Ripensando al caso MPS, qualche riflessione inedita.
Vogliamo davvero eliminare scandali e corruzioni? Basta che i media, invece di incensare i potenti (o stroncarli sadicamente quando, poi, inevitabilmente cadono), chiamandoli “maghi”, superuomini e via iperbolizzando, li sfideranno e li misureranno sempre e solo per il loro atteggiamento verso la conoscenza.
Mi spiego con una storia della quale poi proporrò, come si usa fare con ogni storia, una morale.
Tanti anni fa io faccia a faccia con uno dei manager bancari oggi considerati eccellenti, ho misurato quanto la conoscenza faccia paura.
Piccola premessa per spiegarmi. L’impresa è “pezzo di realtà” come tutti gli altri. Gli uomini ci riflettono sopra e imparano a conoscerla per governarla sempre meglio. Allora, una banca è interessata a conoscere sempre meglio le imprese, ad avere una teoria sempre più potente sul “pezzo di realtà” impresa. Soprattutto è interessata (deve per forza, altrimenti con che criterio presta i soldi?) a conoscere i processi di sviluppo di una impresa per prevederne, ed eventualmente cambiarne, il futuro. La disciplina che si occupa di studiare l’impresa nel suo insieme è la “strategia d’impresa”. Allora i progressi nella strategia d’impresa dovrebbero essere l’interesse principale di un manager bancario. Che, poi, può usare queste conoscenze anche per prevedere e gestire quella impresa che egli dichiara essere la sua banca. Insomma, come accade ad ogni impresa fondata sulla tecnologia che è massimamente interessata agli sviluppi della tecnologia e, più, in generale della scienza.
Finita la premessa, comincio alla storia. Io davanti a questo banchiere (allora giovane in carriera, appunto, ecco il problema: in carriera) per dirgli: guarda che ho scoperto quali sono i processi di evoluzione di una impresa. Era una vera scoperta la mia? Beh è semplice verificarlo: si prende il corpus delle conoscenze di strategia d’impresa e lo si confronta con la mia scoperta. E si verifica se è veramente una scoperta e se costituisce un progresso rispetto ai temi “caldi”, cioè non risolti di quella disciplina.
Purtroppo egli non era in grado di fare questa verifica: non conosceva lo stato dell’arte della strategia d’impresa. E qui si scopre perché il potere deve esorcizzare la conoscenza. Non sapeva perché non poteva investire il suo tempo nella conoscenza. Doveva investire il suo tempo nel tessere la rete di relazioni che l’avrebbe portato ad aumentare il suo potere.
Parimenti, però, non poteva ammettere (neanche a se stesso) che non aveva tempo per la conoscenza. Ed allora si è impegnato in un feroce ed arrogante tentativo di contestare la mia scoperta. La sua risposta ad una nuova conoscenza decisiva per la banca che ambiva a dirigere è stata: questa conoscenza non può esistere. “Perché non ho il tempo di occuparmene e perché, se esistesse, e si scoprisse che non la conosco, non avrebbe più senso la mia pretesa di eccellente diversità che è la mia arma fondamentale per prevalere sui miei rivali nella scalata della gerarchia.” Ovviamente questo suo tentativo di esorcizzare la conoscenza si è rilevato subito senza speranza: non avendo neanche i rudimenti delle conoscenze di strategia d’impresa, è stato facilissimo controbattere le sue contestazioni. Per fare un esempio, è come se l’uomo della strada cercasse di contestare la fisica quantistica ad un fisico. E che potrebbe dire?
A, mano a mano che la sua contestazione della mia scoperta è diventata sempre più ridicola, cresceva la sua ansia. Ed allora? Ha accettato (almeno) di dedicare qualche spazio del suo tempo ad imparare? No! Per superare il suo imbarazzo ha usato un colpo di genio, è stato “brillante” quanto sarebbe stato imbarazzante per ogni azionista o stakeholder che l’avesse ascoltato …
“Va bene, la tua è una innovazione, ma proprio per questo non mi interessa perché – ecco il colpo di genio – noi siamo leader di mercato ed un leader di mercato non deve innovare.” Ed è tornato ad occuparsi del suo salire nella gerarchia di una impresa che certamente considerava come una istituzione. Tra l’altro diventando un paladino dell’etica degli affari, scrivendo e conferenziando, ovviamente senza fare alcun riferimento alle conoscenze che esistono sul tema dell’etica dell’impresa.
Finita la storia, la morale. Se qualcuno fosse stato interessato davvero a far si che il Monte dei Paschi diventasse, come la sua storia non solo permetterebbe, ma imporrebbe (è stata, dopo tutto la prima banca del mondo, fondata vent’anni prima che si scoprisse l’America), un attore fondamentale nello sviluppo del sistema economico italiano, sarebbe bastato che verificasse le politiche personali dei dirigenti verso la conoscenza. Li vedeva impegnati a cercare innovazione? Bene poteva stare tranquillo e chiedere loro di condividere la conoscenza che andavano a scoprire.
Non li vedeva interessati alla conoscenza, soprattutto non li vedeva interessati alle conoscenze di strategia d’impresa? Avrebbe dovuto preoccuparsi perché avrebbe immediatamente concluso che avrebbero (come hanno fatto) gestito la banca senza usare conoscenze decisive. E questo avrebbe messo in crisi la banca nei suoi rapporti con il mercato. Avrebbero immediatamente capito che questi dirigenti avrebbero sostenuto il loro ruolo dirigenziale solo attraverso auto rappresentazione e costruzione di network relazionali di supporto. E, poi, sarebbero finiti ad usare questo network relazionale per “nascondere” la inevitabile resa dei conti alla quale si arriva tentando di gestire una banca senza le conoscenze di strategia d’impresa che sono lo strumento fondamentale per capire a chi dare i soldi ed a chi no!
C’è qualcuno veramente interessato a capire se MPS si incamminerà verso un reale rinnovamento strategico? Verifiche quali sono le conoscenza di strategia d’impresa che sono nella disponibilità degli attuali dirigenti. E quali sono le loro politiche personali di aggiornamento verso queste conoscenze.
Come fare a fare questa verifica? Guardi il loro Piano industriale: si vede subito quale è il livello di conoscenza della “disciplina” strategia d’impresa hanno coloro che l’hanno redatto. Se è poca, non dico che occorre sostituirli, ma imporre loro di aggiornarsi ed usare le migliori conoscenze di strategia d’impresa esistenti, sì.
Articolo di Francesco Zanotti, dal blog Imprenditorialitaumentata su Blogspot.it