C’è un’antica vena libertaria che afferma come anche la moneta debba sottostare alle leggi di mercato. Oggi la moneta è gestita dalla Banca centrale. Ma perché non potrebbero esserci vari istituti di emissione della moneta, perché questo essenziale lubrificante dell’economia non dovrebbe essere sottoposto alla libera concorrenza – e vinca il migliore?. In una delle sue consuete lezioni domenicali destinate ai giovani lettori del Sole 24 Ore, Fabrizio Galimberti si è occupato del bitcoin e, in generale delle monete elettroniche peer-to-peer. Non c’è da stupirsi che il suo giudizio sia complessivamente negativo. Nessun keynesiano, in fin dei conti, può giudicare positivamente qualsiasi tentativo di superare le monete fiat gestite da banche centrali.
Dunque, Galimberti ricorda che c’è chi vorrebbe che la moneta sottostesse alle leggi di mercato, dopodiché introduce il bitcoin.
“Un geniale e misterioso esperto – Satoshi Nakamoto – ha creato nel 2009 una moneta – denominata bitcoin – che ambisce a sostituire le monete attuali. Come funziona il bitcoin? E può diventare una vera moneta?… Lo scopo del bitcoin era quello di creare un mezzo di pagamento che possa crescere nel tempo, a seconda della domanda per il suo uso, ma che raggiunga a un certo punto un limite massimo, oltre il quale non si può andare. Queste caratteristiche sono care a coloro che vogliono sottrarre il governo della moneta ai mutevoli umori di governi e Banche centrali.”
Effettivamente, avere una moneta che non sia riproducibile in base ai “mutevoli umori di governi e banche centrali” è uno dei motivi fondamentali per andare oltre le monete fiat. Pare, però, che per Galimberti gli svantaggi (ovviamente dal punto di vista keynesiano) superino i vantaggi.
“A parte la diavoleria tecnica, serve davvero un bitcoin? Dopo aver cercato (invano?) di capire come funziona, è difficile sfuggire alla conclusione che il bitcoin sia “una soluzione alla ricerca di un problema”. É un misto di trasparenza (tutte le transazioni possono essere rintracciate) e di oscurità (non si sanno i nomi e cognomi di chi le fa, tanto che viene usato anche per riciclare danaro sporco). E poi, dice sempre il Sole 24 Ore, la politica monetaria è una cosa seria e la moneta ha bisogno di essere governata, non può essere lasciata alla mercé di un meccanismo automatico. Tanto più che alla fine – quando i bitcoin raggiungeranno – ammetto, nel 2140 – il limite massimo di 21 milioni, i prezzi dovranno scendere: una deflazione che pone – ormai lo sappiamo – più problemi di quanti ne risolve.”
Il richiamo al rischio di riciclaggio di denaro frutto di crimini è un classico da parte dei detrattori tanto di monete come il bitcoin, quanto del contante. Costoro omettono, però, un dettaglio non privo di significato: l’eliminazione del contante e l’eventuale divieto all’utilizzo di monete alternative svuoterebbe, di fatto, il diritto di proprietà di tutti coloro che hanno del denaro, dato che lo Stato, ben più di quanto già fa oggi, avrebbe il pieno controllo di tutto e tutti, senza nulla avere da invidiare al Grande Fratello di Orwell.
Quanto al fatto che la moneta abbia bisogno di essere governata, sempre secondo il Sole 24 Ore, questo è il tipico punto di vista di chi ritiene che qualcuno, più illuminato e competente di altri, debba sostituire il proprio volere a quello degli individui che interagiscono volontariamente. Ed è, a mio parere, il vero motivo di ostilità verso qualsiasi cosa metta in discussione le monete fiat emesse e gestite da banche centrali.
Ovviamente non manca neppure l’allarme del Sole 24 Ore sulla tendenza al ribasso dei prezzi che si verificherebbe una volta raggiunto il limite massimo di bitcoin. Un vero problema per chi è indulgente (per usare un eufemismo) nei confronti della svalutazione reale dei debiti mediante inflazione.
Last, but not least, la storia della volatilità delle quotazioni del bitcoin in dollari. “I grafici mostrano come il bitcoin abbia problemi di stabilità del suo valore. Nei suoi tentativi di diventare una moneta è, in un certo senso, come l’oro: ambedue instabili e ambedue ricorrono, per la creazione, ai “minatori”. La differenza è che il metallo aureo è un “barbaro relitto”, mentre il bitcoin è un “relitto del futuro”.”
Una conclusione che, come dicevo all’inizio, non deve destare stupore. Posto che tutti i beni hanno rapporti di scambio che oscillano (tra di essi e contro le diverse monete fiat oggi in circolazione), quello della instabilità è un falso problema, che tra l’altro può essere risolto senza interventi di Stato o banche centrali. Basta che una moneta non abbia corso forzoso: se è instabile, difficilmente sarà utilizzata da chi decide volontariamente con quale mezzo di pagamento regolare i propri scambi.
Molto probabilmente finora in gran parte dei casi il bitcoin è stato utilizzato più come strumento di trading o di investimento che come mezzo di pagamento. Personalmente credo che diventerà una moneta vera e propria se e quando sarà diffusamente utilizzato e in grande prevalenza come mezzo di pagamento.
Ammesso che non sia prima messo fuori gioco da Stati e banche centrali, per la felicità dei keynesiani. Nel qual caso, sfruttando la stessa logica del block chain, credo che non tarderebbero a essere introdotti nuovi strumenti alternativi alle monete fiat.
Fonte: miglioverde.eu/i-keynesiani-si-schierano-anche-contro-il-bitcoin – Autore: M_Corsini
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