Vedo che con notevole ritardo sulla stampa si è animato il dibattito sull’opportunità di creare una ‘bad bank‘ italiana, che ramazzi una grossa fetta dei 150 miliardi di sofferenze accumulate negli ultimi 5 anni nei bilanci del sistema bancario nazionale.
La miccia è stata un articolo del FT che svelava le intenzioni di Intesa SanPaolo (non confermate ufficialmente), a cui sono seguite le vendite di grossi portafogli NPL da parte di Unicredit e ora è diventato argomento caldo. Per quanto mi riguarda saranno almeno due anni che penso e l’ho scritto esattamente un anno fa.
Ritenevo che si dovesse fare qualcosa simile a ciò che la Spagna ha fatto con le sue banche gravate di sofferenze alla totale indigestione e la Spagna la sua bad bank di gruppo se l’è fatta finanziare in parte dalla Unione Europea. A noi che abbiamo tentennato per anni raccontando come sono solide le nostre banche nessuno darà un euro e dovremo cavarcela con qualche soluzione nostrana (alla Cdp fischiano già le orecchie). In questi anni si sapeva che ABI stava lavorando a un progetto segreto, così segreto che non è mai uscito e Banca d’Italia storceva la bocca pubblicamente quando se ne parlava, probabilmente perché sapeva molte cose che noi non possiamo sapere.
Ma prima di arrivare a capire se e come si possa fare una discarica di sofferenze italiane – che poi sarà rivestita elegantemente da veicolo finanziario e magari si presenterà ad emettere altro debito per finanziarsele- credo che servano diversi passaggi. Uno di quelli che vi suggerisco è di cominciare a vedere se la bad bank vada bene per caso anche ai bad boys, che sarebbero le banche notoriamente in difficoltà o perché sono state decapitate al vertice e affidate dalla Banca d’Italia e dal Ministero dell’Economia e delle Finanze a dei commissari, o quelle che non sono state commissariate ma sono state avvisate (sempre secondo quanto pubblicato dalla stampa) con un cartellino giallo. A partire da MPS, per seguire con Carige e ora anche le due popolari venete Veneto Banca e Popolare Marostica e Banca Etruria ad Arezzo.
Faccio notare che solo questi 9 cattivi ragazzi pesano per 225 miliardi su un totale di circa 1.900 miliardi di crediti all’economia (famiglie+imprese), circa il 12%. Fino al 31.12.2012 avevano già ridotto i crediti di 18 miliardi a un ritmo superiore alla media del sistema bancario. Vedremo i bilanci a fine 2013 ma aspettarsi che queste banche abbiano largheggiato nell’anno in cui sono stati anche messe sotto stretta sorveglianza è difficile. Tuttavia si vede come a Genova e a Spoleto fino al dicembre 2012 si sia marciato forte.
Uno dei motivi che considero alla base della previsione che il credit crunch prosegua anche nel 2014 è proprio che diverse banche medie e grandi devono frenare e frenare in fretta. Credo che valga anche per MPS che invece avrebbe bisogno di spingere per fare maggiore redditività, ma il rispetto dei ratios patrimoniali alla vigilia dello stress test in BCE consiglierà molta prudenza.
Ora si passa a vedere cosa queste 9 banche hanno combinato sul fronte delle sofferenze e degli accantonamenti con altre due tabelle.
I bad boys avevano a fine 2012 quasi 25 miliardi di sofferenze a cui dovremmo aggiungere la fetta di TERCAS che, essendo stata commissariata, ha cessato di pubblicare il bilancio. I noti sospetti hanno imbarcato molta acqua: MPS passando dall’8% al 12,2% dei crediti alla clientela, Banca Etruria dal 6,5% al 14,6% e CARIFE ha battuto il record arrivando quasi al 30%, tre volte il 10% del 2010. Complimenti. Veneto Banca e CARIGE sembravano in acque tranquille ma già con le semestrali 2013 le loro sofferenze erano salite di molto e l’ultimo trimestre sarà stato di pulizie forzate. In media tutti insieme sono all’11% lordo.
Nella pattuglia Veneto Banca è stata inserita un po’ a sorpresa e forse non merita del tutto questi compagni, ma certo se -come sembra- la Banca d’Italia ha scoperchiato sepolcri al punto di suggerire che ci sia un rafforzamento a mezzo di fusione con altri, qualcosa deve avere trovato durante l’ultima ispezione, come era successo a tutte le altre 8.
Ultimo passaggio, ma molto importante in ottica bad bank. A quale valore queste banche si portano in bilancio le sofferenze ? Sofferenze che -sono crediti cosiddetti di difficile esigibilità- lette all’incontrario sono perdite che spesso raggiungono il 70-80% anche in presenza di garanzie.
Ora se la soluzione Bad Bank è fatta senza troppi trucchi, per liberarsi delle sofferenze la banca deve venderle a titolo definitivo, senza elastici, a qualcuno che compra per guadagnarci recuperando più del prezzo di acquisto (molti fondi esteri stanno scaldando i motori) o per parcheggiandole in attesa di guadagni futuri. Ma se la banca vende e incassa meno della differenza tra sofferenze lorde (2a tabella) e rettifiche (3a tabella) ogni euro finisce nel conto profitti e perdite, che già sta piangendo. Quindi fate un po’ di conti ma quanti sono i compratori di sofferenze pronti a pagare 40 centesimi (o al 40%)?
Le banche per dare un valore superiore alle sofferenze fanno affidamento sulle tante garanzie ipotecarie sottostanti. Per motivi diversi ho la sensazione che prendere possesso delle prime case sulle quali gran parte dei 700.000 debitori privati in sofferenza hanno fatto il mutuo non sarà semplice. Mentre per i debitori in sofferenza dal lato imprese, tra fallimenti e concordati c’è poco da sorridere quando si va a escutere in asta fallimentare un capannone in Brianza o nel Veneto. Quindi… vedremo come andrà a finire. O torneremo in argomento.
Articolo di Fabio Bolognini – ripreso da linkerblog.biz
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