Riprendiamo alcuni passaggi della lettera inviata da Maria Cristina Piovesana, presidente di Unindustria Treviso, al Corriere del Veneto.
“Negli anni Novanta nasceva l’immagine del Nordest: originale, intraprendente, tenace, alle prese con una trasformazione nata dal basso e condotta dal popolo degli imprenditori (pmi e partite Iva).
Intanto noi veneti “incompresi” andavamo avanti per la nostra strada piena di novità: i maglioni di Ponzano, la piena occupazione, le prove tecniche di Ulivo a Belluno, il successo di una Lega – culturalmente diversa da quella lombarda – che riavvicinava molti cittadini alla passione politica. E, ancora, l’attenzione verso il federalismo e il disagio nei confronti dei vertici romani in ogni ambito: dalle segreterie dei partiti a Confindustria, dal governo a vertici sindacali.
Cosa resta di quella società vitale e generosa, di una politica che immaginava un Veneto/Nordest autonomo e capace di indicare a un Paese in perenne crisi di identità una via liberale e solidale fondata sul merito e sulla responsabilità?
Cosa resta della mitica “finanza veneta” che immaginava la convergenza di due o tre poli bancari allora nascenti? Cosa resta di quella Confindustria che non solo realizzava in ogni provincia la fusione con Associazione della piccola industria, ma poneva mano al portafogli e si alleava per dare vita alla Fondazione Nord Est e alla prima piattaforma digitale condivisa?
Cosa resta di una generazione di nuovi politici che avrebbero dovuto contribuire a cambiare l’Italia?
Ebbene, nella migliore delle ipotesi resta ben poco e, nella peggiore, lascia cumuli di macerie.
Se venti anni fa non avevamo le «parole» per dirlo, oggi il pudore e la vergogna impediscono a molti di noi di parlare.
Dobbiamo credere nella cosa pubblica ricostruendo un nuovo ceto dirigente con il contributo di persone di ogni età, ceto e partito profondamente diversi dai cialtroni che – complice anche la nostra colpevole distrazione – ci hanno raccontato di finanza veneta, di autonomia veneta, di un Nordest da bere e di grandi opere da portare come esempio di buon governo e di buona gestione del denaro pubblico.
Mai più deleghe in bianco nelle banche, nella politica, nelle fondazioni, negli affari. Ripartiamo dalla società civile, dai nostri valori e dalle nostre capacità, dalle nostre imprese. Dobbiamo Cambiare, dobbiamo Credere e dobbiamo Fare: il resto verrà da sé.”
Testo ripreso dal sito vvox.it
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