Una startup italiana si occupa del turismo a misura di disabile

No a quell’alone di cloroformio ospedaliero che aleggia sulla disabilità. Le persone disabili che fanno turismo, sono turisti. Ci tiene a sottolinearlo Roberto Vitali, presidente Village for all-V4A (primo marchio di qualità internazionale dell’ospitalità accessibile), 55 anni, paraplegico dal 1976 a causa di un incidente in moto.

«La qualità e l’attendibilità delle informazioni sull’accessibilità delle strutture ricettive è la discriminante tra una vacanza normale e una impossibile», continua. «Oggi il mercato è fatto da quelle strutture che dichiarano di rispettare le norme sull’abbattimento delle barriere architettoniche. Perciò si possono trovare annunci del tipo “quest’albergo va bene per chi è cieco, piuttosto che per chi è sordo, in carrozzina…”. Intanto, il messaggio è in contrapposizione con la Convenzione Onu, la quale afferma che le persone non possono essere classificate per tipologia di disabilità. Poi c’è da dire che sono dichiarazioni per modelli che in realtà non esistono, perché ogni disabilità è un caso a sé. Chi sta in carrozzina a causa di una lesione midollare bassa, è diverso da chi ha la sclerosi multipla, o da chi magari in ambienti piccoli riesce anche ad alzarsi e a fare qualche passo. Il maggior esperto di accessibilità è la persona disabile, perché conosce i propri bisogni».

Ed è a questo cliente, «sicuramente tra i più esigenti e sofisticati del mercato», precisa Vitali, che le strutture devono guardare.Ecco perché V4A, assieme a Fish (Federazione italiana superamento dell’ handicap), Fand (Federazione tra le associazioni nazionali delle persone con disabilità), FastPrototypingLab (generatore e prototipatore di start-up soprattutto nell’ e-travel) e Infotech (software house e Internet Service Provider), si rivolgono alle strutture turistiche, con l’hashtag: #FattiPrenotABILE.

Una campagna che nei giorni scorsi, al TTG Incontri (la più grande manifestazione italiana dedicata all’industria dei viaggi), in Fiera a Rimini, è diventata un flashmob per presentare il nuovo distretto digitale di prodotto turistico accessibile (“eTravel District”) che, con un sistema di booking ad hoc, intende dare risposte ai circa 13 milioni di disabili che costituiscono l’attuale mercato italiano.

«Un’indagine Doha dello scorso maggio ha evidenziato che il 16,4 per cento delle famiglie italiane ha problemi di accessibilità quando va in vacanza», riprende Vitali. «Perché non esiste solo la disabilità motoria, c’è chi ha allergie ambientali, chi è intollerante al glutine, chi necessita di riabilitazione o fisioterapia, ci sono persone obese, dializzati, mamme con passeggino… Se è vero che 3 milioni di italiani (valore di mercato stimato in 3 miliardi di euro) hanno limitazioni gravi (cioè il massimo grado di difficoltà in almeno una tra le funzioni motorie, sensoriali o nelle attività essenziali della vita quotidiana), è anche vero che le disabilità temporanee sono molte di più.

E tutti hanno diritto ad un meritato periodo di vacanza. Quelle famiglie italiane a cui la Doha si riferisce, spendono 980 euro a testa per una vacanza, e si muovono più volte l’anno; nel 61 per cento dei casi, tornano più di cinque volte sullo stesso posto. Si tratta di un mercato interessante, che bisogna saper incrociare, il che avviene solo con risposte adeguate. Io credo che si possa fare business in maniera estremamente etica, con una ricaduta sociale».

Già 50 strutture certificate

L’“eTravel District” non funge solo da contenitore, ma è anche portatore di un nuovo modo di fare travel commerce. «Si tratta di un sistema aperto, indipendente, non discriminatorio, trasparente e solidale, che vuole distribuire ricchezza fra tutti gli attori: tour operator, clienti, associazioni, federazioni, agenti di viaggio, albergatori…», riprende Vitali. «L’innovazione rispetto a modelli come tripadvisor, o lastminute,  riguarda gli algoritmi di ricerca e di indicizzazione delle offerte, i sistemi di affiliazione, quelli di promozione e distribuzione delle commissioni, nonché le politiche di prezzo e degli sconti. Spesso, le strutture non sanno come comunicare con i clienti.

Nel nostro sistema, tutti gli operatori possono pubblicare la propria offerta, sarà, poi, il sistema stesso a posizionare meglio le strutture più adeguate, dando loro maggior visibilità. Come V4A ci occupiamo del monitoraggio di tutto quello che è ospitalità (alberghi, hotel, agriturismi, stabilimenti balneari, campeggi, palazzi, monumenti, chiese, banche…), quindi aiutiamo le imprese a migliorarsi, diamo assistenza, formiamo il personale; abbiamo già più di 50 strutture certificate. Il principio è che non esistono strutture completamente accessibili, così come non esistono strutture che non hanno qualche servizio per questo tipo di segmento.

Una struttura può non essere adatta ad accogliere un turista in carrozzina, ma essere perfetta per un sordo. Ciò che manca sono le informazioni corrette e affidabili affinché il potenziale cliente possa fare una scelta informata e responsabile sulla base dei propri desideri, aspirazioni ed esigenze. E tutte le strutture sono migliorabili. Bello e accessibile sono perfettamente compatibili e anche perfettamente sostenibili economicamente».

L’altra questione importante è che là dove migliora l’accessibilità, anche i disabili possono lavorare, quindi questo nuovo distretto rappresenta anche un’opportunità dal punto di vista occupazionale.

Ma attenzione, il progetto ha un orizzonte più ampio. «Oltre alla camera con le misure e i servizi adatti a me, posso anche prenotarmi l’esperienza di viaggio (il pacchetto per il corso di canoa, piuttosto che le lezioni di tennis o le terme)», conclude Vitali, «e anche il soggiorno  per chi viene con me e non ha alcuna esigenza particolare. Quasi mai le persone disabili vanno in vacanza da sole.

La mia famiglia è fatta di quattro persone e noi andiamo in vacanza con altre due coppie di amici, a loro volta con figli. Io prenoto per 12 persone. E la mia preoccupazione maggiore non è trovare un albergo dove ci sia la rampa per la mia carrozzina, ma trovare un ristorante dove fanno il dolce senza lattosio, altrimenti mia figlia, che è intollerante, non potrà mangiarlo. Questa è la complessità del mercato di oggi».

 

Articolo ripreso da Famiglia Cristiana