Senza dubbio si possono applicare le funzionalità di bitcoin anche ad altri campi. Vorrei un po’ svecchiare quest’immagine. Non voglio andare contro quello che ha detto Nakamoto: “è solo una moneta”.
Molto riduttivo trattare il Bitcoin come una moneta. In quanto, effettivamente, è vero che non c’è bisogno di un “gold standard” nell’economia che noi conosciamo tutti i giorni, ma nel digitale non esiste alcun elemento che garantisca una rarità e una singolarità di un asset digitale che sia pari all’oro nel mondo reale. Ovvero, tutto quello che noi abbiamo in digitale oggi, salvato sui server anche delle banche, sono dati che possono essere facilmente clonati e variati, magari anche manomessi. In quanto il digitale, per sua caratteristica, è soggetto al copia-incolla. Ora, il bitcoin invece applica un algoritmo di rarità programmata pre-calcolata. Ovvero ogni bitcoin che noi mettiamo in circolazione è frutto di complesse operazioni matematiche che si sono svolte nel passato.
Pertanto, queste operazioni certificano che quella porzione di dato è stata creata soltanto in un determinato momento all’interno del nostro calendario. Ovvero, il momento in cui è stato creato quell’asset digitale ne garantisce anche la singolarità. Pertanto un bitcoin, anziché che semplicemente come moneta, può essere utilizzato come uno strumento che non ha alcun legame di liability con nessun’altra autorità su cui poter titolare, veicolare e anche garantire quelli che potrebbero essere dei contratti, quelli che vengono chiamati “smart contracts” o, semplicemente, utilizzarli come strumento di scambio. Non è necessario effettivamente che siano titolati gli scambi, per esempio, in euro uno a uno con il tasso di cambio del bitcoin.
Ma, già ci sono degli esempi, si chiamano colored coin, con cui il bitcoin è come se facesse da marca da bollo se vogliamo di tutte quelle che possono essere le transazioni digitali che non si vuole che siano clonate. Questo è il primo punto su cui io vorrei mettere l’accento, dato che la blockchain garantisce a chiunque a livello globale, decentralizzato e disintermediato, di poter scambiare dati digitali certificati nella loro autenticità. Ovvero, certificati anche come non clonabili e quindi non se ne può variare anche la semplice forma, il contenuto di questo dato. Ammetto che le transazioni sono assolutamente ridotte rispetto al resto dell’economia, ma è vero che sono in costante salita, stiamo continuando ad aumentare la media settimana su settimana, adesso siamo circa a 160mila transazioni al giorno.
Volendo ricapitolare: è vero che non c’è bisogno di un “gold standard” per quella che potrebbe essere una moneta utilizzata tutti i giorni, ma c’è assolutamente bisogno di un “gold standard” per tutti gli asset digitali e c’è bisogno di un qualcosa che ne garantisca l’unicità o la singolarità. Ora moltissime transazioni, moltissimi momenti di contatto nell’economia avvengono tramite canali digitali. Avere uno strumento decentralizzato, come il bitcoin, che possa garantire l’autenticità di queste transazioni digitali potrebbe essere uno strumento utile che probabilmente è il motivo per cui sta ricevendo molta attenzione da parte delle istituzioni.
Testo ripreso dall’incontro “Criptovalute tra opportunita e richieste di regolamentazione” – pubblicato su ilsole24ore.com
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