Un altro articolo pubblicato da Repubblica nel 1997 con una interessante storia delle riserve d’oro dell’Italia durante la guerra, prima trasportate in Germania e poi recuperate.
Niente “tesori” a Fortezza: l’oro dei nazisti non c’è più
Era eccitante pensarlo. E in buona fede ci ha creduto molta gente negli ultimi 50 anni. Inchieste giudiziarie, strane ‘confessioni’ in punto di morte, servizi giornalistici e improbabili ‘testimoni’ si sono moltiplicati, ma ora si può dire che intorno al forte di Fortezza, in Alto Adige, non c’è alcun mistero. In particolare, non ci sono tesori nascosti o proditoriamente sottratti da nazisti o neonazisti, criminali e sovversivi vari. I cultori delle dietrologie e i giallisti incalliti non se ne convinceranno mai, ma lo studio storico preparato dalla Banca d’Italia in occasione della Conferenza internazionale tenuta a Londra a dicembre, smonta le leggende dando per la prima volta un conto dettagliatissimo delle quasi 120 tonnellate d’oro che i tedeschi portarono via da Roma dopo l’8 settembre del 1943.
Dieci capitoli e tre appendici per confermare che l’oro fu prelevato dai forzieri della Banca a Roma e trasferito in quelli di Milano, poi in un tunnel blindato a Fortezza. Da qui, una parte finì in Svizzera a pagare vecchi debiti, una gran parte a Berlino a soddisfare le costose esigenze belliche di Hitler ormai prossimo alla sconfitta, e una parte minore ma non indifferente fu ritrovata dagli americani quando nel maggio 1945 occuparono il vecchio forte altoatesino e rapidamente restituita a Roma. I dettagliatissimi conti di sacche e cassette, monete e lingotti, tonnellate e milligrammi, tornano tutti e non si vede che cosa potrebbe essere rimasto nascosto a Fortezza o potrebbe esserne stato trafugato.
20 settembre 1943. Consegnati ai tedeschi 119.251,967623 kg d’oro, in 626 cassette di lingotti e 543 sacche di monete. Otto giorni dopo il tutto è a Milano, ostaggio del debole braccio di ferro tra le autorità della Repubblica sociale e i rappresentanti del Reich che ne pretendono la consegna.
16 dicembre 1943. Come compromesso si decide si spostare l’oro a Fortezza: è ancora territorio formalmente italiano, ma è controllato di fatto da un Gauleiter tedesco. Il deposito sotterraneo blindato è a due chiavi: una del comandante tedesco, l’altra dell’agenzia della Banca d’Italia di Bolzano.
5 febbraio 1944. Accordo di Fasano. La Rsi accetta di consegnare 141 milioni di marchi in oro, pari a 50.537,643
29 febbraio 1944. Invio a Berlino dell’oro richiesto. Ma si scopre dopo la guerra che ne mancavano circa 900 chili. I tedeschi però apparentemente non protestano.
20 aprile 1944. I tedeschi, per tenersi buoni gli svizzeri con cui continuano a fare affari, consentono la consegna di 23.388,780223 chili d’oro alla Svizzera. Una parte era stata accantonata come garanzia per un prestito in valuta di un consorzio di banche all’Italia e finisce alla Banca nazionale svizzera; un’altra va alla Banca dei regolamenti internazionali – un organismo internazionale che continua come se nulla fosse a funzionare durante tutta la guerra.
21 ottobre 1944. I tedeschi insistono con il governo di Salò e ottengono un secondo invio d’oro, per 60 milioni di marchi, pari a 21.505,38 chili. Anche in questo caso il peso reale dell’oro spedito a Berlino è di fatto nettamente inferiore: mancano circa 42 chili (e nei libri contabili ne comparirà addirittura un quintale e mezzo di più).
17 maggio 1945. Gli Alleati riconsegnano alla Banca d’Italia, a Roma, le 153 cassette e le 55 sacche d’oro che erano rimaste a Fortezza, per un totale di 22.941,224274 chili d’oro. La somma di questa quantità, di quelle realmente spedite in Germania, e di quelle spedite in Svizzera, dà esattamente la quantità d’oro prelevata a Roma nel settembre del ’43: fine del “mistero dell’oro di Fortezza”.
