Come finanziare le nostre PMI, questo e’ il vero problema dell’Italia.
Abbbaimo visto in un articolo precedente che con 200 miliardi le banche finanziano un milione di PMI (sono 1.116.000 i rapporti affidati secondo Banca d’Italia) con prestiti micro (importo medio di meno di 200.000 €) e abbiamo scoperto che le PMI non sono affatto più rischiose per le banche, a giudicare dai tassi di sofferenza, ma ricevono meno accesso al credito.
Nel frattempo tutta la stampa si è mobilitata per commentare la necessità di trovare un rimedio al credit-crunch, alla prolungata riluttanza delle banche nel finanziare le PMI e ora si affastellano contributi di studiosi e economisti che hanno già in mano la soluzione, un flusso che aumenterà dopo che anche lo studio della BCE -portato ieri all’onore della cronaca- testimonia che il credito non arriva alle imprese. Proviamo a parlare di ‘finanza alternativa’ per le imprese, alternativa al credito bancario naturalmente.
Non ci sono tantissime alternative al sistema ‘bancocentrico’ italiano. Escludendo l’ipotesi di una banca pubblica per dare credito alle PMI, come hanno scelto di fare i francesi e su cui ci sarebbe molto da discutere, l’alternativa di mercato consiste nel fare emettere debito alle imprese e sperare che ci sia qualche investitore disposto ad acquistarlo. Tre sono le opzioni a disposizione:
1. le cartolarizzazioni di prestiti bancari, attraverso le quali impacchettare tanti piccoli finanziamenti infilarli in una società costituita appositamente che poi emette obbligazioni da vendere a investitori, liberando così il bilancio della banca che ha creato il veicolo. Attualmente questo viene fatto dalle banche ma i titoli vengono dati in garanzia alla BCE per ottenere liquidità.
2. i fondi (credit funds) che acquistano obbligazioni emesse da imprese, anche da PMI.
3. le emissioni obbligazionarie fatte direttamente dalle imprese sul mercato internazionale o domestico.
Scartata la prima (che dipende dalla volontà delle banche), considerata la seconda un surrogato della terza, mi soffermo sull’ultima per fare notare subito due elementi,nell’attesa che le nostre PMI si precipitino ad usare la normativa prevista dal decreto legge sulla crescita che facilita l’emissione dei cosiddetti ‘mini-bond’. Le recenti emissioni fatte da imprese italiane sono indicate nella tabella successiva:
La tabella comprende sia emissioni che hanno utilizzato la nuova normativa, che emissioni ‘normali’, ma penso che saltino all’occhio due aspetti:
– gli importi di queste emissioni sono tutti fuori dalla portata delle PMI: da 180 a 780 milioni di debito. Del resto basta vedere i fatturati delle società emittenti per capire che siamo ben lontani dalla fascia delle piccole imprese e persino da quella delle medie. Aggiungo anche che in 2 casi (Guala e Rottapharm) le obbligazioni hanno rifinanziato debito bancario su operazioni strutturate a leva e in tre casi (Guala, Zobele e Cerved) gli emittenti sono controllati da fondi di private equity non da famiglie di imprenditori.
– i tassi d’interesse a cui sono stati emessi i titoli a 5 o 7 anni sono elevati e non sembrano così convenienti o migliori di quelli praticati dal sistema bancario alle imprese. Al costo del debito che va corrisposto sulle cedole occorre poi aggiungere il costo tutt’altro che banale necessario a pagare le banche che curano il collocamento e tutti gli altri costi fissi tra cui quelli legali per la complessa documentazione (prospetti e contratti) necessaria a realizzare l’emissione. Costi che superano di molto anche quella noiosa commissione di istruttoria che le banche applicano sui nuovi finanziamenti.
Perciò al momento si può solo dire che il mercato delle obbligazioni delle PMI non esiste ancora. Una piccola emissione di 3 milioni fatta dalla società piemontese CAAR, che lascia perplessità sul requisito della liquidità e su quali investitori istituzionali abbiano sottoscritto l’emissione, non è un mercato.
Non solo, se qualcuno pensasse mai di usare il mercato obbligazionario per sfuggire al monopolio delle banche per trovare finanza a tassi più convenienti non si faccia troppe illusioni. Le banche hanno sempre prezzato male il credito alle PMI (troppo poco caro) rispetto a quanto avrebbe richiesto il mercato obbligazionario. In parte questo avviene perché grazie al credito le banche hanno possibilità di incassare anche commissioni sui servizi e arrotondare il bottino, mentre un investitore obbligazionario si limita sempre e solo alla cedola e al rendimento sul prezzo di acquisto e di vendita.
Perché poi tacere il fatto che il mercato degli investitori selezionerebbe solo imprese con buoni dati di bilancio, ancora di più di quanto facciano le stesse banche? Pertanto le imprese con problemi di bilancio, che oggi non hanno più accesso al credito bancario, non troveranno mai alcuno sbocco domani sul mercato dei bond o dei mini-bond.
Fiduciosi aspettiamo di essere smentiti da una valanga di nuove emissioni di piccole imprese, anche se come ho già avuto modo di sostenere, le regole della finanza non si possono cambiare solo per fare piacere alle PMI.
Autore: Bolognini Fabio – Sito_ linkerblog.biz
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