello attuale non è sostenibile.
Scuola di addestramento
A molti bancari, alla truppa manca l’attaccamento al corpo, l’orgoglio di sentirsi elite e non burocrati dietro la scrivania, di ritenere un onore nel fare parte di corpi speciali e manca l’addestramento, duro ma motivante, all’arte della dura guerra commerciale. Quella praticata da agenti, rappresentanti, venditori di milioni di imprese che non hanno mai avuto mercati garantiti. Da tempo la formazione in banca sbanda mescolando vecchi rituali e manuali con tentativi intermittenti di iniettare dosi di finanza aziendale sofisticata, che poi raramente trova vera applicazione con i problemi reali di artigiani e piccoli industriali.
Il corporate banking sta languendo o morendo senza la scuola-accademia per i guerrieri. La scuola ha perso i migliori istruttori che, dopo anni di esperienza sul campo, sappiano trasmettere la voglia di competere, le tattiche per affrontare clienti spesso ostili e non facili con poche armi commerciali (l’armamentario del gestore bancario è rimasto tecnologicamente antiquato) e senza esperienza nell’affrontare territori accidentati come quello delle imprese in difficoltà. Alla maggioranza dei bancari manca la voglia di vincere, di primeggiare, l’abilità di affrontare il cliente sul suo campo (la fabbrica) e non aspettarlo in filiale tra mucchi di carta riciclata.
Non è necessariamente colpa del singolo individuo, mancano competenze e attitudini, ritengo, perché mancano le figure carismatiche che sanno creare le motivazioni per essere un ottimo professionista del credito. E i risultati si vedono sul campo. Non bastano pochi gruppi scelti che curano 5.000 grandi imprese, la vittoria si conquista solo affrontando un milione di piccole e medie imprese, con istruttori che istillano il gusto della battaglia e comandanti che sanno ispirare i soldati ogni giorno. Invece, sembra che gli istruttori siano poco esperti e i comandanti troppo rinchiusi nelle loro riunioni strategiche.
Personalmente credo che ridare orgoglio, coraggio, attaccamento alla divisa ai dipendenti delle banche, non sia ‘mission impossible’. E’ che ci stanno provando in pochi , senza la voglia di sovvertire le abitudini, pensando (e sbagliando) che il cliente non sia… un cliente ma un materiale sempre disponibile, da sfruttare, di cui diffidare persino.
Le banche sono ogni giorno di più minacciate dalla tecnologia che può gestire a costi inferiori e con precisione chirurgica clienti a distanza facilitando l’accesso alla finanza e disintermediando tutto. Per questo motivo devono reagire sul fronte della qualità delle persone. Hanno i mezzi per farlo, per costruire nuove accademie di addestramento, trovare nuovi istruttori selezionati e mandare le nuove leve a una scuola che ringrazieranno per sempre di avere fatto, anche con esami e prove durissime.
Tra le quali, suggerimento già dato, mandare i bancari orgogliosi ad addestrarsi in azienda per periodi limitati ma istruttivi. Questa sarebbe la nuova banca e piacerebbe anche al sindacato: un po’ meno soldi ma molta competenza e tanta tanta produttività in più.
Articolo di F_Bolognini, ripreso da linkerblog_biz