Torino, la città che più è cambiata nell’ultimo ventennio, tra amministrazioni monocolore e un indice di popolarità dei propri sindaci altissimo, è oggi a rischio default, essendo una tra le più indebitate dell’intera Europa.
Un rischio di cui nessuno parla volentieri ma che in Sala Rossa, il luogo più significativo del Consiglio comunale, tutti conoscono. Il sindaco Piero Fassino eredita una situazione grave che non può denunciare ma che al tempo stesso deve, a ogni costo, risolvere.
Certo, Fassino è fortemente penalizzato dai tagli del governo centrale che scarica sugli enti locali i costi per raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013. Rimane il fatto che Torino è esposta verso il sistema bancario per 4,2 miliardi di euro. Cifra confermata di recente dalle agenzie di rating.
L‘opposizione lo incalza quotidianamente su temi come gli emolumenti e i premi di dirigenti e consulenti (il City manager per cui sono previsti a bilancio 600 mila euro all’anno, il portavoce personale del sindaco che costerà 186 mila, ecc.).
Eppure il risanamento effettivo, che passa per una profonda ristrutturazione della macchina comunale, prende le mosse proprio in questi giorni con la costituzione di una holding di partecipazioni. Il disegno concepito dagli assessori Gianguido Passoni e Tom Dealessandri prevede la creazione di un veicolo societario a cui verranno conferite le partecipazioni in GTT, AMIAT, TRM al momento sotto il controllo diretto della Città di Torino. Diverso il discorso di SAGAT, già nel perimetro della holding. In un secondo momento, come reso d’obbligo dal decreto di ferragosto, la holding aprirà ai privati il capitale di GTT, AMIAT e TRM che, inevitabilmente andranno ad integrarsi con grandi gruppi privati operanti nei rispettivi settori.
Il Comune manterrà comunque il controllo con circa il 60% di ogni società. È presumibile che tale operazione concorra in concreto ad abbassare il fardello di debito sulla Città ed aumentare l’efficienza nella gestione delle società in questione.
Oltre ai recenti scandali legati ai super compensi dei manager, rimane il fatto che le partecipate nell’ultimo decennio sono state amministrate secondo logiche estranee all’economicità ed efficienza dei servizi resi alla cittadinanza. Fatto inconfutabile rilevato dai soggetti che sono stati selezionati per valutare GTT, AMIAT e TRM. Raccoglifoglie assunti in periodo elettorale e in generale un organico sovradimensionato, rappresentano un costo elevatissimo che in un simile momento congiunturale non può essere più sostenuto dalla collettività.
È auspicabile inoltre che la holding eserciti un effettivo controllo sui conti delle partecipate. Attività che sarebbe dovuta essere di pertinenza di appositi uffici comunali. E che invece spesso si è limitata ad una timida ratifica dei business plan fantasiosi inviati di anno in anno dalle controllate al proprio controllore. L’attività di gestione delle partecipazioni, fin ora svolta da dirigenti con una forte connotazione burocratica e pubblicistica con poca dimestichezza delle dinamiche di società private, quali a tutti gli effetti sono GTT, AMIAT e TRM, non può più essere ammessa a fronte dell’apertura del capitale a grandi gruppi privati la cui azione deve essere monitorata con attenzione. Occorre invece introdurre prassi quali il controllo di gestione e un auditing centralizzato per implementare l’efficienza e ridurre drasticamente gli sprechi a favore di migliori servizi erogati alla cittadinanza e redditualità delle società.
A tal proposito spiace rilevare come negli ultimi anni i risultati di gestione di AMIAT siano stati così scarsi (sebbene l’anno scorso abbia registrato un utile), nonostante la società operi in un business così redditizio che in altre aree del paese scatena addirittura gli appetiti della camorra. Tagli agli sprechi ed efficienza non possono che derivare da un miglioramento della struttura di controllo che ad oggi fa acqua da tutte le parti e che vede dirigenti con competenze in sociologia – uno dei quali, sub iudice, per il concorso da dirigenti bandito dalla Città e finito davanti al Consiglio di Stato – gestire realtà troppo complesse per la loro preparazione.
Altro problema da risolvere sono le partecipazioni attualmente in portafoglio ad FCT, la società mediante la quale verrà realizzata la holding di partecipazioni. Al momento infatti FCT possiede già altre partecipazioni, come La Finanziaria Centrale del Latte, che non sono strategiche per la Città. È giusto quindi che quanto prima vengano smobilitate per concorrere al risanamento del Comune. Non ci sono più risorse per alimentare i carrozzini pubblici della finanza locale, tanto cari all’assessore al bilancio della prima giunta guidata da Sergio Chiamparino.
Nei prossimi mesi si vedranno numerose privatizzazioni (per l’opposizione “svendite”) di immobili, oltre che delle predette partecipate, ma soprattutto sarà interessante osservare come Fassino riuscirà a conciliare le sue grandi aspirazioni di “punto di riferimento” per il Nord Italia di un rinnovato PD concorrenziale con la Lega Nord, essendosi trovato in un pantano economico molto più simile alle sabbie mobili di quanto non si aspettasse.
Articolo ripreso da linkiesta.it