Qualcuno potrebbe, tuttavia, farsi venire dei dubbi su che cosa sia successo dell’oro inviato in Germania. Che cercava a Fortezza quel gruppo di persone che molti anni fa autorizzato dal ministero della Difesa a fare delle ricerche? L’oro arrivò veramente tutto in Germania o fu in parte predato da qualche ufficiale che prevedendo la fine lo nascose da qualche parte per usarlo dopo la guerra, magari nelle varie operazioni “Odessa” che portarono in salvo i criminali di guerra?
Si sa, l’Alto Adige in quei drammatici mesi a cavallo della fine della guerra fu un luogo di traffici spesso oscuri di documenti, soldi, uomini (fu qui, per esempio, che si ferò per qualche tempo il “latitante” Erich Priebke, prima di fuggire in Argentina). Un momento della storia della regione che va ancora studiato e indagato, ma i misteri e le zone oscure ancora da illuminare non riguardano l’oro della Banca d’Italia. Il rapporto di fine ’97, consente infatti di ricostruire anche tutte le vicissitudini dell’oro italiano dopo che ebbe varcato il passo del Brennero.
1) Tutto l’oro fu spedito e scortato da funzionari italiani e consegnato a quelli della Reichsbank.
2) Una parte del primo invio (135 sacche di monete), per circa sette tonnellate, finì al ministero degli Esteri. Il resto rimase alla banca centrale tedesca.
3) Il secondo invio restò tutto alla Banca centrale in diversi conti.
4) All’inizio del ’45, mentre i russi si avvicinavano a Berlino, i tedeschi decisero di allontare il tesoro dalla capitale:
a- L’oro italiano in possesso della Reichsbank (circa 64 tonnellate) finì con il resto dei depositi nella miniera di sale di Merkers, dove fu ritrovato dalle truppe americane. Gli americani, successivamente, versarono il tutto nel conto della Commissione tripartita che doveva redistribuire l’oro “monetario” alle banche centrali razziate dai tedeschi.
b- L’oro italiano del ministero degli Esteri fu diviso in due: tre casse da due tonnellate furono nascoste a nord, nello Schleswig Holstein, furono ritrovate dagli inglesi e (“presumibilmente”, dice il rapporto), versate anch’esse alla Commissione tripartita.
Le altre cinque tonnellate furono invece mandate in Austria all’inizio di aprile: 82 sacche in due casse furono seppellite a Hintersee, un’altra sacca in una cantina a Badgastein. Gli americani trovarono anche queste e, benché fosse chiaro che si trattava di oro italiano, le consegnarono alla banca centrale austriaca. Solo la denuncia di un cittadino austriaco particolarmente e stranamente bene informato, certo Herbert Herzog, consentì negli anni ’50 alla Banca d’Italia di protestare con austriaci e americani, ottenendo che l’oro fosse versato alla Commissione tripartita.
E la testimonianza del vecchio artigliere tedesco che l’anno scorso disse a Repubblica di aver visto un treno carico d’oro chiuso in un tunnel a Fortezza e lì “sigillato” da un bombardamento? A Fortezza non ci sono tunnel, assicurano i militari e una troupe della Rai che ha girato un servizio sul posto. Probabilmente l’artigliere vide il treno sul binario interno al forte, stretto tra due alte muraglie e coperto con la mimetizzazione. Ora sul quel binario passano i trenini che vanno in Val Pusteria. Il treno che portava l’oro italiano giunse regolarmente a Berlino. C’era e c’è tuttora un “tunnel segreto” con vagoni d’oro dentro? In ogni caso non si tratterebbe dell’oro della Banca d’Italia.
Per tanti “misteri” che risolve, lo studio della Banca d’Italia ne solleva tuttavia un’altro: perché gli italiani consegnarono ai tedeschi quasi una tonnellata d’oro in meno rispetto a quanto sostenuto? E, specialmente, perché non c’è uno straccio di documento che indichi una qualche forma di protesta da parte dei tedeschi? Potrebbe essere una nuova dimostrazione dell’atavica arte d’arrangiarsi italiana in momenti drammatici. O forse suggerire nuovi percorsi di studi sui rapporti tra i repubblichini e i tedeschi. Ma questa è un’altra storia e forse nessuno riuscirà a trovare i documenti per raccontarla.