Tassazione proporzionale all eta di chi lavora una forte provocazione

Tasse proporzionali all’eta. Una idea certamente rivoluzionaria, impossibile da attuare ma anche una provocazione che merita una riflessione. Un articolo tutto da leggere.

Brevissima premessa: spesso gli economisti utilizzano un linguaggio complicato per spiegare e dimostrare le proprie proposte. E spesso i “comuni mortali” non ci capiscono nulla. La proposta che segue è formulata in maniera semplificata, anche perché chi la propone non è un economista.Veniamo al dunque. Il mercato del lavoro, a differenza di altri mercati (come quello delle patate, delle cipolle e dei televisori), è condizionato in minima parte dall’offerta (e solo a suo vantaggio).

Questo vuol dire che un’azienda che volesse assumere un’impiegata la pagherà la stessa cifra – in termini di retribuzione e tasse – sia che il tasso di disoccupazione sia inferiore al 6% sia che superi il 15%. Se così non fosse le aziende avrebbero un potere di negoziazione troppo superiore a quello dei lavoratori. D’altro canto, però, è “compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (art.3 Cost.). Il problema è dunque il seguente: come si possono rimuovere questi ostacoli adottando misure convenienti per le aziende e per i lavoratori? Ma soprattutto: come si può far fronte a un problema, come quello della disoccupazione, così diverso da una Regione all’altra e da una fascia d’età all’altra? Le risposte, come sempre, stanno nelle domande. Per rimuovere gli ostacoli all’occupazione si potrebbero offrire incentivi alle assunzioni, differenziati per regione, fascia d’età e in alcuni casi sesso.

Facciamo un esempio. L’azienda “Tonno Rosa” S.p.A. operante in Calabria ha bisogno di nuovi dipendenti per il lancio di un nuovo prodotto: “il Super Tonno Rosa”. All’interno dell’azienda c’è uno stagista 25 enne, Mario Rossi, che ha dimostrato di avere spiccate capacità nel lancio di nuovi prodotti. Tuttavia l’azienda invece di assumere qualcuno a tempo indeterminato preferisce assumerlo a tempo determinato, perché è meno rischioso e più conveniente (solo per l’azienda). Come indirizzare allora la scelta del Gruppo Tonno Rosa S.p.A. sullo stagista – appartenente ad una categoria che patisce maggiormente la disoccupazione – piuttosto che su una figura meno svantaggiata socialmente? Una risposta potrebbe essere: offrendo all’azienda uno sconto sulle tasse da pagare su quel lavoratore pari al tasso di disoccupazione per la fascia d’età a cui questo appartiene. Il tutto per i primi 5 anni e solo nel caso in cui il lavoratore venga assunto a tempo indeterminato.

Di conseguenza la Tonno Rosa S.p.A. sarà incentivata ad offrire un contratto a Mario Rossi, che essendo un 25enne in cerca di lavoro in Calabria, farà risparmiare alla sua azienda il 60% di tasse per il primo anno e il corrispettivo – determinato in base a dati Istat o elaborati appositamente – per gli anni successivi. La Tonno Rosa S.p.A., dunque, invece che pagare 10mila euro di tasse, per un anno di lavoro di Mario Rossi, ne pagherà solo 4mila. Inoltre un sistema di incentivi di questo tipo porterebbe la Tonno Rosa S.p.A. a preferire lavoratori appartenenti ad una categoria svantaggiata dal punto di vista occupazionale, contribuendo in maniera sensibile allo sviluppo del Paese. Inoltre alla fine dei cinque anni – proprio per rendere l’assunzione a tempo indeterminato più interessante – il beneficio si continuerebbe ad estendere alla società ridotto della metà.

Per permettere a un sistema del genere di funzionare efficacemente – disincentivando così il nero e l’immobilità del mercato del lavoro – sono necessari alcuni correttivi (che non elencherò in questa sede per non creare confusione). In poche parole tasse flessibili e meno precariato permanente.

Inoltre sarebbero altrettanto necessarie alcune modifiche al diritto del lavoro.
Due su tutte: rendere più remunerativi i contratti a tempo determinato; e rendere un pochino meno intoccabili i lavoratori a tempo indeterminato.

Questo tipo di incentivo, infine, converrebbe anche allo Stato. E’ infatti evidente che sul breve, medio e lungo periodo, una minore disoccupazione corrisponde a un maggior benessere. Tale proposta, anche se ad uno stato grezzo, potrà essere migliorata – o rifiutata -, ma ciò che è certo è che è il frutto di un’esigenza del mercato e dei cittadini: quella di sapersi adattare ai continui cambiamenti di cui siamo immobili spettatori.

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